Reati tributari: il giudice che applica la pena “patteggiata” deve sempre disporre la confisca del profitto corrispondente all’illecito risparmio di imposta.
E’ il principio di diritto ribadito dalla sezione terza penale della Corte di Cassazione con la sentenza numero 5167/2025 (udienza 20.11.2024 – data di deposito 10.02.2025) chiamata nuovamente a pronunciarsi sulla confisca nei reati tributari prevista dall’art. 12 bis d.lgs. n.74 della quale è necessario tenere conto quando si ritiene di definire il giudizio penale allo stato degli atti con richiesta di applicazione della pena ex art. 444 e segg. c.p.p.
Nel caso di specie il Giudice per le indagini preliminari aveva condannato l’imputato alla pena di anni uno e mesi sei di reclusione, in quanto ritenuto colpevole dei reati di cui all’art. 2 d.lgs. n. 74/2000, poiché, in qualità di legale rappresentante della [omissis s.r.l.], al fine di evadere le imposte sui redditi e sul valore aggiunto, indicava elementi passivi fittizi avvalendosi di fatture relative ad operazioni inesistenti per gli anni di imposta 2017 e 2018, applicando le pene accessorie di legge e concedendo il beneficio della sospensione condizionale della pena.
Il G.I.P. nulla disponeva in ordine alla confisca che, evidentemente, non aveva formato oggetto dell’accordo intercorso tra difesa e PM, poi sottoposto al giudice in sede di udienza preliminare.
Contro la sentenza di applicazione pena ricorreva per cassazione il Procuratore Generale della Repubblica presso la Corte territoriale, deducendo violazione di legge ai sensi dell’art. 606, lettera b), cod. proc. pen., in relazione all’art. 12-bis d.lgs. n. 74/2000, avendo il G.l.P. omesso di disporre la confisca – obbligatoria – del profitto del reato, in riferimento all’IVA oggetto di frode per le due annualità contestate.
La Corte di legittimità ha accolto il ricorso del PG ed annullato la sentenza impugnata demandando al giudice del rinvio la pronuncia in ordine alla quantificazione della misura ablatoria ed alle modalità di esecuzione diretta (sul patrimonio dell’Ente) ed in caso di incapienza su quello personale dell’imputato nelle forme per equivalente.
Di seguito si riporta il segmento di motivazione di interesse per la presente nota:
“Quanto al motivo di impugnazione, il Tribunale di Bergamo ha ritenuto la responsabilità di [omissis] ma ha omesso di disporre la confisca, diretta o per equivalente, dei beni che costituiscono il profitto o il prezzo dei delitti accertati che deve essere sempre disposta nel caso di condanna o di sentenza di applicazione concordata della pena ai sensi dell’art. 12-bis, comma 2, d.lgs. n. 74 del 2000 (introdotto dal d.lgs. 24 settembre 2015, n. 158).
In relazione ai reati accertati dal Tribunale di Bergamo con la sentenza impugnata doveva essere disposta, a norma dell’art. 12-bis d.lgs. n. 74/2000, la confisca, anche nella forma per equivalente, dei beni che costituirono il profitto o il prezzo dei delitti accertati o, comunque, sarebbe stato necessario motivare in ordine alla concreta insussistenza dei relativi presupposti che, per quanto detto, sembrano invece emergere dall’accertamento compiuto
Del resto, secondo il consolidato indirizzo di questa Corte, in tema di confisca per equivalente, il giudice della cognizione, nei limiti del valore corrispondente al profitto del reato, può emettere il provvedimento ablatorio anche in mancanza di un precedente provvedimento cautelare di sequestro e senza necessità della individuazione specifica dei beni da apprendere (Sez. 3, n. 14969 del 30/01/2023, Maffeo; Sez. 5, n. 9738 del 02/12/2014, dep. 2015, Giallombardo, Rv. 262893; Sez. 3, n. 20776 del 06/03/2014, Hong, Rv. 259661)”.
Sulla stessa linea interpretativa si segnala un precedente arresto giurisprudenziale annotato: https://studiolegaleramelli.it/2020/04/07/omessa-dichiarazione-delle-imposte-e-sentenza-di-patteggiamento-e-obbligatoria-la-confisca-del-profitto-del-reato-tributario-quando-il-processo-viene-definito-ex-art-444-e-segg-c-p-p/
Claudio Ramelli© RIPRODUZIONE RISERVATA