Bancarotta per effetto di operazioni dolose e non preferenziale per l’amministratore che paga operai e fornitori ma accumula debiti con l’Erario.
Con la sentenza numero 43087/2024 – depositata il 26/11/2024, la sezione quinta penale della Corte di cassazione è tornata a definire il tema della colpevolezza della bancarotta preferenziale, nel caso in disamina mettendone in evidenza i tratti distintivi rispetto alla componente psicologica del reato che connota il diverso reato fallimentare della bancarotta per effetto delle operazioni dolose.
Secondo l’ipotesi accusatoria, ritenuta fondata dai giudici del doppio grado di merito, l’imputato, in qualità di amministratore unico dell’impresa collettiva, aveva consumato il reato a lui ascritto avendo omesso di pagare le imposte e di versare i contributi per il personale dipendente, dal 1996 al 2013, continuando l’attività e aggravando il dissesto della società, accumulando sanzioni e interessi che appesantivano ulteriormente il passivo, fino a raggiungere un debito erariale e previdenziale complessivamente pari a circa euro 565.000,00.
Per quanto di interesse per la presente nota, si segnala che la difesa del giudicabile con l’interposto ricorso per cassazione, denunciava, tra l’altro, vizio di legge e di motivazione della sentenza impugnata, sostenendo che la scelta dell’imputato di continuare a pagare operai e fornitori, tentando di trovare al contempo un accordo transattivo con l’ente creditore fiscale, era circostanza di fatto idonea a riqualificare il reato ritenuto in sentenza nella meno grave di bancarotta preferenziale, avendo l’imprenditore avvantaggiato una categoria di creditori a discapito di altri.
La Corte di legittimità ha rigettato l’interposto il ricorso e fissato il principio di diritto che segue:
“…Va premesso che l’elemento soggettivo della bancarotta preferenziale è costituito dal «dolo specifico, consistente nella volontà di recare un vantaggio al creditore soddisfatto, con l’accettazione dell’eventualità di un danno per gli altri, secondo lo schema del dolo eventuale» (cfr. Sez. 5, n. 54465 del 05/06/2018, M.,Rv. 274188; Sez. 5, Sentenza n. 16983 del 05/03/2014, Liori, Rv. 262904).
Nel caso in esame, i giudici di merito hanno ritenuto che la volontà dell’imputato non fosse quella di favorire uno o più creditori rispetto a tutti gli altri, ma di continuare l’attività imprenditoriale, mediante il mancato pagamento di imposte e contributi. Ricostruzione che trovava oggettivo riscontro, da un lato, nel fatto che l’imputato non aveva pagato uno o più determinati creditori, ma gli operai e i fornitori, e, dall’altro, nel fatto che l’omesso pagamento di imposte e contributi si era protratto per svariati anni.
A fronte di tale ricostruzione, l’unico elemento addotto dal ricorrente a sostegno della tesi della bancarotta preferenziale è costituito dalla circostanza che l’imputato aveva aperto personalmente un conto corrente «per svolgere l’attività societaria», «per soddisfare i fornitori e gli operai», «per far sì che l’impresa potesse andare avanti».
Ebbene, si tratta di un elemento che, in realtà, corrobora la ricostruzione dei giudici di merito, secondo i quali la volontà dell’imputato era proprio quella di continuare l’attività imprenditoriale. Ricostruzione che risulta confermata anche dalla circostanza dedotta dal ricorrente, secondo il quale l’imputato aveva aperto un conto corrente per soddisfare fornitori e operai, «per far sì che l’impresa potesse andare avanti»
By Claudio Ramelli© RIPRODUZIONE RISERVATA