Nella frode fiscale il dolo specifico di evasione deve essere sempre provato in giudizio anche se le fatture sono oggettivamente inesistenti.

E’ il principio di diritto enunciato con la sentenza numero 44954/2024 – depositata il 09/12//2024 dalla Corte di cassazione – sezione terza penale (udienza pubblica 17/09/2024), che è tornata ad affrontare il tema della componente psicologica del reato di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, con specifico riferimento all’ipotesi di fatturazione c.d. “a specchio” tra due diversi soggetti fiscali.

Nel caso di specie i giudici del doppio grado di merito, giudicando con il rito abbreviato avevano, concordemente, affermato la penale responsabilità di due imputati dichiarati responsabili dei reati di cui agli artt. 2 e 8 d.lgs. 74/2000 nella loro rispettiva di amministratori di due società i quali avevano emesso ed utilizzato fatture per la conclusione di acquisti e vendite reciproci delle medesime merci i cui costi e ricavi si erano elisi a vicenda.

La tesi difensiva sostenuta senza successo innanzi al Giudice per l’udienza preliminare ed alla Corte territoriale nel corso del giudizio di appello, si fondava sulla denunciata insussistenza del dolo di evasione, tenuto conto che la finalità della fatturazione non era quella di conseguire un illecito risparmio di imposta, insussistente per la reciprocità delle operazioni di fatturazione fiscalmente neutre, ma quella di ottenere anticipi su tali fatture mediante operazioni di sconto bancario del tutto estranea rispetto al dolo di evasione che connota la frode fiscale

La Suprema Corte investita della questione sotto il profilo della carenza di motivazione in ordine alla prova del dolo specifico ha accolto il ricorso, annullando con rinvio la sentenza impugnata per le ragioni che seguono:

“……….Ora, nel caso in esame sono pacifiche sia l’inesistenza oggettiva delle operazioni commerciali sottostanti le fatture oggetto delle contestazioni, relative ai medesimi beni (materiali siderurgici) che le società amministrate dai due ricorrenti hanno acquistato una dall’altra e poi rivenduto a esse medesime (così ponendo in essere operazioni c.d. “a specchio”), sia una delle finalità di tali operazioni, volte a consentire alla [omissis]         che si trovava in una situazione di difficoltà finanziaria, di ottenere delle anticipazioni bancarie mediante sconto delle fatture dalla stessa emesse nei confronti della [omissis].

Quanto all’elemento soggettivo, di cui gli imputati hanno eccepito l’insussistenza, per essere le loro condotte state realizzate solo per la finalità anzidetta e non anche a fine di evasione, tanto che non vi sarebbe stata neppure alcuna evasione di imposta, per la “neutralità” fiscale delle operazioni realizzate, la Corte d’appello di Brescia ne ha ribadito la sussistenza ricordando la compatibilità tra dolo eventuale e dolo specifico (nella specie di evasione), e anche tra quest’ultimo e una finalità ulteriore concorrente (quale quella prospettata dai ricorrenti di  reperimento  di  liquidità  per  la[omissis]escludendo anche la prospettata irrilevanza, sul piano fiscale, delle operazioni in questione, sia perché comunque idonee a porre in pericolo l’interesse finanziario dello Stato, sia perché l’obbligazione Iva avrebbe comunque dovuto essere adempiuta a seguito dell’emissione delle fatture anche se relative a operazioni oggettivamente inesistenti, senza possibilità di compensarla con l’ iva a credito (derivante dalle operazioni reciproche).

La questione, prospettata dai ricorrenti in modo specifico, della insussistenza del dolo di evasione, per l’esistenza di una differente ed esclusiva finalità delle condotte, non è, però, stata adeguatamente  risolta dalla Corte bresciana, che ha, sostanzialmente, desunto  l’esistenza  di  tale  elemento  soggettivo  dalla  sola   realizzazione delle operazioni e dal fatto, sottolineato nella sentenza, che le stesse non possono considerarsi fiscalmente “neutre” come sostenute dagli imputati.

Si tratta, però, di  motivazione insufficiente  a  dare  risposta  alle  specifiche censure mosse dagli imputati, essendo,  sostanzialmente,  rimasto eluso  il tema della  esistenza  del dolo specifico  di evasione  in presenza  di  una  riconosciuta diversa   finalità   delle  condotte   (quella,   ricordata,  di  procurare   liquidità   alla [omissis].

La Corte d’appello, cioè, nonostante le specifiche deduzioni degli imputati, fondate su comprovate risultanze documentali, ritenute anche dai giudici di merito dimostrative di detta finalità ulteriore, si è limitata a desumere la concorrente finalità di evasione dalla realizzazione delle operazioni e dal fatto, oggettivo, che le stesse hanno comunque determinato una evasione d’imposta, senza, però, indicare da quali elementi sia stato ricavato il dolo specifico di evasione.

 Si tratta, però, di motivazione che, tenendo conto di quanto pacificamente emerso circa la finalità delle condotte, non può essere ritenuta sufficiente, non essendo stati indicati gli specifici elementi fattuali, ulteriori rispetto alla sola realizzazione delle condotte e all’esistenza di una evasione d’imposta, dimostrativi del fatto che i ricorrenti hanno consapevolmente preordinato le condotte anche a fini di evasione delle imposte.

La sentenza impugnata deve, pertanto, in accoglimento del primo e del secondo motivo di entrambi i ricorsi, essere annullata, con rinvio ad altra sezione della medesima Corte d’appello di Brescia, affinché verifichi, tenendo conto della peculiarità della vicenda, consistente nella realizzazione di operazioni c.d. “a specchio” (ovvero un “giro di fatture chiuso”, Cass. civ., Sez. 5, n. 12200 del 29/02/ 2008, non mass.), la sussistenza di elementi dimostrativi della finalità di evasione sottostante le condotte contestate a entrambi i ricorsi”.

By Claudio Ramelli© RIPRODUZIONE RISERVATA