Non basta essere presente all’accertamento dell’Ispettorato del Lavoro e consegnare i documenti dell’impresa per essere condannato quale datore di lavoro di fatto.
E’ il principio di diritto fissato con la sentenza numero 32123/2024 dalla Corte di Cassazione – sezione terza penale, che ha affrontato la questione giuridica degli indici probatori che il giudice penale può prendere in considerazione per accertare l’esistenza del potere gestorio dell’impresa in capo ad un soggetto – diverso dall’amministratore di diritto – al fine di poterlo considerare datore di lavoro di fatto, ed in tale veste ritenerlo corresponsabile con l’amministratore di diritto dei reati contestati.
Nel caso in disamina il locale Tribunale di Prato condannava gli imputati, rinviati a giudizio nelle rispettive qualità di datore di lavoro formale (amministratore di diritto della società) e di datore di lavoro “di fatto” per la violazione degli articoli 29, 37 e 64 d.P.R. 81/2008 alla pena di euro 4.800,00 ciascuno, in relazione alle accertate omesse cautele antinfortunistiche nella tenuta dei serramenti e della segnaletica di sicurezza.
Per quanto di interesse per la presente nota si evidenzia che con il ricorso di legittimità veniva denunciata la violazione di legge in riferimento all’erronea applicazione della art. 299 d.lgs. n.81/2008.
La Suprema corte ha accolto il ricorso indicando le seguenti coordinate ermeneutiche:
“L’articolo 299, inoltre, ha codificato il principio della c.d. «clausola di equivalenza» (peraltro affermato già dalle Sezioni Unite della Corte con sent. n. 9874 del 01/07/1992, Giuliani, Rv. 191185 – 01 e dalla giurisprudenza successiva, ben prima della introduzione della norma in esame), prevedendo che «le posizioni di garanzia relative ai soggetti di cui all’articolo 2, comma 1, lettere b), d) ed e), gravano altresì su colui il quale, pur sprovvisto di regolare investitura, eserciti in concreto i poteri giuridici riferiti a ciascuno dei soggetti ivi definiti».
Tale estensione riposa sul «principio di effettività» (Sez. 4, n. 22079 del 20/02/2019,Cavallari, Rv. 276265 – 01; Sez. 4, n. 22606 del 04/04/2017, Minguzzi, Rv. 269973 – 01; Sez.4, n. 22246 del 28/02/2014, Consol, Rv. 259224 – 01), a mente del quale assume la posizione di garante colui il quale di fatto si accolla e svolge i poteri del datore di lavoro, del dirigente o del preposto, indipendentemente dalla sua funzione nell’organigramma dell’azienda (Sez. 4, n. 31863 del 10/04/2019, Agazzi, Rv. 276586 – 01), di talché l’individuazione dei destinatari degli obblighi posti dalle norme sulla prevenzione degli infortuni sul lavoro deve fondarsi non già sulla qualifica rivestita, bensì sulle funzioni in concreto esercitate, che prevalgono, quindi, rispetto alla carica attribuita al soggetto, ossia alla sua funzione formale (Sez. 4, n. 18090 del 12/01/2017, Amadessi, Rv. 269803 – 01), e ciò, si aggiunge, indipendentemente dalla sussistenza di una «delega di funzioni» conferita ai sensi dell’articolo 16 del decreto stesso.
La posizione di garanzia, quindi, può essere generata sia da una «investitura formale» che dall’«esercizio di fatto» delle funzioni tipiche delle diverse figure di garante, secondo un criterio di ordine sostanziale e funzionalistico (Sez. 4, n. 10704 del 07/02/2012, Corsi, Rv. 252676 -01)
La presenza di un gestore di fatto dell’azienda non esclude la responsabilità del datore di lavoro formale.
In proposito, questa Corte ha stabilito che «in tema di infortuni sul lavoro, la responsabilità dell’amministratore della società, a cui formalmente fanno capo il rapporto di lavoro con il dipendente e la posizione di garanzia nei confronti dello stesso, non viene meno per il fatto che il menzionato ruolo sia meramente apparente, essendo invero configurabile, ai sensi del combinato disposto degli artt. 2 e 299 d.lgs. 8 aprile 2008, n. 81, la corresponsabilità del datore di lavoro e di colui che, pur se privo di tale investitura, ne eserciti, in concreto, i poteri giuridici» (Sez. 4, n. 30167 del 06/04/2023, Di Rosa, Rv. 284828 – 01; Sez. 4, n. 49732 del 11/11/2014, Canigiani, Rv. 261181 – 01).
Nel caso di specie la sentenza impugnata ha chiarito che lo [omissis], legale rappresentante della «omissis», è sopraggiunto in un secondo momento sul luogo ove si stava effettuando il controllo, chiamato dalla [omissis].
Alla luce delle considerazioni espresse al par. 2.1., non vi è dubbio alcuno sulla responsabilitàdel legale rappresentante (la cui qualifica formale non è contestata) quale datore di lavoro, il cui motivo di ricorso va dichiarato inammissibile.
Diverso è il discorso per quanto riguarda la [omissis]
La sua qualifica di datore di lavoro di fatto viene desunta in sentenza dalla circostanza che la stessa, oltre ad essere presente a tutte le operazioni, è stata colei che ebbe a fornire tutta la documentazione sulla ditta agli ufficiali di polizia giudiziaria e a rintracciare il legale rappresentante formale.
Ritiene il Collegio che tali elementi non siano sufficienti a giustificare l’applicazione della «clausola di equivalenza».
Ed infatti, viene contestato ai titolari di posizione di garanzia della [omissis] di aver omesso la valutazione dei rischi e la formazione dei lavoratori, nonché di avere omesso cautele antinfortunistiche nella tenuta dei serramenti e della segnaletica di sicurezza.
Dalla lettura della sentenza non emerge, tuttavia, che l’imputata abbia in concreto svolto attività corrispondente all’esercizio di poteri tipici del datore di lavoro, tali da consentire il trasferimento in capo alla stessa della posizione di garanzia gravante sul datore di lavoro «formale».
Coglie nel segno la ricorrente laddove evidenzia che «la materiale disponibilità di documenti e la conoscenza di alcune informazioni circa l’impresa, in cui presta l’attività lavorativa in forza di un rapporto di lavoro subordinato, non la rende soggetto esercente effettivamente un ruolo gestionale, organizzativo o dirigenziale idoneo a prenderla titolare di una posizione di garanzia nei confronti degli altri operai, non essendo ciò sufficiente a dimostrare lo svolgimento in capo alla medesima di poteri tipici dei datore di lavoro».
La sentenza va pertanto annullata senza rinvio, in riferimento alla ricorrente[omissis], perché il fatto non sussiste”.
By Claudio Ramelli © RIPRODUZIONE RISERVATA.