Annullata la condanna per frode fiscale se il Giudice di merito ha travisato gli indici dalla causa di non punibilità per fatto tenue.
E’ il principio di diritto fissato con la sentenza numero 7027/2025 (udienza 22.11.2024 – data di deposito 20.02.2025), resa dalla Corte di cassazione – sezione terza penale, che ha affrontato la questione giuridica ricorrente nella pratica professionale dell’applicabilità ai reati tributari della disciplina della causa non punibilità prevista dall’art.131 bis cod. pen. alla luce dell’art. 13, comma 3-ter, del d.lgs. n. 74 del 2000 – introdotto dal d.lgs. n. 87 del 2024, che, come noto, ha apportato una significativa revisione del sistema sanzionatorio fiscale.
La sentenza in commento, della quale si riportano ampi passaggi estratti dalla parte motiva, riassume in modo analitico e con estrema chiarezza le attuali coordinate ermeneutiche cui il Giudice di merito si dovrebbe attenere per valutare la ricorrenza degli indici previsti dalla disciplina normativa attualmente in vigore per giungere ad un esito assolutorio, facendo applicazione della causa esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto.
E’ altresì di estremo interesse la definizione della natura del reato di cui all’art. 2 d.lgs. n.74/2000 nella parte in cui viene ribadita la natura unitaria dell’illecito per ciascun anno di imposta cui la dichiarazione fraudolenta si riferisce a prescindere dal numero di fatture per operazioni inesistenti utilizzate per l’anno di imposta.
- Il reato contestato e l’esito conforme dei giudizi di merito.
I Giudici del doppio grado di merito, decidendo con il rito abbreviato, avevano condannato l’imputato alla pena ritenuta di giustizia, condizionalmente sospesa, per il reato di cui all’art. 2 del d.lgs. n. 74 del 2000, perché, nella qualità di titolare di uno studio legale, al fine di evadere le imposte sui redditi e sul valore aggiunto, avvalendosi di fatture per operazioni soggettivamente inesistenti, riferite agli onorari riconosciuti, indicava nella dichiarazione annuale relativa a dette imposte, per l’anno 2015, elementi passivi per un ammontare imponibile complessivo di euro 44.1 18,00, oltre Iva pari ad euro 9.705,00.
- Il ricorso per cassazione dell’imputato.
La difesa dell’imputato impugnava la sentenza resa dalla Corte territoriale articolando plurimi motivi di ricorso.
In particolare, per quanto di interesse per la presente nota, con una doglianza era stata lamentata dal ricorrente la violazione degli artt. 2 del d.lgs. n. 74 del 2000 e 131-bis cod. pen. ed il connesso difetto di motivazione, per avere il giudice di secondo grado valutato la gravità dell’offesa sulla base della sola entità del danno (peraltro contenuta), senza bilanciare l’ammontare dell’imposta evasa con gli altri indici stabiliti dalla norma.
La Corte di appello, infatti, sempre secondo la difesa, avrebbe omesso di valutare il profilo delle modalità della condotta, da vagliare ai sensi dell’art. 133 cod. pen., astenendosi altresì dal considerare gli ulteriori elementi emergenti, nel caso di specie, a sostegno del riconoscimento della particolare tenuità del fatto, quali: a) l’importo modesto della contestata imposta evasa (euro 9.705,00); b) la circostanza che la condotta in contestazione si collochi ampiamente al di sotto della soglia superiore di minore rilevanza penale di euro 100.000,00, prevista dall’art. 2, comma 2-bis, del d.lgs.n. 74 del 2000; c) la condotta susseguente al reato posta in essere dall’imputato con l’adesione alla procedura di definizione della lite pendente in sede tributaria, ai sensi della legge n. 197 del 2022.
- La decisione della Suprema Corte ed i principi di diritto.
La Suprema Corte, applicando al caso di specie principi già elaborati dalla giurisprudenza di legittimità ed ora codificati dall’art. 13, comma 3-ter, del d.lgs. n. 74 del 2000 – introdotto dal d.lgs. n. 87 del 2024, ha ritenuto fondato il superiore motivo di ricorso, annullando con rinvio la sentenza impugnata per le ragioni che seguono:
3.1. La disciplina della causa di esclusione della punibilità ai reti tributari.
[..Meritano, invece, accoglimento il secondo ed il terzo motivo di ricorso – ulteriormente specificati con memoria difensiva – che possono essere trattati congiuntamente, giacché relativi alla mancata applicazione della causa di esclusione della punibilità ex art. 131-bis cod. pen.
Quanto all’entità dell’offesa, va ricordato che, secondo il testo dell’art. 13, comma 3-ter, del d.lgs. n. 74 del 2000 – recentemente introdotto dal d.lgs. n. 87 del 2024 di revisione del sistema sanzionatorio tributario – ai fini della non punibilità per particolare tenuità del fatto di cui all’art. 131-bis cod. pen., il giudice deve valutare, in modo prevalente, uno o più dei seguenti indici: a) l’entità dello scostamento dell’imposta evasa rispetto al valore soglia stabilito ai fini della punibilità; b) salvo quanto previsto dal comma 1, l’avvenuto adempimento integrale dell’obbligo di pagamento secondo il piano di rateizzazione concordato con l’amministrazione finanziaria; c) l’entità del debito tributario residuo, quando sia in fase di estinzione mediante rateizzazione; d) la situazione di crisi ai sensi dell’art. 2, comma 1, lettera a), del codice della crisi di impresa e dell’insolvenza, di cui al d.lgs. n. 14 del 2019.
Peraltro, in tema di reati tributari, tra le condotte susseguenti al reato suscettibili di valutazione ai fini dell’applicabilità della causa di non punibilità per la particolare tenuità del fatto ex art. 131-bis cod. pen., come novellato dal d.lgs. n. 150 del 2022, rientra l’integrale o parziale adempimento del debito tributario, anche attraverso un piano rateale concordato con il fisco o l’adesione a provvedimenti relativi alla rottamazione delle cartelle esattoriali (Sez. 4, n. 14073 del 05/03/2024, Rv. 286175).
3.2. L’applicazione dei superiori principi al caso oggetto di disamina.
[…Ebbene, nel caso di specie, i giudici dell’appello, rigettando la richiesta di applicazione dell’art. 131-bis cod. pen., formulata dalla difesa, «alla stregua della gravità dell’offesa (imposta evasa per euro 9.705,00) e della non occasionalità del reato, in considerazione della pluralità delle fatture per cui è processo», hanno omesso l’analisi della fattispecie in relazione all’eventuale sussistenza dei presupposti previsti dal citato art. 13, comma 3-ter, del d.lgs. n. 74 del 2000, il quale, costituendo norma sostanziale più favorevole – come tale suscettibile di applicazione retroattiva in virtù del principio generale sancito dall’art. 2, quarto comma, cod. pen. – trova applicazione anche nella fattispecie, benché il fatto sia stato commesso in epoca antecedente.
La sentenza impugnata, nello specifico, ha mancato di confrontarsi con le censure, avanzate dalla difesa – sul rilievo della avvenuta adesione dell’imputato alla procedura di definizione della lite pendente in sede tributaria, ai sensi della legge n. 197 del 2022 – inerenti all’entità del debito tributario residuo, pari ad euro 7.550,09, per l’intervenuto pagamento delle prime dodici rate previste, per un ammontare complessivo, sinora versato, di euro 2.156,88.
Quanto, invece, alla ritenuta non occasionalità della condotta, evidenzia il Collegio che, trattandosi di reato unitario, ancorché manifestatosi nell’avvalimento di una serie molteplice di fatture inesistenti, la condotta dell’imputato non può certamente ritenersi abituale.
Ed invero, ribadito che, nel presente procedimento, al prevenuto è contestato il delitto di dichiarazione fraudolenta per avere indicato nella dichiarazione presentata nel 2016, per l’anno precedente, elementi passivi fittizi, avvalendosi di molteplici fatture emesse per operazioni inesistenti, occorre precisare che l’eventuale pluralità dei reati non dipende dalla pluralità dei documenti utilizzati, ma dalla pluralità delle dichiarazioni relative ai periodi d’imposta diversi ovvero a tributi differenti (Sez. 3., n. 28437 del 27/05/2021, Rv. 281593): ciò che, in altri termini, equivale a dire che, se la dichiarazione – come nel caso di specie – è unica, unico è il reato commesso con quella stessa dichiarazione, anche se i documenti utilizzati sono diversi.
L’articolo 2 del d.lgs. n. 74 del 2000, infatti, prevede un’unica incriminazione per il soggetto che ponga in essere una dichiarazione fraudolenta, sia che si avvalga di un solo documento, sia che utilizzi una pluralità di fatture o altri documenti, a nulla rilevando che le fatture o gli altri documenti siano diversi; e ciò perché il reato non si perfeziona con la semplice registrazione del documento che sarà poi utilizzato ma con la dichiarazione, riferita a quella specifica intera annualità, e con l’indicazione, nell’ambito della suddetta dichiarazione, di elementi passivi fittizi inseriti nella contabilità.
Rappresentando, dunque, la registrazione di tali documenti, un’attività meramente prodromica alla realizzazione del reato – che si consuma nel momento in cui si presenta una dichiarazione fraudolenta mediante l’uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti o nel momento in cui si registra in contabilità il singolo documento, che sarà poi utilizzato per abbattere i costi – sarà pertanto irrilevante il numero delle fatture o degli altri documenti utilizzati per abbattere i costi (Sez. 3, n. 626 del 21/11/2008, dep. 2009, Rv. 242343).
La stessa Relazione governativa al d.lgs. n. 74 del 2000, del resto, è chiara in tal senso, laddove afferma, sia pure con riferimento al reato di cui all’art. 8 del predetto decreto che «poiché dal versante dell’utilizzatore, l’impiego di più fatture o documenti falsi a supporto di una medesima dichiarazione mendace dà comunque luogo ad un unico reato, si è previsto, al comma 2 dell’art. 8 che, anche nei confronti dell’emittente, la formazione di una pluralità di fatture o documenti falsi nel medesimo periodo di imposta integri un solo episodio criminoso, anziché tanti reati quanti sono i documenti emessi». Tenuto conto che, in tema di non punibilità per particolare tenuità del fatto, il presupposto ostativo del comportamento abituale ricorre quando l’autore abbia commesso altri reati della stessa indole, oltre quello preso in esame (ex multis, Sez. U., n. 13681 del 25/02/2016, Rv. 266591; Sez. 6, n. 6551 del 09/01/2020, Rv. 278347; Sez. 1, n. 9858 del 24/01/2024, Rv. 286154), nel caso in esame, la condotta non può quindi ritenersi non occasionale e, dunque, ostativa al riconoscimento dell’invocata causa di esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto..]
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