Bancarotta impropria da reato societario: per la prova del dolo non basta l’avvenuta approvazione del bilancio da parte dell’imputato.

Con la sentenza numero 42448/2024 (depositata il 19/11/2024)  la sezione quinta penale della Corte di cassazione, si è nuovamente pronunciata sulla bancarotta impropria da reato societario con particolare riferimento al coefficiente psicologico del reato, che richiede l’accertamento del  fine dell’agente di conseguire, per sé o per altri, un ingiusto profitto, nonché  la sua consapevolezza  di esporre fatti  materiali  rilevanti  non rispondenti  al vero.

Nel caso di specie i giudici del doppio grado di merito avevano, concordemente, affermato la penale responsabilità del vicepresidente di una società cooperativa per diversi reati fallimentari contestati nell’editto accusatorio.

Per quanto di interesse per la presente nota si evidenzia che  la condanna era intervenuta anche per la contestata bancarotta impropria da reato societario, per avere concorso a cagionare il dissesto della società commettendo i fatti di cui all’art. 2621 c.c. poiché, al fine di conseguire l’ingiusto profitto esponendo, nel bilancio 2015, fatti  materiali non rispondenti al vero, indicando un capitale sociale pari ad € 105.396,00 (anziché di €5.396,00, come risultante dalle scritture contabili), in modo idoneo ad indurre in errore i terzi (in particolare gli istituti di credito che erogavano  nuove  linee  di  finanziamento).

La difesa dell’imputato ricorreva per cassazione contro la sentenza di appello, lamentando violazione ed erronea applicazione dell’articolo 2621 cod. civ. e correlata carenza della motivazione.

Invero, pur non contestando l’indicazione nel bilancio di un capitale sociale falsificato, si era evidenziato che la responsabilità dell’imputato era stata erroneamente attribuita per la sua mera approvazione, senza che il giudicabile avesse partecipato alla sua redazione, avvenuta prima della sua nomina.

La Corte di legittimità ha accolto la doglianza annullando con rinvio sul punto la sentenza impugnata, per le ragioni indicate nel segmento di motivazione di seguito riportato:

“……..Fondato è, per contro, il secondo motivo.

Al riguardo,  la Corte d’appello ha motivato in modo assolutamente insufficiente la sussistenza del dolo in relazione alla condotta di bancarotta fraudolenta  impropria  da  reato  societario,  limitandosi  ad  evidenziare  che:  “il [omissis] aveva approvato un bilancio incontestatamente falso (e che tale restava anche considerando il versamento di € 200.000, 00 da parte del coimputato a titolo di aumento di capitale), recante la  mendace indicazione del capitale sociale, idonea a generare una apparenza di solidità patrimoniale non corrispondente al vero”.

Tale motivazione non corrisponde affatto a quanto, per consolidata giurisprudenza di questa Corte, sia necessario all’uopo:

«Quanto al dolo richiesto, Sez. 5, n. 46689 del 30/06/2016, Coatti, Rv. 268673 – 01, ha chiarito che il tema di bancarotta impropria da reato societario di falso  in bilancio, dove l’elemento soggettivo presenta una struttura complessa comprendendo il dolo generico (avente ad oggetto la rappresentazione del mendacio), il dolo specifico (profitto ingiusto) ed il dolo intenzionale di inganno dei destinatari, il predetto dolo generico non può ritenersi provato – in quanto “in re ipsa” – nella violazione di norme contabili sulla esposizione delle voci in bilancio, né può ravvisarsi nello scopo di far vivere artificiosamente la società, dovendo, invece, essere desunto da inequivoci elementi che evidenzino, nel redattore del bilancio, la consapevolezza del suo agire abnorme o irragionevole attraverso artifici contabili» (Sez. 5, n.21854 del 01/03/2024,  non massimata).

Seppure   nella   formulazione   vigente   ratione   temporis   il   riferimento all’intenzione di ingannare i soci o il pubblico non è più previsto (a seguito delle modifiche  apportate  all’articolo  2621 cod.  civ.  dall’articolo  9,  comma  1, legge 69/2015), resta necessario  che siano  provate,  in capo  all’agente,  sia  il fine di conseguire  per sé o per altri un ingiusto profitto, sia, soprattutto, la consapevolezza  di esporre fatti  materiali  rilevanti  non rispondenti  al vero.

Orbene, la detta sintetica motivazione della Corte d’appello si limita a far leva sulla mera approvazione del bilancio, da parte dell’imputato, senza spiegare da quali elementi si desumerebbe che lo stesso (peraltro subentrato in consiglio di amministrazione poco prima della sua approvazione) fosse conscio della sua falsità e quale profitto mirasse a perseguire.

Ne consegue, su tale punto (ovvero limitatamente all’accertamento del dolo della bancarotta fraudolenta impropria da reato societario), l’annullamento della sentenza impugnata, con rinvio per un nuovo giudizio sul punto ad altra sezione della Corte d’appello di Milano”.

Per approfondimento sui delitto di bancarotta impropria da reato societario si segnalano i seguenti contributi:

(i) https://studiolegaleramelli.it/2024/07/12/la-bancarotta-da-reato-societario-si-configura-anche-se-le-false-comunicazioni-sociali-concorrono-solo-ad-aggravare-lo-stato-di-dissesto-dellimpresa/

(ii)https://studiolegaleramelli.it/2024/01/31/la-cassazione-definisce-gli-elementi-costituitivi-della-bancarotta-fraudolenta-impropria-da-reato-societario/

By Claudio Ramelli© RIPRODUZIONE RISERVATA