Non è violato il principio di correlazione tra accusa e sentenza se la condanna per frode fiscale si fonda sull’inesistenza soggettiva delle fatture in luogo di quella oggettiva contestata.

E’ il principio di diritto ribadito con la sentenza numero 13564/2025 del  18.02.2025 – (data di deposito 08.04.2025), resa dalla Corte di cassazione – sezione terza penale, chiamata allo scrutinio di legittimità sulla eccepita violazione del principio di correlazione tra accusa e sentenza quando il reato contestato all’imputato di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture per operazioni oggettivamente inesistenti, viene accertato a suo carico con conseguente condanna per l’inesistenza soggettiva dei medesimi documenti fiscali indicati nel capo di imputazione.

 

  1. L’imputazione ed il doppio grado di merito.

Nel caso in disamina, la Corte d’appello di Firenze, aveva confermato la sentenza del Tribunale cittadino con la quale l’imputato era stato condannato alla pena ritenuta di giustizia in relazione al reato di cui all’art. 2 d.lgs 10 marzo 2000, n. 74, per avere, quale titolare di una ditta individuale, al fine di evadere l’Iva per l’anno di imposta del 2015, indicato nella dichiarazione fiscale elementi passivi fittizi, per un ammontare di € 48.556,00 con Iva indebitamente detratta pari a € 10.682,00, avvalendosi di due fatture per operazioni inesistenti emesse dalla società [omissis srl]

  1. Il ricorso per cassazione.

Contro la sentenza di appello interponeva ricorso per cassazione l’imputato lamentando, per quanto di interesse per la presente nota, la violazione dell’art. 606, comma 1, lett. b) e c) cod. proc. pen. in relazione agli artt. 521-522 cod. pen.

Secondo la difesa del ricorrente i giudici del merito avevano violato il principio di correlazione tra accusa e sentenza là dove, a fronte di una contestazione di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture per operazioni oggettivamente inesistenti, come riportato nel capo di imputazione, il giudice avrebbe condannato l’imputato per la diversa ipotesi di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture per operazioni soggettivamente inesistenti.

  1. La decisione della Cassazione.

La Suprema Corte, dando seguito alla consolidata giurisprudenza di legittimità formatasi sulla questione giuridica in disamina, ha ritenuto infondata la superiore doglianza per le ragioni che seguono.

 

3.1. Il principio di diritto ribadito dalla Suprema Corte.

[…..Il primo motivo di ricorso è manifestamente infondato. Questa Corte di legittimità, in caso analogo, ha affermato che non viola il principio di correlazione tra accusa e sentenza la decisione con cui l’imputato, accusato di avere, al fine di evadere le imposte sui redditi e sul valore aggiunto, indicato elementi passivi fittizi nella dichiarazione, avvalendosi di fatture per operazioni oggettivamente inesistenti, sia stato condannato per l’utilizzo di fatture relative ad operazioni soggettivamente inesistenti, in quanto il reato di dichiarazione fraudolenta, previsto dall’art. 2 del d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74, nel riferirsi all’uso di fatture o altri documenti concernenti operazioni inesistenti, non distingue tra quelle che sono tali dal punto di vista oggettivo o soggettivo (Sez. 3, n. 30874 del 02/03/2018, Hugony, Rv. 273728 – 01)…]

Claudio Ramelli© RIPRODUZIONE RISERVATA