Gli ingiustificati pagamenti di rilevante importo disposti dalla società fallita in favore di terzi configurano l’aggravante del danno di rilevante gravità.
E’ il principio di diritto fissato dalla Corte di cassazione – sezione quinta penale con la sentenza numero 28009/2024 – depositata il 12/07/2024, che è tornata a pronunciarsi sul perimetro applicativo dell’aggravante del danno patrimoniale di rilevante gravità.
Nel caso di specie, secondo l’ipotesi accusatoria accolta dai giudici di merito, l’amministratore delegato della società fallita si era reso responsabile del delitto di bancarotta fraudolenta patrimoniale aggravata ai sensi di cui all’art. 219, comma 1, legge fallimentare per aver dissipato il patrimonio dell’impresa disponendo a vantaggio di altre società il pagamento dell’importo complessivo di € 642.000 senza alcuna reale ed effettiva contropartita compensativa che potesse tutelare il ceto creditorio insinuato nel passivo fallimentare.
Secondo la tesi difensiva posta a fondamento dell’impugnazione di legittimità, la motivazione stesa dalla Corte territoriale per denegare l’applicazione dell’aggravante in parola non risultava rispettosa dei principi elaborati dalla giurisprudenza di legittimità, non avendo reso palese le ragioni dell’effettivo, grave danno patrimoniale, riportato dai creditori dell’impresa, considerata la consistenza dell’attivo fallimentare comunque recuperato dalla curatela.
La Suprema Corte ha ritenuto infondato il ricorso.
Di seguito si riportano i passaggi estratti dalla parte motiva della sentenza in commento di interesse per la presente nota che si pongono in continuità con la stabile giurisprudenza di legittimità sedimentata intorno al tema giuridico in disamina:
“….La motivazione offerta dai giudici del rinvio alla base della conferma della sussistenza della circostanza aggravante della rilevante gravità del danno del reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale non merita censura.
Sul punto, va ricordato che la giurisprudenza consolidata di legittimità, in tema di reati fallimentari, considera che l’entità del danno provocato dai fatti configuranti bancarotta patrimoniale va commisurata al valore complessivo dei beni che sono stati sottratti all’esecuzione concorsuale, piuttosto che al pregiudizio sofferto da ciascun partecipante al piano di riparto dell’attivo, e indipendentemente dalla relazione con l’importo globale del passivo (Sez. 5, Sentenza n. 49642 del 02/10/2009, Olivieri, Rv. 24582 – 01) e che la circostanza aggravante del danno patrimoniale di rilevante gravità di cui all’art. 219, primo comma, legge fall. si configura se a un fatto di bancarotta di rilevante gravità, quanto al valore dei beni sottratti all’esecuzione concorsuale, corrisponda un danno patrimoniale per i creditori che, complessivamente considerato, sia di entità altrettanto grave (Sez. 5 n. 48203 del 10/07/2017, Meluzio e altri, Rv. 271274 – 01; Sez. 1, n. :1. 2087 del 10/10/2000, Di Muni, Rv. 2174)03 – 01).
Alla luce di tali principi, che il Collegio condivide e a cui, quindi, ritiene di dover dar seguito, le critiche articolate nel ricorso non riescono a vulnerare in modo determinante il discorso giustificativo esternato nella sentenza al vaglio.
Si osserva, sull’argomento, che, per disattendere lei doglianza relativa alla mancata esclusione dell’aggravante di cui all’art. 219, primo comma, legge fall., i giudici del rescissorio hanno congruamente argomentato – con motivazione adeguata e non censurabile neppure sotto il profilo, attinente all’accertamento di merito, del valore dissipato – nel senso che l’entità degli immotivati trasferimenti di danaro dalla società poi fallita all’altra società aveva integrato in modo certo il danno di rilevante gravità, perché il complessivo ingiustificato travaso di risorse si era ripercosso in termini di sottrazione all’attivo fallimentare della suindicata, cospicua entità finanzi aria che aveva concretamente ridotto in modo considerevole l’attivo disponibile per la soddisfazione delle sussistenti ragioni creditorie, per come esse erano emerse nella formazione della massa passiva fallimentare.
La diminuzione che il comportamento antigiuridico dell’agente, univocamente indirizzato alla sottrazione degli importi corrispondenti alle indebite elargizioni che hanno concretato i fatti di bancarotta patrimoniale, ha dunque cagionato il determinante emungimento della consistenza della massa attiva che avrebbe dovuto essere posta a disposizione del soddisfacimento delle ragioni creditorie all’atto del riparto dell’attivo fallimentare riducendone in modo evidente e incisivo l’entità.
Per eventuali approfondimenti sull’aggravante di cui all’art. 219, comma 1, legge fallimentare, si segnalano i seguenti arresti giurisprudenziali:
By Claudio Ramelli © RIPRODUZIONE RISERVATA.