Sicurezza sul lavoro: la presenza in cantiere del coordinatore in fase di esecuzione non salva dalla condanna il datore di lavoro che non adempie ai suoi obblighi di sicurezza.

Questo è il principio di diritto dalla Corte di cassazione con la sentenza 41772/2024 (depositata il 09/11/2024) è tornata ad affrontare il tema giuridico delle responsabilità penali addebitabili a coloro che assumono una posizione di garanzia in cantiere nel caso di incidente al quale segua la contestazione di reati colposi di evento (lesioni personali od omicidio colposo), con particolare riferimento alla figura del datore di lavoro.

Secondo quanto emerge dalla lettura della sentenza in commento, i giudici del doppio grado di merito avevano, concordemente, riconosciuto il giudicabile responsabile per il grave incidente occorso ad un operaio dipendente dall’impresa da lui amministrata, investito da una parete rimasta priva di puntellamenti durante uno scavo che era crollata e lo aveva investito causandone il decesso.

Con la contestazione penale erano stati censurati profili di colpa, dovuti a negligenza, imprudenza, imperizia ed inosservanza delle norme di prevenzione degli infortuni sul lavoro, in relazione alla mancata predisposizione del POS ed all’assenza di ogni verifica sulle condizioni di sicurezza dei lavori in cantiere.

Contro la sentenza resa dalla Corte territoriale e per quanto qui di interesse, si segnala che con una motivo di ricorso la difesa aveva sostenuto che la responsabilità dell’evento avverso doveva essere ascritta esclusivamente al soggetto che aveva assunto la qualifica di coordinatore  per la sicurezza   in fase di progettazione ed esecuzione (quanto meno di fatto) ed aveva pianificato l’attività di scavo senza adeguata valutazione del rischio di intercorso.

La Suprema Corte ha rigettato il ricorso.

Di seguito vengono riportati i passaggi della motivazione della sentenza in disamina riferiti al perimetro della responsabilità del datore di lavoro che danno ulteriore continuità a  stabili principi già fissati nella giurisprudenza di legittimità:

La Corte d’appello, con adeguata motivazione, ha affrontato i profili oggetto del ricorso, osservando, in primo luogo, che la colpevolezza dell’imputato non poteva ritenersi esclusa o attenuata in virtù della “percepita” funzione di coordinatore dei lavori nella figura del [omissis].

In ogni caso, ha osservato la Corte come permanessero in capo al datore di lavoro gli obblighi connessi alla propria posizione di garanzia, la cui violazione era stata causale rispetto all’evento.

La motivazione della Corte di Appello, oltre che coerente con le risultanze istruttorie e non manifestamente illogica, è altresì coerente con la normativa in tema di sicurezza sui luoghi di lavoro e con la relativa elaborazione giurisprudenziale.

In primo luogo, spettava al datore di lavoro la redazione del piano operativo di sicurezza, ovvero il documento che il datore di lavoro dell’impresa esecutrice dei lavori in campo edile redige per ogni singolo cantiere; si  tratta di uno strumento di prevenzione dei rischi connessi allo svolgimento dell’attività e, pertanto, deve contenere disposizioni  specifiche  in  relazione  alle  diverse attività che vengono svolte nel luogo di lavoro (Sez. 3, n. 28136 del 13/07/2012, Villa,  non massimata).

Il POS difatti rappresenta, nei cantieri edili, il documento di valutazione del rischio e deve contenere, fra l’altro, come previsto nell’allegato XV al d.lgs. n.81 del 2008, l’individuazione delle misure preventive e protettive, integrative rispetto a quelle contenute nel piano di sicurezza e coordinamento quando previsto, adottate in relazione ai rischi connessi alle lavorazioni.

L’attività in appalto nei cantieri è, invero, connotata da particolari tipologie di rischio dovute alla compresenza o avvicendamento nell’ambito di uno stesso luogo di lavoro di una pluralità di imprese.

La sovrapposizione tra più sfere organizzative e la presenza di più imprese generano rischi che si aggiungono a quelli specifici delle singole lavorazioni ovvero rischi innescati dall’azione congiunta oppure della interferenza di due o più soggetti imprenditoriali, ragione da cui deriva moltiplicazione di debitori di sicurezza:  alle figure generali previste dalla disciplina di base (datore di lavoro, dirigente, preposto), il titolo quarto del d.lgs n.81/2008 ne affianca difatti di speciali, ovvero committente, responsabile dei lavori, coordinatore della sicurezza, proprio allo scopo di far fronte ai rischi aggiuntivi.

Deve quindi ritenersi del tutto coerente con la normativa di settore il richiamo da parte della Corte al consolidato indirizzo giurisprudenziale secondo cui, in tema di omicidio colposo da infortunio sul lavoro nell’ambito di appalto in cantiere edile, i doveri relativi alla sicurezza dei lavoratori gravanti sul committente non elidono la posizione di garanzia comunque riconducibile al datore di lavoro, quale primo destinatario della stessa nei confronti dei propri dipendenti, allorquando, anche a fronte di competenze altrui, egli destini gli stessi a mansioni oggettivamente pericolose in ragione del generale  contesto in cui esse si svolgono {Sez. 3, n. 23140 del 26/03/2019 Rv. 276755 – 02); ragione per la quale non può attribuirsi alcuna valenza esimente alla dedotta individuazione di un coordinatore in materia di sicurezza e salute, la cui identificazione con il         è stata comunque negata dalla Corte territoriale.

In forza di tale principio, la Corte di appello, correttamente, ha ritenuto che l’eventuale presenza di altri soggetti titolari di posizioni di garanzia non avrebbe escluso la responsabilità del datore di lavoro, in quanto in tema di infortuni sul lavoro, ciascun garante risulta per intero destinatario dell’obbligo di impedire l’evento fino a che non si esaurisca il rapporto che ha legittimato la costituzione della singola posizione di garanzia (Sez. 4, n. 46849 del 03/11/2011, Di Carlantonio, Rv 252149; Sez. 4 n. 6507 dell’ll/01/2018, Caputo, Rv 272464; Sez. 4, n. 928 del 28/09/2022, dep. 2023, Bocchio, Rv. 284086).

D’altra parta, la prospettazione difensiva in base alla quale l’esercizio di fatto di compiti di direzione da parte di soggetto diverso dal datore di lavoro varrebbe a escludere la responsabilità di quest’ultimo è smentito dal tenore testuale dell’art.299 del d.lgs. n.81/2008, in  base al quale «1. Le posizioni di garanzia relative ai soggetti di cui all’articolo 2, comma 1, lettere b), d) ed e), gravano altresì su colui il quale, pur sprovvisto di regolare investitura, eserciti in concreto i poteri giuridici riferiti a ciascuno dei soggetti ivi definiti»; disposizione che, attraverso  l’utilizzo  del  termine  “altresì”,  deve  interpretarsi  nel  senso  che  le responsabilità del soggetto investito di fatto di determinate funzione datoriali non escludono la responsabilità del datore medesimo in ordine agli obblighi sullo stesso gravanti in relazione alla normativa antinfortunistica (Sez. 4, n. 49732 del 11/11/2014, Canigiani, Rv. 261181; Sez. 4 n. 2157 del 23/11/2021, dep. 2022, Baccalini, Rv. 282568; Sez. 4, n. 30167 del 06/04/2023, Di Rosa, Rv. 284828).

Conseguendone che – come ritenuto dai giudici di merito – ogni valutazione in ordine alla presenza di un coordinatore “di fatto” non era in alcun modo idonea a escludere gli obblighi gravanti sul datore di lavoro, la cui elusione – a propria volta – è da porre in diretto rapporto causale con l’evento contestato”.

By Claudio Ramelli © RIPRODUZIONE RISERVATA.