Omicidio colposo per il committente privato che affida i lavori ad un artigiano senza verificare la sua iscrizione alla Camera di Commercio, la disponibilità di attrezzature adeguate e dei DPI.
Con la sentenza numero 46718/2024 – depositata il 19/12/2024, la quarta sezione penale della Corte di cassazione, è tornata a pronunciarsi sul perimetro della responsabilità penale del committente privato che affida l’esecuzione di opere ad un lavoratore autonomo, senza verificare – preventivamente – la qualità professionale dell’incaricato, così assumendo su di sé la responsabilità penale (nonché quella civile risarcitoria) in caso di infortunio sul lavoro.
Nel caso in disamina i giudici del doppio grado di merito avevano, concordemente, ritenuto provata la penale responsabilità dell’imputata, proprietaria dell’immobile in corso di ristrutturazione, in ordine al contestato omicidio colposo aggravato.
Secondo quanto è ricavabile dalla lettura della sentenza in commento, l’imputata aveva affidato all’artigiano deceduto a causa delle gravi lesioni riportate dalla caduta da altezza superiore ai due metri, il rifacimento del tetto dell’immobile consentendogli così l’ingresso in cantiere, nonostante fosse privo dei necessari requisiti tecnico-professionali, pacificamente non richiesti dalla committente come emerso nel corso del processo .
Per quanto rileva per la presente nota si segnala che con un motivo di ricorso la difesa ha dedotto vizio di motivazione della sentenza impugnata e violazione degli artt. 40 e 43 cod. pen. per la ritenuta sussistenza, da parte dei giudicanti, del nesso causale tra l’ipotizzata violazione di norme di prevenzione e l’evento avverso.
Secondo la difesa, invero, la circostanza che il lavoratore autonomo non fosse titolare di una impresa artigiana regolarmente iscritta alla Camera di commercio non implicherebbe, da sè sola, che egli non avesse le capacità tecnico-professionali per eseguire i lavori che gli erano stati affidati facendo così venir meno la culpa in eligendo su cui si era fondato l’addebito penale.
La Corte di legittimità ha ritenuto destituita di fondamento la superiore tesi precisando quanto segue in linea con la giurisprudenza di legittimità già sedimentata intorno al tema giuridico della responsabilità del committente privato:
“ ….È coerente con queste premesse che i giudici di merito abbiano ritenuto la responsabilità dell’imputata per violazione dell’art. 90, comma 9, lett. a) d.lgs. n. 81/08 e, quindi, per una “culpa in eligendo” consistita nel non aver verificato l’idoneità tecnico-professionale del [omissis]
Questa disposizione, infatti, è inequivoca nel senso indicato perché, facendo rinvio all’allegato XVII, richiede, oltre alla iscrizione alla Camera di commercio, anche una verifica, almeno documentale, in ordine alla disponibilità di attrezzature idonee allo svolgimento del lavoro ricevuto in appalto e di dispositivi di protezione individuali.
Come si è detto, «nei cantieri la cui entità presunta è inferiore a 200 uomini giorno e i cui lavori non comportano rischi particolari di cui allegato XI», la verifica dell’idoneità tecnico professionale dei lavoratori autonomi può essere realizzata ottenendo «il certificato di iscrizione alla Camera di commercio, industria e artigianato» il «documento unico di regolarità contributiva» e una «autocertificazione in ordine al possesso degli altri requisiti previsti dall’allegato XVII». Nel caso di specie, i lavori affidati in appalto, avendo ad oggetto la realizzazione di un tetto la cui sommità si trovava a tre metri dal solaio. comportavano un rischio di caduta da una altezza superiore a due metri. Si trattava, dunque di lavori rientranti tra quelli previsti nel punto 1 dell’allegato XI al d.lgs. n. 81/08.
Non è controverso, peraltro, che non fosse iscritto alla camera di commercio e neppure la ricorrente sostiene di aver verificato che l’artigiano fosse in possesso di attrezzature idonee allo svolgimento del lavoro ricevuto in appalto e di dispositivi di protezione individuale.
Secondo la difesa, la circostanza che [omissis] non fosse iscritto alla camera di commercio non è sufficiente a farne ritenere la inidoneità tecnico-professionale atteso che, come emerso in giudizio, si trattava di un artigiano qualificato ed esperto.
L’argomento non ha pregio.
L’art. 90, comma 9, lett. a) d.lgs. n.81/08 impone ai committenti particolare diligenza nella scelta dei soggetti ai quali appaltare lavori e indica, quale cautela minima obbligatoria, proprio quella di verificare l’iscrizione alla C.C.I.A. che, nel caso di specie, era mancante. A questo accertamento preliminare si accompagna la verifica (eventualmente anche mediante autocertificazione) della disponibilità di attrezzature adeguate a fini di prevenzione e, quando ciò non avviene, il committente «assume su di sé tutti gli obblighi in materia di sicurezza» (Sez. 4, n. 26335 del 21/04/ 2021, già citata).
A ciò deve aggiungersi che i testimoni citati dalla difesa nell’atto di ricorso, hanno riferito della competenza del [omissis]nella lavorazione del legno, ma nulla hanno potuto riferire sul fatto che egli avesse disponibilità di attrezzature idonee alla realizzazione della copertura di un tetto né sul fatto che, nell’esecuzione di questo lavoro, egli fosse in grado di rispettare le norme in materia di prevenzione infortuni. La difesa, inoltre, non ha neppure provato a sostenere che la committente (direttamente, o tramite il marito) abbia operato verifiche o formulato raccomandazioni in tal senso.
Il rischio concretizzatosi, dunque, è esattamente quello che la norma cautelare violata mira ad evitare. L’art. 90, comma 9, d.lgs. n. 81/08, infatti, vieta di affidare l’esecuzione di opere a lavoratori autonomi – ancorché competenti, abili ed esperti del proprio lavoro – se gli stessi non sono in grado di documentare nelle forme di legge la possibilità di eseguire quelle opere in condizioni di sicurezza e in questo senso deve essere interpretata la verifica della idoneità tecnico-professionale che il legislatore richiede al committente.
Com’è evidente, se questa norma fosse stata rispettata [omissis]non avrebbe potuto ricevere l’incarico di posare in opera la copertura del tetto e l’evento non si sarebbe verificato”.
Per eventuali approfondimenti sulla responsabilità penale del committente privato si segnalano i seguenti contributi:
By Claudio Ramelli© RIPRODUZIONE RISERVATA