Esclusa la bancarotta fraudolenta documentale se la tenuta della contabilità viene regolarizzata prima del fallimento e non è di ostacolo alla ricostruzione del patrimonio della società.

E’ il principio di diritto affermato con la sentenza numero 4554/2025 (udienza 06.12.2024 – data di deposito 04.02.2025) resa dalla Corte di cassazione – sezione quinta penale, che è tornata a definire gli elementi costituitivi della bancarotta fraudolenta documentale cosiddetta “generica” che ricorre quando viene accertata in sede processuale la irregolare  tenuta della contabilità dell’impresa in guisa da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio o del movimento degli affari dell’Ente.

Nel caso di specie i giudici del doppio grado di merito avevano, concordemente, affermato la penale responsabilità dell’amministratore della società fallita condannandolo alla pena di anni due di reclusione per il reato previsto e punito dall’art.216, comma 1, n.2 legge fallimentare.

Secondo il giudizio conforme espresso dai Collegi di primo grado e di appello, l’imputato, seppure  a conoscenza del guasto informatico al sistema di tenuta della contabilità, non era intervenuto tempestivamente per garantire una corretta gestione e controllo del patrimonio sociale proseguendo nell’attività di impresa senza adottare un sistema alternativo della contabilità ordinaria così determinando le condizioni per un aggravamento del dissesto della società.

La difesa del ricorrente aveva dedotto, tra i vari motivi di doglianza, il vizio di legge e di carenza di motivazione in ordine alla mancanza degli elementi costitutivi richiesti dalla norma incriminatrice, sia perché la regolarizzazione della contabilità era intervenuta prima della sentenza dichiarativa di fallimento non impedendo alla curatela di ricostruire i movimenti contabili dell’impresa, sia perché, comunque, l’erronea tenuta della contabilità  – poi emendata prima del fallimento – non era ascrivibile ad una condotta cosciente e volontaria dell’imputato tale da integrare il dolo generico richiesto dalla norma incriminatrice.

La Suprema Corte, facendo applicazione di principi già elaborati nella giurisprudenza di legittimità, ha ritenuto fondate le superiori doglianze annullando con rinvio la sentenza impugnata per le ragioni che seguono:

  1. Il bene giuridico protetto dall’art. 216 comma 1, n.2, seconda parte L.F.

[…La norma incriminatrice di cui all’art. 216, comma 1, n. 2, legge fallimentare, come da tempo affermato da questa Corte, tende  a tutelare l’agevole svolgimento delle operazioni della curatela; la disposizione circoscrive nel perimetro della rilevanza penale ogni manipolazione documentale che impedisca o intralci una facile ricostruzione del patrimonio del fallito o del movimento dei suoi affari da parte del curatore  in aderenza al dato testuale della norma che richiede che le scritture siano  state tenute in guisa da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio o del movimento degli affari.

Il requisito dell’impedimento della ricostruzione del volume degli affari o del patrimonio del fallito, del tutto estraneo al fatto tipico descritto dall’art. 217, comma secondo, legge fallimentare, costituisce la peculiare modalità che connota la condotta della fattispecie di bancarotta fraudolenta documentale di cui all’art. 216, comma 1, n. 2, seconda parte, legge fallimentare ( Sez. 5, n. 47683 del 04/10/2016, Rv. 268503 – 01;.Sez. 5, n. 11390 del 09/12/ 2020, dep. 24/03/ 2021, Cammarota Mauro Nicola, Rv. 280729; Sez. 5, n. 32051 del 24/06/2014, Corasaniti, Rv. 260774; Sez. 5, n. 5264 del 17/12/2013, dep. 03/02/ 2014, Manfredini, Rv. 258881; Sez. 5, n. 48523 del 06/10/2011, Barbieri, Rv. 251709; sez. 5, n. 26907 del 07/06/2006, Catalano e altri, Rv. 235006).

Il bene protetto dalla norma incriminatrice della bancarotta fraudolenta documentale è l’interesse dei creditori alla conoscenza del patrimonio dell’imprenditore destinato a soddisfare le loro ragioni, che viene leso dalla tenuta della contabilità in modo da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio o da renderla difficile; la giurisprudenza di questa Corte è consolidata nell’affermare che la ricostruzione “aliunde” della documentazione non esclude la bancarotta fraudolenta documentale, atteso che la necessità di acquisire presso terzi la documentazione costituisce la riprova che la tenuta dei libri e delle altre scritture contabili era tale da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio o del movimento di affari della società (Sez. 5, n. 2809 del 12/11/2014, dep. 2015, Ronchese, Rv. 262588; Sez. 5, n. 5503 del 15/11/1999, dep. 2000, D’Andria, Rv. 215255). Poiché nel delitto di bancarotta fraudolenta documentale l’interesse tutelato non è circoscritto ad una mera informazione sulle vicende patrimoniali e contabili della impresa, ma concerne una loro conoscenza documentata e giuridicamente utile, il delitto sussiste, non solo quando la ricostruzione del patrimonio e del movimento degli affari del fallito si renda impossibile per il modo in cui le scritture contabili sono state tenute, ma anche quando gli accertamenti, da parte degli organi fallimentari, siano stati ostacolati da difficoltà superabili solo con particolare diligenza (Sez. 5, n. 45174 del 22/05/2015, Faragona e altro, Rv. 265682; Sez. 5, n. 21588 del 19/04/2010, Suardi, Rv. 247965;  Sez. 5, n. 24333 del 18/05/2005,Mattia, Rv. 232212; Sez. 5, n. 10423 del 22/05/2000, Piana, Rv. 218383), come nel caso in cui per la ricostruzione sia stato necessario fare capo a fonti di documentazione esterne ed ad appunti del fallito, che avrebbero dovuto restare clandestini (Sez. 5, n. 10423 del 22/05/2000,  Piana,  Rv.  218383).

 

  1. L’applicazione dei superiori principi di diritto al caso di specie.

Tanto premesso, nel caso in esame, la motivazione della sentenza impugnata non sfugge alle censure difensive in quanto non risultano evidenziati elementi sulla impossibilità o anche mera difficoltà, del curatore di procedere ad una ricostruzione la ricostruzione del patrimonio e del movimento degli affari della società, sì da integrare l’offesa al bene giuridico protetto, tanto più considerato che un’approvazione dei bilanci, per il periodo 2005-2009 risulta intervenuta e che non risultano evidenziati, rispetto ad essi, profili di false attestazioni; la sentenza impugnata, come del resto la sentenza di primo grado, ha messo in evidenza come dal comportamento del ricorrente,  consistito  in  una  tardiva  approvazione  del  bilancio  per l’anno 2005 e nel ritardare iniziative utili a garantire un immediata soluzione dei problemi di tenuta della contabilità connessi al guasto del sistema informatico, sia derivata piuttosto la difficoltà di prendere immediata contezza della situazione di grave crisi finanziaria nella quale la società versava.].

 

  1. I riflessi sulla componente psicologica del reato nel caso esaminato.

[…..Inoltre, con riferimento alla doglianza espressa con terzo motivo di ricorso, deve rilevarsi che, pur non essendo la fattispecie di bancarotta fraudolenta documentale “generica” un reato di evento, nel senso che l’impedimento nella ricostruzione del volume degli affari o del patrimonio del fallito non rappresenta affatto l’evento del reato, è evidente che tale situazione di impossibilità o estrema difficoltà ricostruttiva costituisce una peculiare modalità della condotta che interagisce anche sull’elemento psicologico del dolo, nella declinazione incontrastata del dolo generico, dovendo la condotta essere sorretta dalla coscienza e volontà della irregolare tenuta delle scritture “con la logica ed immanente consapevolezza che ciò renda impossibile la ricostruzione delle vicende del patrimonio dell’imprenditore, e non anche la volontà dell’effetto di rendere impossibile la ricostruzione del patrimonio e del movimento degli affari” (Sez. 5, n. 6769 del 18/10/2005, dep. 23/02/2006, Dalceggio, Rv. 233997)”.

Claudio Ramelli© RIPRODUZIONE RISERVATA