Risponde di lesioni colpose il datore di lavoro che non interviene sul preposto per evitare l’instaurarsi di prassi operative pericolose per gli operai.

E’ il principio di diritto ribadito  dalla quarta  sezione penale della Corte Cassazione con la sentenza numero 23049/2024 – depositata il 10/06/2024, tornata a pronunciarsi sulla posizione di garanzia che assume il datore di lavoro ancorché abbia nominato un preposto per vigilare lo svolgimento dell’attività produttiva e sulle condizioni   – del tutto eccezionali – che devono ricorrere per ritenere interrotto  il nesso di causalità tra omissione dell’imputato ed evento avverso dovuta a causa del comportamento imprudente  del lavoratore.

Nel caso di specie, la Corte di appello, riformando integralmente la sentenza di condanna di primo grado, che aveva affermato la penale responsabilità del giudicabile, aveva assolto il datore di lavoro rinviato a giudizio per le lesioni gravi e permanenti riportate agli occhi da un operaio dell’impresa da lui amministrata che si era ferito utilizzando impropriamente la soda caustica.

La Suprema Corte, accogliendo l’impugnazione di legittimità interposta dalla difesa della parte civile costituita, che aveva dedotto il malgoverno degli stabili principi che regolano la materia della sicurezza sul lavoro da parte dei giudici di secondo grado, ha dato ulteriore continuità alla stabile giurisprudenza di legittimità sedimentata intorno alle due questioni giuridiche che seguono :

(i) L’indefettibile controllo che il datore di lavoro deve svolgere sul buon operato del preposto:

Più in generale, sul piano della conformità delle conclusioni al diritto, la Corte non ha tenuto conto di alcuni fondamentali principi che presiedono alla materia della sicurezza sui luoghi di lavoro e alla salute del lavoratore.

Ci si riferisce al principio per cui “il datore di lavoro deve vigilare per impedire l’instaurazione di prassi contra legem foriere di pericoli per i lavoratori, con la conseguenza  che,  ove  si  verifichi  un   incidente   in   conseguenza   di   una tale prassi instauratasi  con  il  consenso  del  preposto,  l’ignoranza  del  datore di lavoro non vale ad escluderne la colpa, integrando essa stessa la colpa per l’omessa vigilanza         sul          comportamento          del       preposto” (Sez. 4,   n. 20092 del 19/01/2021,  Zanetti,  Rv. 281174; Sez. 4, n.  10123 del Chironna, Rv. 278608 – 01); al principio per cui “in tema di tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori, l’attività di formazione del lavoratore, alla quale è tenuto il datore di lavoro, non è esclusa dal personale bagaglio di conoscenza del lavoratore, formatosi per effetto di una  lunga  esperienza operativa, o per il travaso di conoscenza che comunemente si realizza nella collaborazione tra lavoratori, anche posti in relazione gerarchica tra di loro.

L’apprendimento insorgente dal fatto del lavoratore medesimo e la socializzazione delle esperienze e della prassi di lavoro non si identificano e tanto meno valgono a surrogare le attività di informazione  e  di formazione prevista  dalla  legge (Sez. 4, n. 21242 del 12/02/ 2014,   Nogherot,      Rv. 259219   –  01  e   in  senso conforme, ex multis, Sez. 4, n. 8163 del 13/02/2020, Lena,  Rv. 278603;  Sez. 4, n. 49593 del 14/06/ 2018, T. Rv. 274042)”.

(ii) L’interruzione del nesso di causalità dovuto alla condotta “eccentrica” o “esorbitante” del lavoratore.

“….Soprattutto la Corte di Appello, nel definire come eccentrica ed imprevedibile la condotta del lavoratore infortunatosi, non ha tenuto conto dei principi espressi dalla consolidata giurisprudenza di legittimità in materia.

Si è, infatti, affermato che è vero che a seguito dell’introduzione del d.lgs 626/94 e, poi, del T.U. 81/2008 si è passati dal principio  «dell’ontologica irrilevanza della condotta colposa  del lavoratore» al concetto di «area di rischio» (sez. 4, n. 21587 del 23.3.2007, Pelosi, Rv. 236721) che il datore di lavoro è chiamato a valutare in via preventiva: tuttavia, resta, in ogni caso fermo, il principio secondo cui non può esservi alcun esonero di responsabilità all’interno dell’area di rischio, nella quale si colloca l’obbligo  datoriale  di  assicurare  condizioni  di  sicurezza  appropriate  anche  in rapporto a possibili comportamenti trascurati del lavoratore (sez. 4 n. 21587 del 2007, Pelosi, cit.).

All’interno dell’area di rischio considerata, quindi, deve ribadirsi il principio per il quale la condotta del lavoratore può ritenersi abnorme e idonea ad escludere il nesso di causalità tra la condotta del datore di lavoro e l’evento lesivo, non tanto ove sia imprevedibile, quanto, piuttosto, ove sia tale da attivare un rischio eccentrico o esorbitante dalla sfera di rischio governata dal soggetto titolare della posizione di garanzia (sez. 4 n. 15124 del 13712/ 2016, dep. 2017, Gerosa e altri, Rv. 269603; sez. 4 n. 5007 del 28/11/2018, dep. 2019, PMT c/ Musso Paolo, rv. 275017), oppure ove sia stata posta in essere del tutto autonomamente e in un ambito estraneo alle mansioni affidategli e, come tale, al di fuori di ogni prevedibilità da parte del datore di lavoro, oppure vi rientri, ma si sia tradotta in qualcosa che, radicalmente quanto ontologicamente, sia lontano dalle ipotizzabili e, quindi, prevedibili, imprudenti scelte del lavoratore nella esecuzione  del  lavoro  (sez. 4  n. 7188 del  10/01/ 2018, Bozzi,  Rv. 272222). 

La decisone della Corte d’appello anche in relazione a tale profilo non appare rispettosa dei principi esposti, in quanto il lavoratore si è infortunato mentre stava svolgendo una mansione lavorativa demandatagli:  egli   non ha attivato un rischio  eccentrico,  rispetto  alla  sfera  governata  dal  titolare  della  posizione  di garanzia, ma semmai il rischio  tipico di quella sfera”.

By Claudio Ramelli RIPRODUZIONE RISERVATA