La Cassazione annulla la sentenza di condanna del CSE che non chiarisce il contenuto della violazione dei doveri connessi all’alta vigilanza.
La Corte di cassazione – sezione quarta penale con la sentenza numero 34222/2024 – depositata in data 11/09/2024 (udienza pubblica 10/07/2024), è tornata a definire il perimetro dell’area di governo del rischio ascrivibile al coordinatore per la sicurezza in fase di programmazione ed esecuzione e la fonte della sua responsabilità in caso di incidente sul lavoro.
Nel caso di specie e per quanto di interesse per la presente nota i giudici del doppio grado di merito avevano, concordemente, affermato la penale responsabilità del professionista designato CSE di un cantiere all’interno del quale era accaduto un grave incidente sul lavoro con esito mortale.
Secondo la contestazione penale all’imputato era stato addebitato il delitto di omicidio colposo per avere, nella qualità sopra indicata, cagionato per colpa la morte di un operaio deceduto – mentre si trovava all’interno dello scavo realizzato per la posa di un impianto fognario – a seguito del cedimento della parete dello scavo (che non era stato puntellato), che aveva schiacciato la vittima verso la parete opposta e lo aveva sommerso di terra e pietre fino all’altezza del collo, causandone la morte immediata.
La difesa dell’imputato interponeva ricorso per cassazione denunciando vizio di legge e di motivazione della sentenza impugnata, deducendo che il piano di sicurezza e coordinamento redatto dall’imputato in realtà contemplava sia il rischio di crollo (poi avveratosi), sia le misure di sicurezza da adottare.
La condanna del prevenuto, sempre secondo la difesa, era quindi illegittima non ricorrendo la condotta colposa derivante da inadempimento rispetto agli obblighi che il Testo Unico sulla sicurezza pone a carico del CSE, né, tanto meno, era stato dimostrato nel corso del processo il nesso causale tra la presunta omissione (fermamente contestata) e l’evento morte.
La Suprema Corte ha accolto il ricorso per ragioni indicate nel segmento della parte motiva che segue:
“…..Un altro aspetto che non risulta adeguatamente chiarito dai giudici territoriali è se la responsabilità del prevenuto, nella sua qualità di CSE, sia correlata ad una condotta di omessa vigilanza, dovendosi in proposito rammentare il principio secondo cui, in tema di infortuni sul lavoro, la funzione dialta vigilanza che grava sul coordinatore per la sicurezza dei lavori – che si esplica prevalentemente mediante procedure e non poteri doveri di intervento immediato – riguarda la generale configurazione delle lavorazioni che comportino un rischio interferenziale, e non anche il puntuale controllo delle singole lavorazioni, demandato ad altre figure (datore di lavoro, dirigente, preposto), salvo l’obbligo di adeguare il piano di sicurezza in relazione all’evoluzione dei lavori e di sospendere, in caso di pericolo grave e imminente, direttamente riscontrato ed immediatamente percettibile, le singole lavorazioni fino alla verifica degli avvenuti adeguamenti da parte delle imprese interessate (cfr. Sez. 4, n. 24915 del 10/06/ 2021, Rv. 281489 – 01).
Nella specie, non è stato puntualmente spiegato se, tenuto conto dei tempi e delle modalità di esecuzione dello scavo, il CSE, in relazione alle sue funzioni di alta vigilanza – che non contemplano un controllo quotidiano dei lavori – aveva avuto la possibilità di accorgersi della situazione di pericolo correlata al mancato puntellamento dello scavo, in maniera tale da rendere doveroso un suo intervento finalizzato ad imporre il rispetto del PSC da parte delle imprese interessate”.
By Claudio Ramelli© RIPRODUZIONE RISERVATA