Concorre nella bancarotta distrattiva il marito dell’imprenditrice che acquista ad un prezzo vile l’auto della società fallita.
Con la sentenza numero 35334/2024 – depositata il 20/09/2024, la sezione quinta penale della Corte di cassazione, si è nuovamente pronunciata sulla responsabilità penale concorsuale del soggetto estraneo all’impresa collettiva che, d’accordo con l’amministratore della società, acquista beni sociali ad una valore inferiore al reale pregiudicando il ceto creditorio.
Nel caso di specie i giudici del doppio grado di merito avevano, concordemente, condannato l’imputato per bancarotta fraudolenta per distrazione quale concorrente (extraneus) nel reato fallimentare ascritto alla moglie – amministratrice della società – per avere acquisto l’autovettura intestata alla società ad un prezzo pari alla metà di quello di mercato.
La difesa dell’imputato interponeva ricorso per cassazione contro la sentenza resa in grado di appello denunciando vizio di legge e di motivazione contestando la sussistenza della componente psicologica del reato, considerato che nel corso del processo non era stata acquisita la prova della conoscenza da parte del giudicabile dello stato di decozione in cui versava la società al momento della transazione.
La Corte di legittimità ha ritenuto destituita di fondamento la tesi difensiva statuendo quanto segue:
“…L’extraneus concorre nel reato di bancarotta fraudolenta tutte le volte in cui fornisce un contributo causale, volontario e consapevole, al depauperamento del patrimonio sociale posto in essere dall’intraneus.
Del tutto irrilevante, invece, è la specifica conoscenza del dissesto della società, che può, al massimo, rilevare sul piano probatorio quale indice significativo della rappresentazione della pericolosità della condotta per gli interessi dei creditori (Sez. 5, n. 4710 del 14/10/2019, dep. 2020, Falcioni, Rv. 278156).
Ebbene, non essendo rilevante, per come si è detto, la specifica conoscenza del dissesto della società e non essendo oggetto di censura la sussistenza di un contributo causale del ricorrente (avendo egli acquistato l’autovettura), la consapevolezza del pregiudizio arrecato ai creditori è ampiamente desumibile dalla oggettiva differenza tra il prezzo di acquisto (5.000 euro) e quello di rivendita (10.300 euro, avvenuta, peraltro, un anno dopo), a fronte di un originario prezzo di acquisto di 16.600 euro; circostanza ampiamente evidenziata dalla Corte”.
By Claudio Ramelli© RIPRODUZIONE RISERVATA