Esclusa la bancarotta per effetto di operazioni dolose se l’inadempimento tributario non è sistematico.

E’ il principio di diritto fissato dalla quinta sezione penale della cassazione  con  la sentenza numero 22978/2024 – depositata il 06.06.2024, resa dalla quinta sezione penale della Corte di Cassazione che è tornata a definire il perimetro punitivo del delitto fallimentare della bancarotta impropria da operazioni dolose con particolare riferimento al tema della colpevolezza.

Nel caso di specie i giudici del doppio grado di merito avevano, concordemente, condannato l’amministratore della società per il reato previsto e punito dall’art. 223, secondo comma,  n.2,  r.d. 267 del  1942, per avere cagionato il fallimento dell’impresa collettiva in conseguenza del mancato pagamento dei debiti tributari e delle retribuzioni dei dipendenti.

Contro la sentenza resa dalla Corte territoriale la difesa interponeva ricorso per cassazione, deducendo l’assenza della componente psicologica del reato in capo all’imputato in quanto, lo stato di decozione della società non era ascrivibile ad un fatto volontario ma si era prodotto per le avverse condizioni di mercato, specificamente allegate e dimostrate nel corso dell’istruttoria dibattimentale.

La Corte di legittimità ha ravvisato il denunciato vizio di motivazione annullando con rinvio la sentenza impugnata.

Di seguito si riportano i passaggi estratti dalla parte motiva della sentenza in commento che precisano, con estrema chiarezza, il discrimine tra la condotta colposa dell’imprenditore – scevra da comminatorie penali – e quella punita dalla norma in parola che presuppone  la realizzazione di un disegno criminoso cosciente e volontario:

“ ………Il primo motivo di ricorso appare fondato anche in relazione alla condotta di bancarotta fraudolenta impropria da operazioni dolose.

Nella sentenza di primo grado si afferma soltanto che l’imputato «omettendo di pagare i debiti erariali e la retribuzione dei dipendenti» ha causato il fallimento della società, accumulando debiti molto ingenti .

A  fronte  dell’appello  del [omissis] che sosteneva che le cause del fallimento andavano individuate nella riduzione delle commesse e nella concorrenza dovuta all’immissione sul mercato di prodotti  provenienti dell’est  europeo  e  non  nel mancato pagamento  dei  debiti  erariali  e delle  retribuzioni  dei dipendenti,  la Corte di appello ha risposto limitandosi ad osservare che egli << accumulava  debiti societari consistenti nella chiara consapevolezza  di  non  avere  i  mezzi  per onorarli».

Non si fa riferimento, in entrambe le sentenze di merito, a quel sistematico inadempimento delle obbligazioni fiscali e previdenziali, frutto di una consapevole scelta gestionale da parte degli amministratori della società, da cui consegue il prevedibile aumento della sua esposizione debitoria nei  confronti  dell’erario  e degli enti previdenziali che, come affermato da questa Corte di cassazione, vale ad integrare le operazioni dolose di cui all’art. 223, secondo comma, n. 2, legge fall. (Sez. 5, n. 24752 del 19/02/ 2018, De Mattia, Rv. 273337;  Sez. 5, n. 15281del  08/11/2016,  dep. 2017,  Bottiglieri,  Rv.  270046;  Sez.  5,  n.  47621  del25/09/ 2014, Prandini, Rv. 261684; Sez. 5, n. 29586 del 15/05/ 2014, Salieri; Rv.260492; Sez. 5, n. 12426 del 29/11/2013, dep. 2014, Beretta, Rv. 259997).

Solo il carattere sistematico dell’omissione vale ad individuare tale comportamento quale frutto di una consapevole scelta gestionale finalizzata ad utilizzare   l’inadempimento   delle   obbligazioni   tributarie   e   contributive   quale anomalo strumento di autofinanziamento nella previsione che l’aumento del debito, collegato alla irrogazione delle sanzioni per l’inadempimento, determinerà un aggravio dell’esposizione debitoria e quindi del dissesto.

Non rileva, invece, per la sussistenza del delitto di bancarotta fraudolenta impropria da operazioni dolose la mera circostanza che l’amministratore della società fallita abbia accumulato debiti per scelte errate, dovendo distinguersi l’aggravamento del dissesto conseguente ad operazioni dolose dall’aumento del passivo dovuto a scelte gestionali rivelatesi ex post errate e quindi dovute a comportamenti incolpevoli o anche solo colposi, poiché altrimenti il delitto coinciderebbe con la mera causazione dello stato di insolvenza e sussisterebbe in relazione a tutte le dichiarazioni di fallimento.

La Corte di appello, non distinguendo tra le due ipotesi e non chiarendo se l’inadempimento delle obbligazioni tributarie, contributive e retributive sia stato reiterato ed attuato  in modo sistematico, risulta aver violato l’art. 223, secondo comma,  n.2, r.d. 267 del  1942”

Per eventuali approfondimenti si segnalano due precedenti arresti giurisprudenziali nei quali è stata riconosciuta la responsabilità per il reato di bancarotta impropria da operazioni dolose:

(i) https://studiolegaleramelli.it/2024/05/02/bancarotta-per-effetto-di-operazioni-dolose-anche-se-lamministratore-paga-i-dipendenti-della-societa/

(ii) https://studiolegaleramelli.it/2024/03/26/bancarotta-per-effetto-delle-operazioni-dolose-per-lamministratore-della-societa-cooperativa-che-accumula-debiti-non-versando-sistematicamente-imposte-e-contributi/

By Claudio Ramelli© RIPRODUZIONE RISERVATA