Esercizio abusivo della professione medica per il titolare del centro che utilizza il macchinario per trattamenti estetici senza la consulenza di un medico.
E’ il principio di diritto enunciato con la sentenza numero 15742/2025 del 30.01.2025 (data di deposito 22.04.2025), resa dalla Corte di cassazione – sezione sesta penale, che ha affrontato il tema giuridico della responsabilità penale del titolare del centro estetico per l’utilizzo di alcuni macchinari medicali in assenza di preventiva anamnesi, indicazioni terapeutiche e presenza del personale sanitario.
- La contestazione penale ed il giudizio cautelare reale.
Secondo l’ipotesi accusatoria riportata nel decreto di sequestro preventivo del G.i.p (che aveva convalidato quello disposto d’urgenza ad iniziativa dei NAS dei Carabinieri), era stato addebitato alla titolare di un centro il reato di esercizio abusivo della professione medica per avere adoperato е consentito di utilizzare al personale dipendente un macchinario per eseguire alcuni trattamenti mediante luce pulsata, benché lo strumento fosse stato “inserito dal Ministero della Salute al nr. 1847573 dell’elenco dei dispositivi medici utilizzabili esclusivamente da medici professionisti in campo estetico”.
- Il ricorso per cassazione della difesa.
Contro l’ordinanza del Tribunale cautelare la difesa dell’indagata interponeva ricorso per cassazione deducendo vizio di legge in ordine alla sussistenza del fumus del reato ipotizzato – art. 348 cod. pen. – in relazione all’esercizio della professione medica, sotto il profilo dell’erronea applicazione di norme di cui si deve tenere conto nell’applicazione della predetta norma incriminatrice.
Secondo la difesa, le norme di riferimento, sono quelle contenute nel Regolamento UE 745/2017 dettato in tema di impiego nel territorio dell’Unione europea di dispositivi e strumentazioni mediche e nelle previsioni nazionali integrative della disciplina euro unitaria, primo fra tutti il Decreto del Ministero della Salute del 21 dicembre 2009, istitutivo di una banca finalizzata a raccogliere informazioni su tutti i dispositivi medici messi in commercio in Italia.
Conseguentemente è stato eccepito che l’ipotesi di reato in provvisoria contestazione era derivata da una errata interpretazione delle norme interne di carattere sub-primario dipesa a sua volta da u altrettanto erronea applicazione delle previsioni europee, a sua volta implicante una scorretta applicazione dello art. 348 cod. pen.
- La decisione della Cassazione e i principi di diritto.
La Suprema corte, ha ritenuto infondata la superiore doglianza per le ragioni che seguono.
3.1 La parziale fondatezza delle deduzioni difensive.
[….. Il Collegio condivide solo in parte tale ricostruzione del composito quadro normativo di riferimento.
Il Regolamento UE 745/2017 (d’ora in avanti, solo Regolamento) disciplina, infatti, l’immissione nel territorio dell’Unione “dei dispositivi medici per uso umano e degli accessori per tali dispositivi” (art. 1).
La banca dati istituita dal Ministero della Salute mediante il ricordato Decreto 21 dicembre 2009 si limita, dunque – e tale limite non può oltrepassare, essendo stata istituita da atto interno non avente neppure efficacia normativa primaria a recepire le indicazioni provenienti dai fabbricanti dei dispositivi, in un sistema chiaramente definito quanto al suo ambito applicativo.
Ciò premesso, la difesa della ricorrente postula la possibilità di ricavare allo interno di tale sistema un diverso spazio di applicazione, volto a sottrarre il dispositivo alla disciplina generale propria dei dispositivi medici.
L’art. 2, par. 1 del Regolamento definisce, infatti, dispositivo medico qualunque strumento, diagnosi, prevenzione, apparecchio, apparecchiatura, software, impianto, monitoraggio, previsione, reagente, materiale o altro articolo destinato dal fabbricante ad essere impiegato sull’uomo, da solo o in combinazione, per una o più delle seguenti destinazioni d’uso mediche specifiche: diagnosi, monitoraggio, trattamento, attenuazione o compensazione di una lesione o di una disabilità; studio, sostituzione o modifica dell’anatomia oppure di un processo o stato fisiologico o patologico; fornire informazioni attraverso l’esame in vitro di campioni provenienti dal corpo umano, inclusi sangue e tessuti donati e che non esercita nel o sul corpo umano l’azione principale cui è destinato mediante mezzi farmacologici, immunologici o metabolici, ma la cui funzione può essere coadiuvata da tali mezzi al par. 12 dà, inoltre, la definizione di destinazione d’uso, come l’utilizzo quale è destinato un dispositivo secondo le indicazioni fornite dal fabbricante sull’etichetta, nelle istruzioni per l’uso o nel materiale o nelle dichiarazioni di promozione o vendita e come specificato dal fabbricante nella valutazione clinica.
L’allegato XVI al Regolamento fornisce, inoltre, l’elenco dei gruppi di prodotti non aventi destinazione d’uso medica di cui all’art. 1, par. 2, ivi indicando al punto 4, le apparecchiature destinate a essere utilizzate per ridurre, rimuovere o distruggere il tessuto adiposo, quali apparecchiature per la liposuzione, lipolisi o lipoplastica e al punto 5 quelle che emettono radiazioni elettromagnetiche ad alta intensità (ad esempio infrarossi, luce visibile e ultravioletti) destinate a essere utilizzate sul corpo umano, comprese fonti coerenti e non coerenti, monocromatiche e ad ampio spettro, come laser e apparecchiature a luce pulsata ad alta intensità per foto ringiovanimento cutaneo, tatuaggio o epilazione o altro trattamento dermico, categoria quest’ultima in cui sembrerebbe rientrare, secondo le prospettazioni difensive, il macchinario oggetto di discussione.
Parrebbe, quindi, astrattamente possibile attribuire alla determinazione del fabbricante quella efficacia selettiva ed esclusiva che la difesa dell’indagata propugna, anche alla luce delle ulteriori norme nazionali di adeguamento al Regolamento stesso (d.Lgs. n. 137 del 5 agosto 2022) che introducono una procedura apposita per l’introduzione di provvedimenti di diniego o restrizione o limitazione dell’immissione sul mercato ovvero di ritiro o di richiamo dei dispositivi su scala generale.
3.2. La prevalenza del giudizio di precauzione per la tutela della salute del paziente.
Reputa, tuttavia, il Collegio che l’ordinanza impugnata non meriti censura nella parte in cui ha valorizzato la necessità dell’impiego del macchinario sotto la supervisione di un medico professionista, in particolare nella fase prodromica all’uso del dispositivo stesso.
Come evidenziato nell’ordinanza impugnata, il contenuto dell’anamnesi richiesta e la natura dei ‘criteri di esclusione’ sembrano implicare competenze proprie di un medico – venendo in considerazione conoscenze e strumenti propri della scienza medica – all’esito della cui valutazione e delle conseguenti indicazioni, può intervenire l’impiego della macchina, inteso quale parte del servizio più completo, che appare, dunque, richiedere anche competenze mediche, esattamente del resto nei termini indiati dallo stesso fabbricante.
Benché non espressamente enunciato, infatti, è del principio di precauzione, stabilito dall’art. 191 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE), che l’ordinanza impugnata mostra di avere fatto applicazione.
Principio di precauzione, cui sono informati alcuni strumenti normativi della Unione europea come ad es. in tema di sostanze chimiche (Regolamento CE n. 1907/2006, noto con il nome di REACH) o di legislazione alimentare (Regolamento CE n. 178/2002), notoriamente consistente in un approccio alla gestione del rischio per cui, qualora sia possibile che una determinata politica o azione possa arrecare danno ai cittadini o all’ambiente e qualora non vi sia ancora un consenso scientifico sulla questione, la politica o l’azione in questione non dovrebbe essere perseguita, salvo riesame delle stesse non appena si rendano disponibili maggiori informazioni scientifiche.
Sotto questo profilo, allora, il provvedimento impugnato appare allo stato incensurabile, ferma restando sempre la possibilità di una rivisitazione della questione, anche alla luce di ulteriori determinazioni del Ministero competente.…].
Claudio Ramelli© RIPRODUZIONE RISERVATA