La Cassazione annulla la sentenza che nella determinazione della pena finale per più fatti di bancarotta non applica le regole della “continuazione fallimentare”.
Con la sentenza numero 35878/2024 – depositata il 25/09/2024, la sezione quinta penale della Corte di cassazione, si è nuovamente pronunciata sul tema giuridico della disciplina prevista dall’art. 219, comma 2, L. Fall. della quale il giudice deve fare applicazione nell’ipotesi di condanna per più fatti di bancarotta commessi nell’ambito della medesima procedura concorsuale.
La norma in parola detta una regola più favorevole rispetto a quella della continuazione prevista dal codice penale sostanziale (art.81 cpv. cod. pen.), sia in termini di aumento della pena da infliggere, sia perché risultando di fatto assimilata ad una circostanza aggravante (tecnicamente per le Sezioni Unite si tratta di una forma di cumulo giuridico), può entrare nel giudizio di bilanciamento ex art. 69 cod. pen. come nel caso disaminato.
Nel procedimento sottoposto allo scrutinio di legittimità i giudici del doppio grado di merito avevano affermato la penale responsabilità degli imputati per i reati di bancarotta preferenziale, semplice documentale e bancarotta per effetto di operazioni dolose, comminando ai giudicabili la pena ritenuta di giustizia.
Per quanto di interesse per la presente nota si segnala che la difesa di uno degli imputati, con l’interposto ricorso per cassazione, denunciava vizio di legge e di motivazione della sentenza impugnata in ordine alla illegittima determinazione della pena finale operata dal collegio di appello secondo le regole dell’art.81 cpv. cod. pen.
La Corte di legittimità ha ritenuto fondata la superiore censura, ricordando principi già affermati dalla stabile giurisprudenza di legittimità dei quali dovrà fare applicazione la Corte territoriale in sede di rinvio:
“Va ricordato preliminarmente che l’art. 219, comma 2, n. 1, L. fa ll. prevede che “le pene stabilite negli articoli suddetti sono aumentate: 1.) se il colpevole ha commesso più fatti tra quelli previsti in ciascuno degli articoli indicati”, che la giurisprudenza delle Sezioni Unite ha letto come un caso di cumulo giuridico che deroga ai principi ordinari della continuazione di cui all’art. 81 cod. pen. (Sez. U, n. 21039 del 27/01/ 2011, PG in proc. Loy, Rv. 24965 5): in tema di reati fallimentari, nel caso di consumazione di una pluralità di condotte tipiche di bancarotta nell’ambito del medesimo fallimento, le stesse mantengono la propria autonomia ontologica, dando luogo ad un concorso di reati, unificati, ai soli fini sanzionatori, nel cumulo giuridico previsto dall’art. 219, comma secondo, n. 1, L. fall., disposizione che pertanto non prevede, sotto il profilo strutturale, una circostanza aggravante, ma detta per i reati fallimentari una peculiare disciplina della continuazione derogatoria di quella ordinaria di cui all’art. 81 cod. pen.).
La continuazione fallimentare comporta, infatti, l’assoggettamento del secondo fatto di bancarotta, unificato nel cumulo giuridico, alle regole di calcolo della pena proprie delle aggravanti (Sez. 5, n. 48361 del 17/09/ 2018, C., Rv. 274182; Sez. 5, n. 50349 del 22/10/ 2014, Dalla Torre, Rv.261346) .
Nel caso di specie, si è in presenza ad una pluralità di fatti di bancarotta che determina l’applicabilità della circostanza aggravante di cui all’art. 219, comma 2, n. 1, L. Fall., posto che la pluralità di fatti di bancarotta è realizzata nell’ambito della stessa procedura concorsuale (Sez. 5, n. 1137 del 17/12/ 2008, dep. 2009, Rv. 242547), a nulla rilevando che si tratti di fattispecie disomogenee (Sez. 5, n. 637 del 18/02/1992 Rv. 18992401, che ha riconosciuto l’operatività dell’aggravante anche nell’ipotesi di commissione di fatti di bancarotta patrimoniale e bancarotta documentale).
Pertanto, in quanto formalmente circostanza aggravante, alla c.d. continuazione fallimentare deve applicarsi anche l’art. 69 cod. pen., sicché nelle ipotesi in cui siano contestualmente riconosciute uno o più attenuanti, la stessa deve essere posta in comparazione con queste ultime, con la conseguente esclusione della possibilità di irrogare l’aumento previsto dall’art. 219 L. Fall. (Sez. 5, n. 21036 del 17/04/ 2013, Rv. 255146).
Come si è detto, la configurazione, sotto il profilo formale, della c.d. continua zione fallimentare di cui all’art. 219, comma 2,R.D. n. 267 del 1942, n. 1 quale circostanza aggravante, ne comporta l’assoggettabilità al giudizio di bilanciamento con le circostanze attenuanti e conseguentemente, ove si affermi la responsabilità dell’imputato, se sia stata ritenuta la prevalenza delle circostanze attenuanti generiche rispetto all’aggravante di cui all’art. 219, comma 2 n. 1, L. Fall., non deve essere applicato un aumento di pena per gli ulteriori reati).
Orbene, nel caso di specie, la Corte di appello dopo aver concesso le circostanze attenuati generiche in regime di prevalenza rispetto alle contestate aggravanti, ha determina to la pena base, procedendo poi agli aumenti per le ulteriori contestazioni”.
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