Bancarotta da reato societario: il dolo è integrato dalla consapevole indicazione nel bilancio di dati non veritieri che aggravano lo stato di dissesto della società.
Questo è il principio di diritto enunciato dalla Corte di cassazione sezione quinta penale con la sentenza numero 19402/2025 – pronunciata il 04.04.2025 (depositata il 23.05.2025), che ha affrontato il tema della definizione dell’elemento psicologico del delitto di bancarotta da reato societario, nella fattispecie scrutinata conseguente al reato di false comunicazioni sociali.
- L’imputazione e l’esito dei giudizi di merito.
Nel caso in disamina i giudici del doppio grado di merito avevano, concordemente, affermato la penale responsabilità dell’imputato rinviato a giudizio nella qualità di amministratore di fatto della fallita società di capitali per i reati di bancarotta da reato societario e bancarotta fraudolenta per distrazione.
Per quanto di interesse per la presente nota si evidenzia che all’esito dell’istruttoria dibattimentale era stata ritenuta provata l’ipotesi di bancarotta da reato societario in relazione al reato punito dall’art. 2621 cod. civ per avere l’imputato concorso ad aggravare lo stato di dissesto della società, esponendo nei bilanci 2009 e 2010 consistenti poste attive fittizie, per un ammontare di 1.850.000 euro, che impedivano l’emersione di corrispondenti perdite di bilancio che avrebbero portato ad un passivo reale di oltre 3.000.000 di euro come quantificato dal curatore fallimentare.
Ciò induceva in errore i destinatari della comunicazione segnatamente, i creditori – in ordine all’effettiva situazione patrimoniale, finanziaria ed economica della società.
- Il ricorso per cassazione dell’imputato.
La difesa dell’imputato interponeva ricorso per cassazione articolando plurimi motivi di impugnazione.
Si segnala che con una doglianza è stato eccepito il vizio di motivazione in relazione alla bancarotta impropria, contestando l’error iuris relativo alla sussistenza dell’elemento soggettivo del reato di bancarotta impropria da reato societario.
Invero, secondo la difesa, il testo dell’art. 2621 (“false comunicazioni sociali”) vigente, ratione temporis, all’epoca del fatto contestato (24 aprile 2013) conteneva il riferimento alla “intenzione di ingannare i soci o il pubblico”, che non risulta, invece, essere stato ascritto all’imputato.
Si è sostenuto che i giudici di merito avevano errato nell’inquadrare il fatto tipico contestato alla luce della disciplina successiva all’epoca del commesso delitto (vale a dire alla luce del testo dell’art. 2621 cod. civ. quale riformato con la legge n. 69 del 2015).
Pertanto, non essendo stata imputata al giudicabile l’intenzione di ingannare i soci o il pubblico, prevista nell’originaria formulazione dell’art. 2621 cod. civ., neppure si poteva addebitargli la condotta prevista e punti dall’art. 223, secondo comma, n. 1), I. fall.
- La decisione della Suprema Corte ed il principio di diritto.
Il Collegio del diritto ha ritenuto infondato il superiore motivo di ricorso per le ragioni indicate nel segmento di motivazione di seguito riportato:
[… “ Il quarto motivo è infondato.
Per chiarire le ragioni dell’infondatezza, è opportuno muovere dal consolidato principio di diritto in tema di elemento soggettivo del delitto di bancarotta impropria da reato societario, con riferimento alle condotte di cui all’art. 2621 cod. civ.: in tali casi, <il dolo» – come chiarito dalla giurisprudenza di questa Corte – «richiede una volontà protesa al dissesto, da intendersi non già quale intenzionalità di insolvenza, bensì quale consapevole rappresentazione della probabile diminuzione della garanzia dei creditori e del connesso squilibrio economico» (Sez. 5, n. 50489 del 16/05/2018, Nicosia, Rv. 274449 01; cfr. anche, ex multis, Sez. 5, n. 23091 del 29/03/2012, P.g.,, Rv. 252804 – 01; Sez. 5, n. 42257 del 06/05/2014, Solignani, Rv. 260356 – 01).
Ora, nella motivazione dell’impugnata sentenza, di tale “consapevole rappresentazione della probabile diminuzione della garanzia dei creditori e del connesso squilibrio economico” – condizione necessaria e sufficiente a dar conto della ricorrenza dell’elemento soggettivo del reato in parola – la Corte d’appello ha fornito sufficiente dimostrazione, ricordando, in particolare, quel che risulta anche dal capo d’accusa, vale a dire l’esposizione, da parte del ricorrente, di poste attive, tanto consistenti quanto fittizie, che avevano impedito di portare a emersione le corrispondenti perdite di bilancio (per un ammontare complessivo pari a euro 1.850.000, 00), tali da azzerare completamente il capitale sociale già nell’esercizio del 2009 (ben quattro anni prima del fallimento, dunque).
Che a tale livello di consapevolezza nell’esposizione di fatti materiali non rispondenti al vero si fosse aggiunta, nella prospettiva fatta propria dai giudici di merito, un “effettivo inganno dei creditori” (p. 9 della parte motiva), è circostanza che, lungi da indebolire la motivazione (rendendola “eccentrica”, come lamentato dal ricorrente, rispetto a quanto dedotto in appello), la corrobora.
E, infatti, in coerenza con la doglianza incentrata sul preteso error iuris relativo alla sussistenza dell’elemento soggettivo del reato ascritto e sulla disciplina applicabile, ratione temporis, al fatto contestato, i giudici dell’appello hanno voluto chiarire che il ritenuto (e, cioè, l’effettivo e concreto inganno) era ricompreso nel contestato (…”in modo idoneo a indurre i … creditori… in errore in ordine alla reale situazione patrimoniale…”).
Sicché, cade nel vuoto l’eccezione relativa al vizio di motivazione, per eccentricità della stessa rispetto al tema dedotto in appello: quest’ultimo, infatti, come correttamente inteso dalla Corte d’appello, concerneva, al contempo, il tema della mancata esplicitazione del requisito soggettivo dell’intenzione di ingannare i soci ex art. 2621 (nella versione precedente alla riforma apportata dalla I. 69/2015), e, implicitamente, il tema afferente alla violazione dell’art. 521 cod. proc. pen..”].
Per approfondimenti sulla bancarotta impropria da reato societario in relazione al delitto di false comunicazioni sociali si segnalano i seguenti arresti giurisprudenziali annotati:
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