Va esclusa la bancarotta fraudolenta se la somma restituita al socio era stata conferita a titolo di mutuo in favore della fallita.
E’ il principio ribadito dalla quinta sezione penale della Corte di Cassazione con la sentenza n.22982/2024 – depositata in data 06/06/2024, che è tornata a pronunciarsi sul tema della qualificazione giuridica della condotta dell’amministratore che durante la vita della società – poi fallita – ottiene la restituzione di somme conferite quale socio nel patrimonio dell’impresa collettiva.
Nel caso in disamina i giudici del doppio grado di merito avevano condannato concordemente l’imputato rinviato a giudizio quale amministratore della società per il reato di bancarotta fraudolenta per distrazione della somma di 13 mila euro
Secondo la difesa che interponeva ricorso per cassazione la qualificazione giuridica del fatto era erronea in quanto il versamento effettuato e poi rimborsato era a titolo di mutuo e non in conto capitale, con conseguente riqualificazione del fatto come bancarotta preferenziale.
La suprema Corte, ritenendo che la Corte territoriale non avesse adeguatamente confutato la tesi difensiva, ha accolto il ricorso annullando con rinvio la sentenza impugnata per le ragioni espresse nella parte motiva della sentenza in commento di seguito riportata:
“……Come questa Corte ha avuto modo di puntualizzare in tema di reati fallimentari, il prelievo di somme a titolo di restituzione di versamenti operati dai soci in conto capitale (o indicati con analoga dizione) integra la fattispecie della bancarotta fraudolenta per distrazione, non dando luogo tali versamenti ad un credito esigibile nel corso della vita della società, mentre, al contrario, il prelievo di somme quale restituzione di versamenti operati dai soci a titolo di mutuo integra la fattispecie di bancarotta preferenziale (Sez. 5, n. 8431 del 01/02/2019, Vesprini, Rv. 276031 – 01; conf., ex plurimis, S ez. 5, n. 32930 del 21/06/2021, Provvisionato, Rv. 281872 – 01).
Al fine di individuare i criteri in base ai quali distinguere le due diverse tipologie di versamenti in questione, l’orientamento richiamato fa leva sulla giurisprudenza civile di questa Corte, secondo cui «i versamenti in conto capitale sono assoggettati all’onere di contabilizzazione nel patrimonio netto della società come riserve di capitale ed alla distinta indicazione di tale natura nella nota integrativa», mentre «l’individuazione della natura del versamento dipende dalla ricostruzione della comune intenzione delle parti, la cui prova va desunta in via principale dal modo in cui il rapporto ha trovato concreta attuazione, dalle finalità pratiche cui appare diretto e dagli interessi allo stesso sottesi, e solo in subordine dalla qualificazione che i versamenti hanno ricevuto in bilancio, la cui portata può risultare determinante, in mancanza di una chiara manifestazione di volontà negoziale, in considerazione della sottoposizione del bilancio all’approvazione dei soci» (Sez. civ. 1, n. 15035 del 08/06/2018, Rv. 649557).
Ora, la sentenza di primo grado aveva ritenuto che il versamento dei 13 mila euro da parte del socio- poi oggetto della restituzione contestata a titolo di distrazione – fosse stato effettuato in conto capitale e non a titolo di mutuo, adducendo, in particolare, il peculiare momento di fibrillazione patrimoniale della società. L’atto di appello aveva censurato la motivazione della sentenza di primo grado, richiamando, tra l’altro, un allegato della relazione ex art. 33 I. fall. dal quale – nella prospettazione dell’appellante – si desumerebbe che le somme versate da -non avevano natura di versamenti in conto capitale.
La sentenza impugnata non ha dato compiuta risposta alla doglianza dell’appellante, sottraendosi all’esame del documento indicato e alla valutazione dello stesso nella prospettiva della qualificazione del versamento della somma oggetto della restituzione”.
Sulla stessa linea interpretativa si segnalano due precedenti giurisprudenziali annotati :
By Claudio Ramelli RIPRODUZIONE RISERVATA