Nella bancarotta fraudolenta documentale la prova del dolo specifico non può essere semplicemente dedotta dalla mancata consegna delle scritture contabili.

E’ il principio di diritto ricordato dalla quinta sezione penale della cassazione  con la sentenza numero 8921/2024 depositata il 29/02/2024,  che  è tornata a  pronunciarsi sul tema giuridico dell’elemento psicologico del reato di bancarotta fraudolenta documentale quando il fatto incolpativo contestato all’imputato ha riguardo all’omessa consegna delle scritture e dei libri contabili al Curatore Fallimentare. 

Secondo la costante elaborazione giurisprudenziale della Suprema Corte, la bancarotta fraudolenta documentale, prevista e punita  dall’art. 216, primo comma, n. 2 legge fall. prevede due fattispecie alternative: quella contestata nel caso di specie di sottrazione o distruzione dei libri e delle altre scritture contabili punita a titolo di dolo specifico e quella alternativa  di tenuta della contabilità in modo da rendere impossibile la ricostruzione del movimento degli affari e del patrimonio della fallita per la cui punibilità è sufficiente la ricorrenza del dolo generico. 

Nel caso in disamina i giudici del doppio grado di merito avevano, concordemente,  affermato la penale responsabilità dell’imputato, rinviato a giudizio nella sua qualità di amministratore di della società fallita per i delitti di bancarotta impropria per effetto di operazioni dolose e di bancarotta documentale (specifica).   

Con il ricorso per cassazione la difesa del giudicabile aveva articolato plurimi motivi di impugnazione, censurando anche il capo di sentenza relativo all’elemento psicologico del reato di bancarotta fraudolenta documentale. 

La Corte di legittimità, dando continuità al dominante orientamento già sedimentata sul punto di diritto, ha accolto il ricorso con la motivazione che segue: 

“…….. Ciò ricordato, la contestazione mossa al ricorrente è stata espressamente ed esclusivamente quella di bancarotta fraudolenta documentale specifica, come chiaramente si evince dal capo di imputazione, che addebitava al [omissis] di aver occultato o distrutto tutti i libri e le scritture contabili, allo scopo di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto o di recare pregiudizio ai creditori. 

La Corte di appello ha ritenuto provato che le scritture contabili della società siano state trasmesse all’imputato dallo studio professionale che le teneva e non siano state da questi consegnate al curatore (pag. 6 della sentenza impugnata). 

Ciò premesso, la motivazione sull’elemento soggettivo è insoddisfacente giacché sembra far riferimento ad un’impossibilità per il curatore di accertare il movimento degli affari (elemento che attiene alla bancarotta documentale generica), laddove richiama l’impedimento per il curatore di accertare l’incasso di alcuni crediti e la destinazione del fondo cassa, senza però precisare i connotati tipici del dolo specifico della fattispecie ritenuta provata, dolo che è stato ritenuto “evidente” (pag. 7) sulla base di una motivazione che il Procuratore generale ha giustamente definito assertiva: «il giudice del gravame, con motivazione assertiva, si limita ad affermarne la “evidenza” del dolo qualificato e a ritenerlo provato per il sol fatto che l’omessa consegna della contabilità ha “impedito al curatore di accertare l’avvenuto incasso di crediti della fallita nel trimestre successivo all’ultima situazione patrimoniale del 30.4.2017 …precludendo altresì la verifica circa la destinazione del fondo cassa”. 

In sostanza, in assenza di contestazione di attività distrattive, si confonde l’effetto della mancata consegna della contabilità con il fine perseguito dall’agente». 

La sentenza va dunque annullata, con rinvio ad altra sezione della Corte di appello di Milano, per un rinnovato giudizio sulla qualificazione giuridica della bancarotta documentale ascritta, nelle sue componenti oggettiva e soggettiva”.

By Claudio Ramelli © RIPRODUZIONE RISERVATA.