Riciclaggio per chi mette a disposizione il proprio conto corrente per ricevere i proventi della truffa on line.

E’ questo il principio di diritto ricordato con la  sentenza numero 35044/2024 – depositata il 18/09/2024 (udienza pubblica 09/07/2024), dalla Corte di cassazione – sezione seconda penale, tornata a pronunciarsi sulla qualificazione giuridica della condotta dell’agente (estraneo al reato presupposto di frode informatica), che mette a disposizione degli autori dei reati contro il patrimonio il proprio conto corrente sul quale viene accreditato l’ingiusto profitto.

Nel caso di specie, il locale Tribunale per il riesame, aveva rigettato la richiesta di revoca della misura cautelare personale degli arresti domiciliari tenuto conto della pluralità e gravità dei fatti contestati.

L’ordinanza del giudice cautelare veniva impugnata in sede di legittimità.

Secondo la difesa la condotta dell’indagato doveva essere riqualificata nel meno grave reato di ricettazione.

La Suprema Corte nel dichiarare inammissibile il ricorso ha ritenuto di dare ulteriore continuità  all’orientamento giurisprudenziale applicato dai giudici del merito cautelare alla fattispecie disaminata:

“…..Nel caso di specie, in assenza di prova di concorso nel reato di truffa, l’incasso del denaro proveniente dal reato non è il fine dell’operazione, ma il mezzo, si potrebbe dire, per ‘pulire’ il provento delle truffe cioè per l’ulteriore passaggio del denaro nelle mani del destinatario finale dello schema truffaldino (verosimilmente, come ipotizzato nel ricorso, di quello stesso [omissis] che  appare   come   la  mente,   l’ideatore   all’origine   dello  schema   illecito).  

In  sostanza,   la    condotta di [omissis]  non è connotata dal fine di profitto richiesta dalla ricettazione (che rispetto alla sua condotta costituisce solamente il movente dell’azione illecita) ma dal fine di occultamento, di schermo della effettiva destinazione ultima del denaro.    :

Negli stessi termini, per una vicenda sostanzialmente sovrapponibile, vedasi la pronuncia Sez.2,  n. 29346  dell’8  marzo  2023,  Duru,  laddove  si  è  affermato  che  “integra  il delitto  di riciclaggio   la  condotta   di   chi,   senza   aver   concorso   nel  delitto   presupposto,          metta   a disposizione    il  proprio   conto   corrente   per   ostacolare          l’identificazione   della   provenienza delittuosa del denaro, da altri precedentemente  ricavato quale profitto conseguito del reato di frode informatica, consentendone il trasferimento tramite bonifici bancari”.

Sulla stessa linea interpretativa si segnala una precedente nota a sentenza: https://studiolegaleramelli.it/2023/07/11/riciclaggio-e-non-concorso-in-frode-informatica-a-carico-del-soggetto-che-si-limita-a-mettere-a-disposizione-il-proprio-conto-corrente-per-far-conseguire-ad-altri-lillecito-profitto/

By Claudio Ramelli© RIPRODUZIONE RISERVATA