Commette il delitto di falso ideologico in atto pubblico il sanitario che riporta in modo infedele nella cartella clinica gli eventi dell’intervento chirurgico.

Con sentenza 17489/2025 del 04.03.2025 (depositata in data 09.05.2025), la quinta sezione penale della Corte di cassazione, è tornata a definire la natura giuridica della cartella clinica ed i documenti che vi accedono (diario clinico e la scheda di dimissioni ospedaliere) e la responsabilità penale del sanitario che non la redige rispettando i seguenti, tassativi, criteri:

  • La descrizione dell’intervento contenuta nella cartella clinica deve dunque essere completa e veritiera, attesa la sua natura di atto pubblico dotato di fede privilegiata.
  • le annotazioni devono essere apposte contestualmente al verificarsi egli eventi da documentare che devono essere riportati con assoluta fedeltà storica;
  • Le annotazioni devono rispettare il criterio della continuità perché finalizzate ad asseverare, con fede privilegiata, non solo la verbalizzazione dell’atto medico, ma anche la successione cronologica degli interventi, delle diagnosi, della prognosi e delle prescrizioni.
  1. Il fatto contestato e l’esito discorde dei giudizi di merito.

In primo grado il ginecologo rinviato a giudizio nella qualità di capo dell’equipe chirurgica, era stato condannato dal Tribunale alla pena ritenuta di giustizia per il delitto di falso ideologico in riferimento ad annotazioni contenute nella cartella clinica contestate e ritenute come non rispondenti alla realtà dei reali accadimenti, nonché per il reato di lesioni colpose gravissime per i danni cerebrali riportati dalla paziente a seguito della ipossia conseguita alla esecuzione del parto cesareo non efficacemente contrastata dal medico anestesista che non sui era avveduto del quadro patologico conseguente all’intervento.

La Corte territoriale accoglieva l’appello interposto contro la sentenza resa dal Giudice di prime cure assolvendo l’imputato con formula piena, rilevando che la causa del danno era dovuta ad una condotta colposa dell’anestesista e che il capo équipe non avrebbe avuto interesse a redigere falsamente la cartella clinica, difettando così la prova del dolo richiesto dalla norma incriminatrice.

 

  1. Il ricorso per cassazione.

Il Procuratore Generale presso la Corte di appello interponeva ricorso per cassazione contro la sentenza assolutoria con formula piena emessa dal Collegio di secondo grado in favore dell’imputato limitatamente al delitto di falso ideologico.

In particolare, secondo il PG ricorrente, la Corte territoriale aveva trascurato di valutare la divergenza esistente tra la versione dello svolgimento dell’intervento di parto cesareo come annotata dall’imputato nella cartella clinica e quella difforme fornita dai componenti dell’équipe operatoria e ciò per allontanare da sé quale capo dell’equipe, qualsiasi responsabilità per l’accaduto.

 

 

  1. La decisione della Suprema Corte ed il principio di diritto.

La Suprema Corte ha ritenuto fondata la superiore censura ed annullato con rinvio l’impugnata sentenza per le ragioni riportate nei passaggi della motivazione che seguono.

 

3.1. L’elemento materiale del delitto di falso ideologico per infedele tenuta della cartella clinica.

[……Secondo il consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità, la cartella clinica redatta da un medico di un ospedale pubblico produce effetti incidenti su situazioni giuridiche soggettive di rilevanza pubblicistica e documenta, altresì, le attività compiute dal pubblico ufficiale che ne assume la paternità.

Trattasi di atto pubblico che esplica la funzione di diario del decorso della malattia e di altri eventi clinici rilevanti, sicché i fatti devono esservi annotati contestualmente al loro verificarsi (Sez. 5, n. 55385 del 22/10/2018, Rv. 274607 – 01, in motivazione; Sez. 5, n. 31858 del 16/04/2009, P., Rv. 244907 – 01, secondo la quale, la cartella clinica redatta dal medico di una struttura sanitaria pubblica ha natura di atto pubblico munito di fede privilegiata con riferimento alla sua provenienza dal pubblico ufficiale e ai fatti da questi attestati come avvenuti in sua presenza).

Ne deriva che le attestazioni rese dal pubblico ufficiale mediante annotazione su cartella clinica – e sui documenti che vi accedono, quali il diario clinico e la scheda di dimissioni ospedaliere – debbono rispondere ai criteri di veridicità del contenuto rappresentativo, nonché di completezza delle informazioni, di immediatezza della redazione rispetto all’atto medico descritto e di continuità delle annotazioni, in quanto finalizzate ad asseverare, con fede privilegiata, non solo la verbalizzazione dell’atto medico, ma anche la successione cronologica degli interventi, delle diagnosi, della prognosi e delle prescrizioni.

La descrizione dell’intervento contenuta nella cartella clinica deve dunque essere completa, oltre che veritiera, non potendo essere tale onere assolto attraverso l’implicito rinvio ad altri atti, tanto più laddove – come nel caso in esame – le complicanze anestesiologiche verificatesi e le condotte tenute dalla anestesista presente in sala operatoria avevano avuto un ruolo centrale nella dinamica dell’intervento e determinante per le conseguenze infauste subite dalla persona offesa.

Nel caso in esame, come lucidamente evidenziato dal Procuratore generale presso questa Corte nelle proprie conclusioni, la stessa ricostruzione del fatto contenuta nella sentenza impugnata dimostrava la difformità di quanto attestato dalla cartella clinica compilata da [omissis] rispetto a quanto realmente accaduto.

Invero, da detta ricostruzione risulta che l’imputato aveva attestato di essere stato informato dall’anestesista [omissis],  dopo la sutura della breccia uterina, di una notevole brachicardia con ipossiemia della paziente sulla quale la stessa aveva praticato un massaggio cardiaco e somministrato dei farmaci, mentre in realtà dalle dichiarazioni rese dai membri dell’equipe operatoria era emerso che, dopo l’estrazione del feto, l’anestesista si era allontanata dall’apparecchiatura elettromedicale alla quale voltava le spalle, senza attivare la ventilazione meccanica e avendo in precedenza disattivato gli allarmi sui parametri vitali.

La paziente era pertanto rimasta senza ossigeno e si era trovata in una condizione di grave ipossia che si era protratta per diversi minuti, subendo danni cerebrali irreversibili. Di tale situazione si era accorto lo specializzando [omissis], che aveva praticato un massaggio cardiaco fino all’arrivo di un’altra anestesista]

 

3.2. L’elemento psicologico del reato del delitto di falso ideologico in atto pubblico commesso dal sanitario mediante la compilazione infedele della cartella clinica.

[…Del pari censurabile è la valutazione della Corte territoriale in ordine alla ritenuta insussistenza dell’elemento soggettivo del reato.

Ai fini dell’integrazione del delitto di falsità, materiale o ideologica, in atto pubblico, è sufficiente il dolo generico, che consiste nella consapevolezza della immutatio veri, non essendo, invece, richiesto l’animus nocendi vel decipiendi. L’elemento soggettivo deve essere rigorosamente provato, dovendosi escludere il reato quando il falso derivi da una semplice leggerezza ovvero da una negligenza dell’agente, poiché il sistema vigente non incrimina il falso documentale colposo (Sez. 1, n. 27230 del 11/09/2020, Taroni, Rv. 279785 – 03; Sez. 3, n. 30862 del 14/05/2015, Di Stasi, Rv. 264328, Sez. 5, n. 29764 del 03/06/2010, Zago, Rv. 248264).

Ai fini della prova dell’elemento psicologico del reato, il giudice deve operare la ponderata valutazione di specifici elementi sintomatici onde sostenere e giustificare la rigorosa dimostrazione che l’agente si sia confrontato con la specifica categoria di evento che si è verificata nella fattispecie concreta, aderendo psicologicamente ad essa.

Questa Corte regolatrice ha precisato che la prova del dolo ben può avvenire attraverso la valutazione di specifici indicatori, e va escluso tutte le volte che la falsità risulti essere oltre o contro la volontà dell’agente, come quando risulti dovuta soltanto ad un mero errore percettivo (Sez. 3, n. 30862 del 14/05/2015, Di Stasi, cit.; Sez. 5, n. 3004 del 13/01/1999, W., Rv. 212939).

Alla luce di tali principi, risulta senz’altro incongrua e manifestamente illogica la motivazione resa sul punto dalla Corte d’Appello, la quale ha desunto la mancanza dell’elemento soggettivo dall’asserito difetto di interesse di [omissis] a sofisticare la rappresentazione dei fatti, in quanto il problema emerso era di tipo anestesiologico e non chirurgico.

Tale conclusione, invero consegue alla erronea individuazione del presupposto relativo al contenuto necessario della cartella clinica e dunque all’obbligo di rappresentazione gravante sull’imputato, inficiando la valutazione operata in ordine alla sussistenza dell’elemento soggettivo del reato..]

Sul tema del falso ideologico del sanitario si segnalano i seguenti arresti giurisprudenziali annotati:

(i) https://studiolegaleramelli.it/2025/04/07/non-ricorre-il-falso-ideologico-quando-il-medico-del-pronto-soccorso-attesta-una-lesione-effettivamente-esistente-anche-se-in-realta-non-e-prodotta-dallevento-dichiarato-dal-paziente/

(ii) https://studiolegaleramelli.it/2020/06/24/falso-materiale-e-ideologico-in-atto-pubblico-non-configura-falso-innocuo-la-condotta-del-medico-dellinps-consistente-nella-falsa-attestazione-della-sottoposizione-del-lavoratore-a-visita-me/

(iii) https://studiolegaleramelli.it/2021/05/23/il-professionista-sanitario-che-redige-falsamente-la-cartella-clinica-risponde-di-falso-ideologico-e-materiale-in-atto-pubblico-indipendentemente-dalla-natura-pubblica-convenzionata-o-privata-del-ra/

(iv) https://studiolegaleramelli.it/2021/09/16/il-medico-puo-essere-condannato-per-falso-ideologico-solo-se-le-difformita-rispetto-al-vero-risultanti-dalla-cartella-clinica-siano-accompagnate-dal-consapevole-e-volontario-scopo-di-rendere-la-falsa/

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