Per la prova del reato di indebita compensazione non è necessaria l’acquisizione degli F/24 del contribuente.
E’ il principio di diritto fissato dalla sezione terza penale della Cassazione con la sentenza numero 42606/2024 (depositata il 21/11/2024) che si è pronunciata sul tema giuridico della prova processuale necessaria e sufficiente per poter affermare la penale responsabilità del contribuente rinviato a giudizio per il delitto tributario di indebita compensazione.
Nel caso di specie e per quanto di interesse per la presente nota va osservato che i giudici del doppio grado di merito, decidendo con il giudizio abbreviato, avevano condannato gli imputati alla pena ritenuta di giustizia per il reato previsto e punito dall’art. 10 quater d.lgs. n.74/2000.
Con il ricorso per cassazione era stato denunciato vizio di legge della sentenza di appello impugnata per travisamento probatorio, attesa l’assenza nel fascicolo del PM dei modelli F/24 utilizzabile ai fini del decidere per la scelta del rito.
Riteneva invero la difesa che il prospetto dei dati estrapolati dagli F/24 che gli indagati avevano consegnato alla Guardia di Finanza pi rifluito nel compendio degli atti di indagine, non fosse equipollente ai modelli suddetti e che, pertanto, non vi fosse agli atti la prova dell’elemento oggettivo del reato contestato.
La Corte di legittimità ha disatteso la superiore tesi difensiva.
Di seguito si riportano i passaggi della sentenza in commento che danno continuità al principio secondo il quale, la prova della consumazione del delitto di indebita compensazione, può ritenersi processualmente raggiunta anche in assenza di materiale produzione del modello F/24 utilizzato dal contribuente esponendo un credito inesistente:
“….Al proposito, va ribadito il principio, che il Collegio condivide e al quale intende dare continuità, secondo cui, il delitto di indebita compensazione, di cui all’art. 10-quater d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74, pur esigendo, sul piano materiale, l’utilizzo del modello F24, quale strumento tipico di estinzione dell’obbligazione tributaria, con indicazione del credito inesistente o non spettante portato in compensazione, non richiede, ai fini probatori, la produzione in giudizio dell’anzidetto in concreto utilizzato per il pagamento dell’imposta dovuta, potendo la prova essere fornita in qualunque altro modo (Sez. 3, n. 24254 del 14/02/2024, Bonicelli, Rv. 286560); e ciò in quanto il vigente ordinamento processuale penale non conosce le prove legali, ma è incentrato sul principio del libero convincimento del giudice, vale a dire sul convincimento maturato all’esito della corretta valutazione delle prove legittimamente acquisite nel processo.
Nel caso in esame, non vi è dubbio alcuno che siano stati utilizzati modelli F24, come si desume dalla stessa tabella indicata dalla Corte di appello e allegata al ricorso. Diversamente da quanto opinato dal ricorrente, tale tabella, come recita l’intitolazione, altro non è che un “prospetto dei dati estrapolati dagli F24 presentati dalla [omissis] soc. coop. a r.I. inerenti i tributi della Sezione Erario”, in cui sono, tra l’altro, riportate, con rifermento alle singole date di volta in volta indicate, le voci relative a “credito inesistente”, “credito realmente esistente”, “importo a credito compensato”.
Orbene, è la stessa tabella ad indicare la fonte dei dati poi rielaborati, ossia, si ripete, gli F24 presentati dalla [omissis] soc. coop. a r.I. che, come accertato dalla sentenza impugnata (cfr. p. 3), sono stati proprio forniti dagli interessati ai militari della G.d.F.
By Claudio Ramelli© RIPRODUZIONE RISERVATA