Il debito tributario rideterminato a seguito di accertamento con adesione non può modificare la valutazione del giudice penale sul superamento della soglia di punibilità del reato tributario.

Con la sentenza numero 13190/2025 del 14.10.2024 (depositata il 04.04.2025), la sezione terza penale della Corte di cassazione si è espressa sulla rilevanza che potrebbe assumere in sede penale la rideterminazione del debito tributario che il contribuente è tenuto a pagare all’Erario a seguito di accordo conciliativo intercorso con l’Amministrazione finanziaria dello Stato.

In particolare la questione giuridica affrontata assume astratta rilevanza per i reati che prevedono una soglia di punibilità, che nella fattispecie scrutinata di dichiarazione infedele, richiede che l’imposta evasa sia superiore a euro trentamila con riferimento a taluna delle singole imposte,

 

  1. L’imputazione provvisoria e la fase cautelare reale.

Nel caso in disamina il Tribunale della cautela reale di Bari, adito con richiesta di  riesame, confermava il sequestro preventivo, finalizzato alla confisca sia diretta che per equivalente, della somma di € 147.705,47, corrispondente al profitto conseguito dall’indagato  del reato di cui all’art. 3 d. lgs. n.74/2000 per avere con più azioni esecutive del medesimo disegno criminoso, indicato nelle dichiarazioni  Irpef  relative  agli  anni  di  imposta  compresi  tra  il  2016  e  il  2019 elementi attivi  inferiori a quelli effettivi.

 

  1. Il ricorso per cassazione dell’imputato.

La difesa dell’imputato interponeva ricorso per cassazione articolando plurimi motivi di impugnazione.

Per quanto di interesse per la presente nota, si segnala che a con una doglianza veniva denunciato vizio violazione di legge riferito all’art. 3 d.lgs. 74/2000, sostenendo il mancato superamento della soglia di punibilità fissata in € 30.000 per ciascuna annualità essendosi l’indagato avvalso della cd. tregua fiscale prevista dalla legge di bilancio 2023 con l’impegno in adesione all’accertamento dell’amministrazione finanziaria, dalla quale emerge che nessuna delle quattro annualità avesse superato il valore della soglia fissata ex lege.

  1. La decisione della Suprema Corte ed il principio di diritto.

La Corte di legittimità ha ritenuto destituita di fondamento  la superiore  doglianza difensiva dichiarando inammissibile il ricorso per le ragioni riportate nel segmento di motivazione di seguito riportato:

“[……Ed invero l’accertamento per adesione eseguito dall’indagato, operando sul piano meramente amministrativo e dunque su un binario del  tutto  diverso  da quello penale, non può essere assunto quale base di accertamento del  reddito imponibile: si tratta di una condizione di  maggiore favore  per il contribuente,  che può usufruire,  oltre che di una riduzione  più  vantaggiosa  della  misura sanzionatoria ordinariamente applicabile con riduzione,  anche  degli  interessi  e delle some iscritte al ruolo, nonché di maggior tempo per poter rateizzare i versamenti.

L’autonomia del processo penale da quello amministrativo, sancita dall’art. 20, d.lgs. n. 74 del 2000, secondo cui “il procedimento amministrativo di accertamento ed il processo tributario non possono essere sospesi per la pendenza del procedimento penale avente ad oggetto i medesimi fatti dal cui accertamento comunque dipende la relativa definizione”, non può non valere anche ai fini, che qui rilevano, dell’individuazione dell’ammontare dell’imposta evasa per l’adozione e il mantenimento del provvedimento cautelare in funzione della confisca, nei casi di raggiunti accordi conciliativi con l’erario.

In altri termini, deve ammettersi che il giudice penale ben possa, sulla scorta di elementi di fatto, discostarsi – non essendo prevista dall’ordinamento processuale penale, pur informato al principio di atipicità dei mezzi di prova, alcuna pregiudiziale tributaria – dalla quantificazione del profitto come risultante dalla conclusione degli accordi conciliativi con l’agenzia delle entrate, purché l’esercizio di tale autonome  potere venga supportato da congrua motivazione (così Sez. 3, Sentenza n.  5 0 L 57  del 27/09/ 2018, Fiusco, Rv. 275439).

E certamente non può sostenersi, sulla base dell’ampia motivazione fornita dal Tribunale  barese  che  ha  puntualmente evidenziato come la richiesta di accertamento con adesione si sia  basata  su una serie di costi “in nero” dedotti dall’istante non suffragati da alcun accertamento effettivo,  ovverosia  “esclusivamente  applicando  una  percentuale  di  incidenza  sui ricavi di alcuni dei costi contabilizzati dall’indagato”, che, sul punto, il supporto giustificativo sia carente.

Conseguentemente nessun rilevo riveste ai fini del procedimento in esame l’indicazione, nell’accertamento con adesione perfezionatosi tra il ricorrente e l’amministrazione finanziaria, dell’imposta evasa, che rispondendo a criteri di agevolazione finalizzati all’incameramento sia pur parziale dei tributi da parte dell’Erario…..]

ClaudioRamelli© RIPRODUZIONE RISERVATA