Non ricorre l’aggravante della minorata difesa se il venditore di auto pubblicizzate on-line si rende identificabile.
E’ il principio di diritto enunciato dalla quinta sezione penale della Cassazione con la sentenza numero 2818/2025 (udienza 15.01.2025 – data di deposito 23/01/2025), tornata a pronunciarsi sulle condizioni che devono ricorrere affinché il delitto di truffa realizzato con mezzi telematici di comunicazione a distanza possa essere qualificato come aggravato per la minorata difesa del consumatore.
Nel caso di specie i giudici del doppio grado di merito avevano, concordemente condannato l’imputato per il reato punito dall’art. 640, secondo comma, n. 2, in relazione all’art. 62, primo comma, n.5, cod. pen ritenendo provata la consumazione della truffa aggravata dall’approfittamento di circostanze tali da ostacolare la privata difesa.
Secondo la contestazione del PM poi validata in sede processuale, il delitto contro il patrimonio – aggravato – era stato ritenuto commesso dall’imputato in relazione alla vendita di un’auto pubblicizzata on -line, nonostante l’imputato non avesse schermato la propria identità dietro lo strumento telematico, presentandosi all’acquirente con il proprio nome, fornendo il proprio numero di telefono e di conto corrente, indicando, altresì, in modo veritiero, gli estremi dell’impresa individuale di cui era titolare.
Per quanto rileva per la presente nota si segnala che secondo la difesa del ricorrente, articolata in via subordinata rispetto alla richiesta principale di assoluzione, doveva comunque essere esclusa la circostanza aggravante della minorata difesa in quanto, l’imputato, oltre a rendere riconoscibile la propria identità e quella dell’impresa commerciale da lui rappresentata, aveva manifestato la sua disponibilità a far visionare l’autovettura all’acquirente prima dell’acquisto.
Conseguentemente era la persona offesa a non avere approfitto della disponibilità dimostrata esclusivamente per sua scelta personale dalla quale non potevano derivare le conseguenze penali ritenute ed affermate dai giudici del merito
La Suprema Corte ha accolto il ricorso limitatamente all’eccepita insussistenza dell’aggravante, dando continuità a principi statuiti con precedenti arresti giurisprudenziali, puntualmente richiamati nel segmento di motivazione di seguito riportata:
“……La soluzione adottata dalla Corte bresciana in relazione all’applicazione della circostanza aggravante della ‘minorata difesa’ (art. 61 n. 5 in collegamento con l’art. 640, secondo comma, n. 2 bis, cod. pen.) appare infatti semplicistica, laddove individua nel mero svolgimento delle trattative per via telematica e telefonica l’indice di meritevolezza dell’aggravamento sanzionatorio della truffa nella vendita del veicolo. Come noto, il ricorso all’interpretazione sistematica delle due norme citate aveva costituito lo strumento giurisprudenziale attraverso il quale si era inteso assicurare tutela a forme di commercio ‘dematerializzato’ sempre più diffuse, ma inevitabilmente insidiose, in quanto tendenzialmente preclusive della preliminare visione diretta del bene compravenduto e del contatto diretto con il venditore.
Pur nella varietà di casi esaminati, la giurisprudenza aveva avvertito come fosse da evitare “la generalizzazione della ricorrenza dell’aggravante in tutti i casi di truffe on fine, generalizzazione per la quale si finirebbe, in realtà, per attribuire carattere “circostanziato” ad una delle possibili modalità della condotta di truffa; si richiede sempre la prova del concreto e consapevole approfittamento, da parte del colpevole, delle opportunità decettive offerte dalla rete, non potendosi escludere che nel singolo caso la truffa sia realizzata bensì con lo strumento on fine, ma senza che ciò comporti una rea le, specifica situazione di vantaggio per l’autore” (Sez. 2, n. 40045 del 17/07/ 2018, Onnis, Rv. 273900 – 01).
A ribadire la necessità dello scrutinio caso per caso, in una vicenda simile a quella oggetto dell’odierno processo, questa stessa Sezione aveva ribadito che è configurabile l’aggravante della minorata difesa, con riferimento all’approfittamento delle condizioni di luogo, solo quando l’autore abbia tratto, consapevolmente e in concreto, specifici vantaggi dall’utilizzazione dello strumentodella rete, negando la ricorrenza dell’aggravante in concreto, avendo rilevato che l’imputato aveva fornito la propria reale identità e che la vettura offerta in vendita era esistente e visionabile in un salone, pur appositamente allestito per la perpetrazione delle truffe (Sez. 2, n. 28070 del 08/04/ 2021, P.M. in proc. Poropat, Rv. 281800 – 01).
Pertanto, si può concludere che una valutazione in corpore vili della maggiore pericolosità della condotta, anonimizzata dal ricorso al moderno mercato virtuale, sia comunque necessaria. Tale conclusione trova ora conferma dall’aggiunta del n. 2-ter al secondo comma dell’art. 640 cod. pen., ad opera dell’art. 16, comma 1, lettera t) della L. 28 giugno 2024, n. 90 (in materia di rafforzamento della cybersicurezza nazionale e di reati informatici). Detta disposizione, attraverso l’esplicito riferimento all’uso di “strumenti informatici o telematici (e quindi non telefonici, n.d.r.) idonei a ostacolare la propria o altrui identificazione”, delimita nettamente il perimetro della aggravante, escludendo implicitamente che laddove vi siano contatti ‘reali’ (cioè telefonici) o trasparenza di informazioni (fornendo i propri dati identificativi) vi possa essere la minorata difesa.
La sentenza impugnata, in relazione all’aggravante, non dimostra di aver prestato adeguata attenzione a tali aspetti ed in particolare alla giurisprudenza sopra illustrata, al punto di giungere alla controintuitiva parificazione dei contatti online (usualmente anonimi o difficilmente tracciabili) a quelli telefonici (generalmente tracciabili e, nel caso concreto, effettuati da utenza riferibile all’imputato) ed ignorando che la persona offesa, pur ingannata dall’esibizione di documentazione in copia, aveva effettivamente, seppur dopo l’effettuazione dei bonifici, contattato ed incontrato il proprietario della vettura, visionando anche la stessa, indice quanto meno della esistenza del bene e della mancata predisposizione, ad opera del [omissis] di accorgimenti atti a sviare eventuali ricerche e celare la propria identificabilità, circostanza, quest’ultima, confermata altresì dalla indicazione di dati reali (nome, attività, conto corrente) al potenziale acquirente”.
Per approfondimenti sulla truffa on line si segnalano i precedenti arresti giurisprudenziali commentati:
Claudio Ramelli © RIPRODUZIONE RISERVATA.