Bancarotta fraudolenta documentale specifica per il prestanome che non consegna le scritture pur avendo accettato l’incarico dietro compenso e nella consapevolezza dello stato di dissesto dell’impresa.

E’ il principio di diritto enunciato con la sentenza numero 15454/2025 del 21.03.2025 – (data di deposito 18.04.2025, resa dalla Corte di cassazione – sezione quinta penale, che ha affrontato il tema giuridico della prova del coefficiente psicologico del quale il  giudice del merito deve accertarne la sussistenza nel corso del giudizio penale per poter affermare la responsabilità penale del legale rappresentante ed amministratore di diritto – solo formale – nell’ipotesi in cui venga contestato il reato di bancarotta fraudolenta documentale cosiddetta specifica che ricorre nell’ipotesi di sottrazione o distruzione, in tutto o in parte, dei libri o le altre scritture contabili,  con lo scopo di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto o di recare pregiudizi ai creditori.

La sentenza in commento è di interesse per gli operatori di diritto che si occupano del diritto penale fallimentare per l’indicazione degli indici evocativi del dolo specifico ritenuto sussistente nel caso scrutinato.

 

  1. L’imputazione ed il doppio grado di merito.

La Corte di appello di Milano – giudicando in sede di rinvio  da un precedente annullamento della Suprema Corte, proprio sul tema del coefficiente psicologico del reato, ha confermato la sentenza del Tribunale di Pavia di condanna dell’imputato alla pena di anni tre di reclusione, avendolo riconosciuto colpevole del reato di bancarotta fraudolenta documentale, per avere – quale amministratore della società [omissis] s.r.l., dichiarata fallita – allo scopo di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto e di recare pregiudizio ai creditori, sottratto, distrutto o comunque non tenuto, relativamente all’intero periodo di attività, le scritture contabili previste dall’art. 2214 cod. civ..

Secondo la Corte territoriale, come riportato nella motivazione della sentenza impugnata resa all’esito del nuovo giudizio di appello conseguente la rescissione della prima pronuncia,  il comportamento dell’imputato, consistente nel farsi nominare amministratore – dietro compenso –  di una società decotta, senza compiere alcuna attività e nella piena consapevolezza di non detenere le scritture contabili (malgrado avesse firmato la loro consegna), integrava il reato contestato anche per quanto concerne il dolo specifico richiesto dallo norma incriminatrice.

 

  1. Il ricorso per cassazione.

Contro la sentenza di appello interponeva ricorso per cassazione l’imputato deducendo che il suo ruolo era  stato quello del semplice prestanome del coimputato vero dominus della società e che, in riferimento al reato contestato, la Corte distrettuale non aveva chiarito se alla data in cui prese in consegna le scritture, fosse animato dall’intento di frodare i creditori, ovvero intendesse semplicemente aiutare l’amico – amministratore di fatto  il quale si trovava in difficoltà ed era afflitto da seri problemi di salute.

 

  1. La decisione della Cassazione ed il principio di diritto.

La Suprema corte, ha ritenuto infondata la superiore doglianza rigettando il ricorso per le ragioni che seguono:

 

3.1. L’elemento psicologico della bancarotta fraudolenta documentale specifica.

[…..Ai fini dell’inquadramento in diritto del thema decidendum, giova ricordare come – nell’ambito del reato di bancarotta fraudolenta documentale – la condotta di occultamento delle scritture contabili, figura giuridica che postula il dolo specifico di recare pregiudizio ai creditori, consista nella materiale sottrazione delle stesse alla disponibilità degli organi fallimentari, potendosi realizzare anche secondo la modalità della omessa tenuta.

Tale condotta rappresenta una fattispecie autonoma e alternativa – in seno alla più ampia previsione dell’art. 216, comma primo, lett. b), legge fall. – rispetto alla differente condotta che si sostanzia nella fraudolenta tenuta di tali scritture.

Quest’ultima integra, infatti, un’ipotesi di reato a dolo generico, che postula un accertamento condotto su libri contabili fisicamente rinvenuti ed esaminati, ad opera degli organi del fallimento (fra tante, si veda Sez. 5, n. 33114 del 08/10/2020, Martinenghi, Rv. 279838).

Questa Corte, altresì, ha ripetutamente chiarito come <<In tema di bancarotta fraudolenta documentale per omessa tenuta della contabilità interna, lo scopo di recare danno ai creditori impedendo la ricostruzione dei fatti gestionali può essere desunto dalla complessiva ricostruzione della vicenda e dalle circostanze del fatto che ne caratterizzano la valenza fraudolenta colorando di specificità l’elemento soggettivo, che, pertanto, può essere ricostruito sull’attitudine del dato ad evidenziare la finalizzazione del comportamento omissivo all’occultamento delle vicende gestionali>> (Sez. 5, n. 10968 del 31/01/2023, Di Pietra, Rv. 284304; sulla necessità che ricorrano significativi indici di fraudolenza, quali – a titolo meramente esemplificativo – il passivo rilevante, l’irreperibilita dell’amministratore, o la distrazione dei beni aziendali, si veda Sez. 5, n. 2228 del 04/11/2022, dep. 2023, Occhiuzzi, Rv. 283983).

3.2. La pacifica materialità del fatto e gli indici della sussistenza del dolo specifico dell’amministratore.

[….L’elemento oggettivo, al contrario, non è in discussione: il commercialista della società, infatti, ha pacificamente consegnato all’amministratore di diritto e prestanome di vero gestore della società stessa, le scritture contabili (il dato della consegna, documentalmente acclarato, non è minimamente contestato dall’odierno ricorrente); trascorso un breve lasso di tempo. venne dichiarato il fallimento della s.r.l., senza che si siano mai ritrovate le scritture contabili.

Giudicando in sede di rinvio, la sentenza impugnata è dunque pervenuta alla conclusione della ricorrenza del dolo specifico necessario, ai fini della integrazione del contestato paradigma normativa, fondando tale convincimento sui seguenti indici evocativi:

l’essersi il prestato a intestarsi la società (insieme a numerose altre) mentre questa si trovava già in una condizione di forte e irrecuperabile dissesto;

dal fatto di essersi determinato al compimento di tale operazione dietro compenso;  

dalla sottrazione delle scritture contabili, avvenuta immediatamente dopo l’assunzione della carica da parte dell’imputato (sottrazione rivelatasi poi esiziale, in punto di ricostruzione del patrimonio e degli affari);

dal fatto di aver già in passato accettato, sempre senza operare in concreto, il medesimo incarico in relazione ad altre società.

A ciò si aggiunga che – in prospettiva difensiva – risulta persino controproducente il rilievo che il abbia ricevuto le scritture non al momento dell’assunzione della carica (15 dicembre 2011), bensì nel febbraio 2014 (e non 2024, come riportato nel in ricorso), ossia un mese prima dell’apertura della procedura fallimentare.

E infatti, proprio la deduzione contenuta nell’atto di impugnazione, laddove si sottolinea che “la procedura fallimentare ha accertato che il dissesto si è realizzato in un tempo assai più risalente”, in realtà logicamente conferma non già smentisce – la ricostruzione fatta propria dalla sentenza impugnata, anche sul versante del profilo soggettivo dell’imputato; questi ha contribuito, quindi, alla sparizione delle scritture contabili in un momento nel quale era ormai prossimo l’inizio della procedura concorsuale, di una società che egli sapeva da tempo essere in stato di dissesto…. ].

Claudio Ramelli© RIPRODUZIONE RISERVATA