Art.11d.lgs. n.74/2000: prescritto il reato ed annullato il sequestro preventivo di un immobile alienato fittiziamente nonostante l’autore del reato continui a goderne come conduttore.
E’ il principio di diritto fissato dalla Cassazione (sezione terza penale) con la sentenza numero 8659/2024 − depositata il 28/02/2024, che decidendo in sede cautelare reale ha affrontato il tema giuridico delle diverse modalità di consumazione del delitto di sottrazione fraudolenta dal pagamento delle imposte con i conseguenti riflessi sulla decorrenza del termine di prescrizione del reato.
Nel caso in disamina il Tribunale cautelare territoriale, aveva rigettato la richiesta di riesame presentata sia dagli indagati, sia dalla società proprietaria del bene immobile, ritenendo che la vendita alla società era stata, con tutta evidenza, effettuata dall’autore del fatto per sottrarsi all’attività di riscossione dell’Amministrazione finanziaria dello Stato per importi molto rilevanti.
Secondo il giudice cautelare il reato posto a fondamento del sequestro preventivo non poteva ritenersi estinto per intervenuta prescrizione come sostenuto dalla difesa, considerato che seppure l’atto pubblico traslativo risaliva al mese di gennaio 2004, la consumazione del reato previsto e punito dall’art.11 d.lgs. n.74/2000 permaneva sino all’attualità, in quanto, l’alienante, aveva ininterrottamente continuato a godere dell’immobile in forza del contratto di locazione in essere.
Con il ricorso per cassazione la difesa dei giudicabili articolavano plurimi motivi di impugnazione; con una specifica doglianza veniva censurata la superiore tesi giuridica instando per l’accertamento dell’estinzione del reato e la revoca della misura ablatoria.
La Suprema Corte, ritenendo fondata la censura afferente l’intervenuta prescrizione del reato, ha annullato senza rinvio l’ordinanza impugnata con restituzione del bene all’avente diritto.
Di seguito si riportano i più significativi passaggi della motivazione della sentenza in commento:
“ Nel caso in esame la pretesa protrazione della lesione derivante dalla Commissione del reato di cui all’art. 11 del d.l.gs. n. 74 del 2000, viene ancorata, dal Tribunale di Vicenza, all’avvenuta cessione in locazione dell’immobile in ipotesi simulatamente fatto acquistare alla Immobiliare [omissis] Srl dai due odierni indagati e dal fatto che, tramite il contratto di locazione immobiliare intercorrente fra la detta società ad il [omissis], gli indagati si troverebbero nella disponibilità dell’immobile.
Ma, si osserva, un tale atto, non comportando alcuna successiva traslazione della proprietà del bene ad un altro soggetto diverso dalla Immobiliare [omissis] non ha, di per sé, alcuna attitudine a rendere, se così si può dire, maggiormente inefficace la procedura coattiva di riscossione in capo all’Erario, rispetto a quanto non fosse già avvenuto in occasione della simulata acquisizione del bene da parte dell’attuale Società ricorrente, posto che l’esistenza di un rapporto locativo riguardante il bene oggetto di esecuzione immobiliare, sia essa ordinaria ovvero governata dalla particolari disposizione dell’esecuzione fiscale, non rende quest’ultima impraticabile.
In altri termini non è il fatto della occupazione a seguito del rapporto di locazione (tanto più non essendone emersa specificamente la simulazione fittizietà quale requisito comunque necessario a norma dell’art. 11 del dlgs n.74 del 2000) ad avere reso più difficile il recupero dell’immobile, ma la sua appartenenza al terzo, concretatasi, nelle specie, nel trasferimento del bene alla Immobiliare [omissis].
Pertanto, l’affermazione fatta dal Tribunale di Vicenza – secondo la quale, attraverso la perdurante detenzione del bene immobile in questione da parte del [omissis], legata alla esistenza di un contratto di locazione immobiliare e che la legittimerebbe, la lesione originata dal simulato acquisto operato dalla Immobiliare [omissis] dell’immobile oggetto di sequestro sarebbe diuturnamente rinnovata – si fonda su di una ricostruzione del reato eventualmente permanente erronea in quanto risulta essere il frutto dell’avvenuta confusione del parametro della permanenza del reato (legata alla esistenza di una ulteriore condotta, sebbene la stessa possa essere anche omissiva, posta in essere dall’agente che determina la protrazione e l’approfondimento della lesione del bene interesse tutelato), con quello della permanenza degli effetti dello stesso (fenomeno legato, invece, alla naturale persistenza della lesione inferta con la condotta istantanea).
Diversamente argomentando si giungerebbe all’ipotesi paradossale, per formulare un esempio di immediata comprensibilità, che anche nella ipotesi di furto sarebbe possibile rilevare il profilo della eventuale permanenza, con le derivanti conseguenze non solo a livello di determinazione del termine prescrizionale ma anche, ad esempio, in ordine alla individuazione della legge da applicare al caso in questione ove vi sia stata una successione di leggi nel tempo, ogniqualvolta (e fin tanto che) il soggetto che abbia compiuto la azione tipica rimanga nella disponibilità del bene sottratto al detentore.
Ciò posto, considerato che appare pacifico che nel caso di specie gli atti con i quali la Immobiliare [omissis] ha acquistato la disponibilità dell’immobile e del terreno ad esso pertinente sono intervenuti fra il 12 giugno 2003 ed il 24 febbraio 2004, ed essendo questi gli unici atti, asseritamente simulati o comunque fraudolenti attraverso i quali è stato perseguito lo scopo di rendere inefficace la pretesa esecutiva dello Stato verso i due indagati, appare emergente in termini di sufficiente chiarezza la imperseguibilità penale di tali condotte, stante l’ampia consumazione del termine prescrizionale del reato in provvisoria contestazione, e, conseguentemente, l’impossibilità di adottare provvedimenti ablativi ai sensi dell’art. 12 -bis del dlgs n. 74 del 2000 in relazione ai beni costituenti, attraverso la loro sottrazione alla azione esecutiva pubblica, il profitto del commesso reato”.
By Claudio Ramelli © RIPRODUZIONE RISERVATA.