E’ legittimo il sequestro preventivo del patrimonio personale del commercialista che opera le indebite compensazioni per i propri clienti

E’ il principio di diritto ribadito dalla sezione terza penale della Corte di Cassazione con  la sentenza numero 1220/2025 (udienza 29.10.2024 – data di deposito 13.01.2025) che si è pronunciata sulla questione giuridica della possibilità (o meno) di disporre la confisca del patrimonio del consulente fiscale condannato  – in concorso con i propri clienti – per il delitto tributario di indebita compensazione.

Nel caso di specie i giudici del doppio grado di merito avevano, concordemente, affermato la penale responsabilità dell’imputata perché ritenuta responsabile di diciotto violazioni del reato di cui all’art. 10-quater D.Lgs. n. 74-2000 avendo costei, quale ragioniere con compiti di consulenza fiscale e tenu,ta delle scritture contabili, non versato le somme dovute, utilizzando in compensazione crediti inesistenti (con codice tributi 6700 “credito d’imposta, incentivi per le medie e piccole imprese” e-o codice tributo 2300 “IRES saldo”), per ammontare superiori alla soglia di punibilità, in concorso con i legali rappresentanti delle società tenute al versamento delle imposte.

Oltre alla comminata pena detentiva, nei confronti dell’imputata (e degli altri coimputati condannati) era stata disposta la confisca per equivalente per un importo superiore ai 2 milioni di euro pari al valore dei crediti inesistenti utilizzati dai contribuenti per sottrarsi agli obblighi fiscali verso l’Erario.

Per quanto di interesse per la presente nota si segnala che con un motivo di ricorso per cassazione la difesa aveva eccepito vizio di legge e carenza di motivazione della sentenza impugnata nella parte in cui non aveva valorizzato la  mancata dimostrazione nel corso del processo del profitto individuale ottenuto dalla  ricorrente, nonostante la questione fosse stata  specificamente dedotta ed eccepita con l’atto di appello.

Conseguentemente, ad avviso della difesa, in mancanza della  dimostrazione del profitto personale conseguito dalla professionista, la confisca non era giustificata ed il relativo capo di sentenza doveva essere annullato.

La Corte di legittimità ha disatteso la superiore tesi difensiva per le ragioni indicate nel segmento di motivazione di seguito riprodotta:

In via preliminare, occorre richiamare l’affermazione costante di questa Corte (cfr. Sez. 4, n. 42195. del 21-09-2023, Rv. 285226 e Sez. 3, n. 57 del 27-09-2018, dep. 2019, Rv. 275474 e Sez. 3, n. 19994 del 21-09-2011, dep. 2017, Rv. 269763), secondo cui, in tema di reati tributari, ai fini del sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente (e dunque anche della confisca ex art. 12 bis del D.Lgs. n. 74 del 2000), costituisce profitto del reato il risparmio di spesa o l’incremento patrimoniale concreto per il contribuente, determinati da qualsiasi artificiosa alterazione unilaterale dell’obbligazione tributaria che, fuori dei casi previsti dalla legge, comporti la sottrazione degli importi evasi alla destinazione fiscale, senza che rilevi che l’imposta evasa sia stata in concreto non pagata o indebitamente portata a credito dal contribuente.

E, dunque, se nei reati tributari il profitto del reato si identifica rei c.d. risparmio di spesa, nella fattispecie in esame esso coincide con il totale dell’importo portato a compensazione, ossia con il 100% del debito, proprio perché il credito è inesistente: con la compensazione, cioè, l’agente ottiene un beneficio, il risparmio totale di spesa, utilizzando crediti inesistenti.

Coerentemente, è stato affermato che, in tema di omesso versamento tramite indebita compensazione di crediti non spettanti o inesistenti, di cui all’art. 10-quater, D.Lgs. n. 74 del 2000, è legittimo il sequestro preventivo, finalizzato alla confisca per equivalente, dell’importo corrispondente all’imposta evasa nella sua totalità e non alla sola parte che eccede la soglia di punibilità prevista dalla legge, in quanto il profitto del reato si identifica nell’intero ammontare del tributo non versato (Sez. 6, n. 6705 del 16-12-2014, dep. 201S, Rv. 262394 -01).

Nella fattispecie, la ricorrente è stata ritenuta responsabile, in concorso, delle fattispecie di reato ex art. 10-quater D.Lgs. n. 74-2000 come individuate dalla Corte di merito, per aver predisposto dichiarazioni fiscali, utilizzando in compensazione crediti inesistenti, con corrispondente quantificazione del profitto dei reati accertati cui è stato parametrato l’importo della confisca.

E, al conseguimento del profitto, non può ritenersi estranea la ricorrente, dal momento che il concorso di persone nel reato implica l’imputazione del ‘intera azione delittuosa e dell’effetto conseguente in capo a ciascun concorrente e il sequestro non è collegato all’arricchimento personale di ciascuno dei correi, bensì alla corresponsabilità di tutti nella commissione dell’illecito (Sez. 3, In. 1999 del 14-11-2017, dep. 2018, Addonizio, Rv. 272713 -01, cit.; Sez. 3, n. 24967 del 14-05-2015, Taurino, fattispecie quest’ultima relativa ad un professionista ritenuto concorrente, a titolo di istigazione, delle violazioni tributarie imputabili al contribuente nell’interesse del quale espletava gli adempimenti fiscali)”.

By Claudio Ramelli© RIPRODUZIONE RISERVATA