Frode carosello e processo fiscale: la Cassazione mette i paletti all’estensione della valenza probatoria della decisione assolutoria del giudice penale sui medesimi fatti esaminati dal giudice tributario.

La Corte di cassazione – sezione tributaria con la sentenza numero 32/2025, pubblicata il 14.02.2025, ha affrontato nuovamente la ricorrente questione giuridica della rilevanza che assume nell’ambito del giudizio tributario a carico del contribuente la sentenza assolutoria pronunciata in sede penale a favore dell’imputato per i medesimi fatti integranti fattispecie incriminatrici previste e punite dal d.lgs. n.74/2000, affrontando anche il tema dell’incidenza che ha assunto l’introduzione dell’art.21 bis d.lgs. n.74/2000.

 

Il doppio grado del processo tributario.

Nel caso di specie la società contribuente impugnava l’avviso di accertamento emesso dall’Agenzia delle entrate per l’anno d’imposta 2015 per Ires, Iva e Irap in relazione alla contabilizzazione di fatture per operazioni oggettivamente inesistenti per gli acquisti da quattro fornitori, nonché per aver dedotto costi non di competenza in quanto relativi a prestazioni svolte nell’anno 2014.

Il ricorso veniva parzialmente accolto dalla Commissione tributaria (CTP) di Lecce limitatamente alle prestazioni fornite da [omissis] e ai costi indeducibili perché non di competenza e rigettato per il resto.

La Corte di giustizia tributaria di secondo grado (CGT2), riformava la decisione di primo grado e annullava, nella sua integrità, l’avviso di accertamento, rilevando che il Tribunale monocratico per i medesimi fatti ascritti al legale rappresentante dell’impresa per frode fiscale contestata in riferimento ad una frode carosello,  lo  aveva assolto con la formula “perché il fatto non sussiste”, e che condivideva “in ogni sua parte, esclusa nessuna, la decisione emessa dal giudice penale anche ai fini fiscali”.

 

Il ricorso per cassazione dell’Agenzia delle Entrate.

L’Agenzia delle Entrate proponeva ricorso per cassazione contro la sentenza di appello e, per quanto di interesse per la presente nota, articolava un motivo di impugnazione denunciando, ai sensi dell’art. 360 n. 3 cod. proc. civ., violazione degli artt. 2697 cod. civ., 109 tuir e 19 d.P.R. n. 633 del 1972, per avere, la CGT2, valorizzato esclusivamente il contenuto della sentenza penale ai fini della decisione, la quale, tra l’altro, aveva dato particolare rilievo alla consulenza tecnica, atto, in sé, neppure di diretta valenza probatoria, omettendo di considerare la pluralità di elementi addotti dall’Ufficio sull’inesistenza oggettiva delle prestazioni.

La Suprema corte ha accolto il ricorso dell’A.D.E. annullando con rinvio la sentenza impugnata ricordando da un lato principi già elaborati e dall’altro enunciandone uno nuovo in riferimento alla recente introduzione dell’art.21 bis d.lgs.n.74/2000, come indicato nei segmenti della parte motiva di seguito riportati:

  1. L’efficacia non vincolante della decisione del giudice penale nel processo tributario secondo la giurisprudenza di legittimità formatasi prima del d.lgs. n. 87/2024.
  2. Secondo la consolidata e costante giurisprudenza di questa Corte, la sentenza penale, anche irrevocabile e ancorché con la formula “il fatto non sussiste”, non è idonea, in forza del disposto di cui all’art. 654 cod. proc. pen., ad esplicare alcun effetto vincolante nell’alveo del processo tributario, assumendo – per il principio della circolazione dei mezzi di prova – un rilievo solo quale elemento di prova, soggetto all’autonoma valutazione del giudice tributario.

In particolare, in tema di operazioni inesistenti incluse in una frode carosello – com’è quella all’origine della vicenda – si è chiarito che il giudice tributario, nel verificare se il contribuente sia consapevole del coinvolgimento in una operazione finalizzata all’evasione di imposta, non può riferirsi alle sole risultanze del processo penale, ancorché riguardanti i medesimi fatti, ma deve, nell’esercizio dei suoi poteri, valutare tali circostanze sulla base del complessivo materiale probatorio acquisito nel giudizio tributario, non potendo attribuirsi alla sentenza penale irrevocabile su reati tributari alcuna automatica autorità di cosa giudicata, attesa l’autonomia dei due giudizi e la diversità dei mezzi di prova acquisibili e dei criteri di valutazione (Cass. n. 27814 del 4/12/2020, Cass. n. 6532 del 9/03/2020).

Non solo: anche la sentenza penale irrevocabile di assoluzione dal reato tributario, emessa con la formula “perché il fatto non sussiste”, non assume efficacia di giudicato nel processo tributario, anche quando i fatti accertati in sede penale siano gli stessi per i quali l’Amministrazione finanziaria ha promosso l’accertamento nei confronti del contribuente, ma può essere presa in considerazione come possibile fonte di prova dal giudice tributario, il quale, nell’esercizio dei propri poteri di valutazione, deve verificarne la rilevanza nell’ambito specifico in cui detta decisione è destinata ad operare (Cass. n. 6918 del 20/03/2013; Cass. n. 2938 del 13/02/2015; Cass. n. 10578 del 22/05/2015; Cass. n. 17258 del 27/06/2019; Cass. n. 4645 del 21/02/2020)”.

 

  1. Le ricadute del giudicato penale sul giudizio tributario ai sensi dell’art. 21-bis d.lgs. n. 74 del 2000, introdotto dall’art. 1, comma 1, lett. m), d.lgs. 14 giugno 2024, n. 87.

In riferimento poi alla questione giuridica affrontata dalla Suprema corte riferita all’incidenza della d.lgs. 14 giugno 2024, n. 87 che ha introdotto l’art. 21-bis d.lgs. n. 74 del 2000 così formulato:

«Art. 21-bis (Efficacia delle sentenze penali nel processo tributario e nel processo di Cassazione). –

  1. La sentenza irrevocabile di assoluzione perché il fatto non sussiste o l’imputato non lo ha commesso, pronunciata in seguito a dibattimento nei confronti del medesimo soggetto e sugli stessi fatti materiali oggetto di valutazione nel processo tributario, ha, in questo, efficacia di giudicato, in ogni stato e grado, quanto ai fatti medesimi.
  2. La sentenza penale irrevocabile di cui al comma 1 può essere depositata anche nel giudizio di Cassazione fino a quindici giorni prima dell’udienza o dell’adunanza in camera di consiglio.
  3. Le disposizioni dei commi 1 e 2 si applicano, limitatamente alleipotesi di sentenza di assoluzione perché il fatto non sussiste, anche nei confronti della persona fisica nell’interesse della quale ha agito il dipendente, il rappresentante legale o negoziale, ovvero nei confronti dell’ente e società, con o senza personalità giuridica, nell’interesse dei quali ha agito il rappresentante o l’amministratore anche di fatto, nonché nei confronti dei loro soci o associati.» la corte di legittimità ha fissato il principio di diritto che segue, del quale l’interprete dovrà tenere conto nella predisposizione delle difese da svolgere nella competente sede tributaria processuale:

«L’art. 21-bis d.lgs. n. 74 del 2000, introdotto con l’art. 1, d.lgs. n.87 del 2024, poi recepito nell’art. 119 T.U. della giustizia tributaria, in base al quale la sentenza penale dibattimentale di assoluzione, con le formule perché il fatto non sussiste o per non aver commesso il fatto, ha, nel processo tributario, efficacia di giudicato quanto ai fatti materiali, si riferisce, alla luce di una interpretazione letterale, sistematica, costituzionalmente orientata e in conformità ai principi unionali, esclusivamente alle sanzioni tributarie e non all’accertamento dell’imposta, rispetto alla quale la sentenza penale assolutoria ha rilievo come elemento di prova, oggetto di autonoma valutazione da parte del giudice tributario unitamente agli altri elementi di prova introdotti nel giudizio».

Claudio Ramelli© RIPRODUZIONE RISERVATA