Frode fiscale: sempre vietato il patteggiamento se il debito tributario non risulta estinto dal contribuente.
Con la sentenza numero 37939/2024 – depositata il 17/10/2024, la sezione terza penale della Corte di cassazione, si è nuovamente pronunciata sul tema giuridico della possibilità di accedere al rito alternativo dell’applicazione della su richiesta delle parti (cosiddetto patteggiamento), nell’ipotesi in cui l’imputato sia stato rinviato a giudizio per reati tributari.
Nel procedimento sottoposto allo scrutinio di legittimità la contestazione elevata nei confronti del giudicabile riguardava il delitto fiscale di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti (art.2 d.lgs. n.74/2000) per il quale il Giudice dell’udienza preliminare aveva accolto la richiesta formulata dalle parti applicando la pena concordata tra PM e difesa, peraltro senza disporre la confisca del profitto del reato.
Contro la sentenza resa ai sensi dell’art. 444 e segg. c.p.p. interponeva ricorso per cassazione il Procuratore generale denunciando vizio di legge della sentenza impugnata della quale veniva chiesto l’annullamento sotto il duplice profilo dell’accesso al rito alternativo – nella fattispecie precluso a causa del mancato pagamento del debito tributario – e dalla omessa applicazione della confisca pari all’importo dell’illecito risparmio di imposta che doveva essere obbligatoriamente disposta.
La Corte di legittimità ha accolto il ricorso dando continuità alla dominante giurisprudenza di legittimità formatasi intorno ai presupposti richiesti per l’accesso al rito alternativo, con un interessante passaggio (evidenziato) relativo alla ininfluenza della data di consumazione del reato:
“L’art. 13-bis, comma 2, d.lgs. 74/2000, richiede espressamente, per l’applicazione della pena ai sensi dell’art. 444 cod. proc. pen. ai delitti previsti da tale decreto (eccettuati quelli di cui agli artt. 4, 5, 10-bis, 10-ter e 10-quater, cfr., in proposito, Sez. 3, n. 38684 del 12/04/2018, Incerti, Rv. 273607), l’estinzione dei debiti tributari, mediante integrale pagamento degli importi dovuti (anche a seguito delle speciali procedure conciliative di adesione all’accertamento previste dalle norme tributarie), o il ravvedimento operoso.
Nel caso in esame la sentenza di applicazione della pena su richiesta è stata pronunciata in relazione a contestazione del reato di cui agli artt. 81 cpv. cod. pen. e 2, comma 1, d.lgs. 74/ 2000, in mancanza della suddetta condizione di ammissibilità del rito, sicché, in mancanza della suddetta condizione, di cui non si dà atto nella sentenza, non avrebbe potuto essere pronunciata, e quindi, non avrebbe potuto applicata la diminuzione fino al terzo della pena, con la conseguente violazione del disposto del secondo comma dell’art. 13 -bis citato, che determina l’illegalità della pena.
Tale disposizione deve, infatti, ritenersi applicabile anche alle condotte realizzate anteriormente alla sua entrata in vigore (essendo stata inserita dall’art. 12 del d.lgs. 158/2015), trattandosi di norma di natura esclusivamente procedimentale, quale condizione per accedere al rito speciale, da applicare al momento della pronuncia della sentenza, indipendentemente dall’epoca di realizzazione delle condotte (cfr. Sez. 6, n. 9990 del 25/01/2017, Mirelli, Rv. 269645; Sez. 6, n. 25257 del 22/03/2018, Perfetti, Rv. 273656 – 01).
By Claudio Ramelli© RIPRODUZIONE RISERVATA