Reati tributari: il delitto punito dall’art.11 d.lgs. n.74/2000 si applica anche al sostituto di imposta.
E’ questo il principio di diritto fissato dalla sezione terza penale della Corte di cassazione con la sentenza numero 834/2025 (udienza 12.11.2024 – data di deposito 09/01/2025), che si è pronunciata sull’interessante questione giuridica del novero dei soggetti attivi del reato fiscale di sottrazione fraudolenta dal pagamento delle imposte, rispondendo negativamente alla doglianza difensiva tesa a circoscrivere il raggio applicativo della norma incriminatrice al solo contribuente, ritenendola inapplicabile al sostituto di imposta.
Secondo l’incolpazione provvisoria riportata nel decreto di sequestro preventivo eseguito su beni della società e su quelli personali degli indagati – poi confermato dal locale Tribunale della cautela reale a seguito della richiesta di riesame, il reato previsto e punito dall’art. 11 d.lgs. del d.lgs. n.74/2000 risultava consumato per mezzo di simulate cessioni di rami di azienda realizzate da parte di due società al solo fine di eludere la riscossione coattiva del credito da parte dell’Agenzia delle Entrate sottraendosi così al pagamento di euro 1.668.202,08 per ritenute di acconto non versate dagli Enti che avevano operato quali sostituti di imposta.
La difesa delle società interponeva ricorso per cassazione conto l’ordinanza di rigetto del riesame resa dal locale Tribunale cautelare deducendo vizio di legge per l’erronea individuazione del soggetto attivo del reato e della natura del debito che viene in considerazione.
Invero, secondo le ricorrenti, il delitto in parola può essere commesso solo dal “contribuente” che si sottragga al suo dovere di concorrere alle spese pubbliche e tale nozione va intesa in senso stretto, riferito solo a colui che abbia realizzato il presupposto d’imposta, sicché il delitto in questione non può essere commesso dal sostituto d’imposta come nel caso di specie in cui viene in rilievo un debito per ritenute fiscali asseritamente operate e non versate, il cui autore è il sostituto d’imposta, giammai il contribuente.
La Corte di legittimità ha ritenuto destituita di fondamento superiore tesi difensiva, per le ragioni nel segmento della parte motiva della sentenza in commento di seguito riprodotto:
“Nessuna censura può altresì essere mossa al provvedimento impugnato nella parte in cui ritiene il fumus del delitto di cui all’art. 11 d.lgs. n. 74 del 2000 con riferimento all’individuazione del soggetto attivo del reato e della natura del debito, che nel secondo motivo di entrambi i ricorsi si assume che possa essere commesso solo dal “contribuente” che si sottragga al suo dovere di concorrere alle spese pubbliche.
II Tribunale, nel confutare i rilievi difensivi, ha richiamato il disposto normativo dell’abrogato art. 97, comma sesto, d.P.R. n. 601 del 1973 e la circostanza che con il nuovo art. 11 d.lgs. n. 74 del 2000, che lo ha sostituto, è venuto meno il riferimento alla figura soggettiva del “contribuente”. E’ questo un rilievo che non si presta a censure: nell’attuale disposizione normativa il riferimento, in punto di autore della condotta, a “chiunque”, porta a ritenere che il delitto non sia limitato a una categoria ristretta di autori, con conseguente esclusione dal novero degli stessi dei sostituti di imposta, per includervi solo i contribuenti, previsti dalla disposizione abrogata, ma sia riferibile tanto agli uni quanto agli altri.
Né ha rilievo la circostanza – dedotta dalla difesa – che la norma di cui all’art. 11 d.lgs. n. 74 del 2000 si riferisse, all’atto della sua entrata in vigore, ai contribuenti, in continuità con la precedente disposizione normativa, e non potesse estendersi anche ai sostituti di imposta, in ragione del fatto che l’art. 10-bis d.lgs. n. 74 del 2000, ossia la disposizione legislativa che disciplina la fattispecie dell’omesso versamento di ritenute dovute o certificate (contestata al capo A dell’imputazione provvisoria e costituente il debito tributario gravante sulla omissis S.r.l.) è stata introdotta solo successivamente: è questa una tesi che prova troppo e non tiene conto della normale evoluzione dei testi normativi, le cui disposizioni mutano nel tempo, con modificazioni, sostituzioni, interpolazioni che implementano il testo, adeguandolo, se non adattandolo alle realtà che cambiano, ragion per cui, laddove venga inserita una nuova fattispecie, prima non prevista, essa andrà applicata e, prim’ancora, interpretata in linea con tutte le altre disposizioni normative, preesistenti ma anche successive, senza esclusioni o limitazioni di sorta, sol perché inserita in un secondo momento”.
Claudio Ramelli© RIPRODUZIONE RISERVATA