Bancarotta distrattiva per l’amministratore che non consegna al curatore gli IPad usati e di valore modesto oggetto di leasing concluso dalla società fallita.
E’ la decisione assunta dalla Corte di cassazione – sezione quinta penale con la sentenza numero 20221/2025 del 26.02.2025 (depositata il 30.05.2025), che ha affrontato la questione giuridica della rilevanza, ai fini della consumazione del reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale per distrazione, della mancata messa a disposizione della procedura concorsuale dei beni ricevuti dalla fallita a titolo di leasing e di proprietà della società concedente per mancato esercizio del diritto di riscatto.
Con la sentenza annotata la Suprema corte, ponendosi nel solco di un orientamento consolidato giurisprudenziale, ha ricordato che la condotta materiale del delitto fallimentare in parola è integrata da qualsiasi distacco di beni dal patrimonio sociale dell’ente senza adeguata controprestazione che può realizzarsi in ogni forma e con diverse modalità, risultando irrilevante sia il loro valore, sia la possibilità di recupero dei cespiti attraverso l’esperimento delle azioni revocatorie/restitutorie da parte della curatela.
Viene, altresì, ribadito, il principio della rilevanza ai fini della consumazione del reato in parola del mero possesso dei beni da parte dell’utilizzatore seguito dalla mancata consegna all’organo del fallimento e della ininfluenza del momento in cui interviene la risoluzione del contratto di leasing vale a dire prima della sentenza dichiarativa dello stato di insolvenza (già sentenza di fallimento) oppure successivamente alla pronuncia giurisdizionale.
- L’imputazione e l’esito dei giudizi di merito.
Nel caso di specie i giudici del doppio grado di merito avevano, concordemente, affermato la penale responsabilità dell’amministratore e legale rappresentante della società per i reati di bancarotta fraudolenta patrimoniale per distrazione, di bancarotta impropria da operazioni dolose e di bancarotta fraudolenta documentale.
Per quanto riguarda la bancarotta distrattiva il reato era stato ritenuto pacificamente consumato per la mancata consegna al curatore di alcuni dispositivi elettronici (I-Pad) utilizzati dai dipendenti della società fallita, nonostante il loro ridotto valore commerciale dovuto all’obsolescenza dello strumento elettronico.
- Il ricorso per cassazione.
La difesa del giudicabile con il ricorso per cassazione aveva dedotto, tra i vari motivi di doglianza e per quanto di interesse per la presente nota, il vizio di legge e di carenza di motivazione della sentenza impugnata, in relazione alla ritenuta distrazione dei beni aziendali, detenuti a titolo di leasing operativo dalla società fallita.
Secondo la difesa nel caso in disamina il reato non poteva ritenersi integrato considerato che gli I-Pad erano rimasti di proprietà della società concedente e quindi non erano mia entrati nel patrimonio della società fallita e che alla data del dichiarato fallimento erano privi di un apprezzabile valore di mercato.
Le superiori considerazioni, secondo la tesi difensiva sostenuta, deponevano per l’assenza di pregiudizio concreto per la massa dei creditori.
- La decisione della Suprema Corte ed i principi di diritto.
La Suprema Corte, dando ulteriore continuità ad un orientamento consolidato nella giurisprudenza di legittimità, ha ritenuto infondata la superiore doglianza per le ragioni indicate nel segmento di motivazione che segue:
[…Con particolare riferimento ai primi tre motivi di ricorso, non può non rilevarsene l’infondatezza.
Le condotte distrattive di cui si discute, come rilevato dalla corte territoriale, riguardano i dispositivi elettronici “I-pad” indicati nel capo 1) dell’imputazione, oggetto di un contratto di leasing operativo, di cui la società concedente “omissis S.p.A” ha rivendicato la proprietà, una volta dichiarato il fallimento, risultando dall’esame dell’imputato che la società fallita aveva avuto effettivamente in godimento i beni in questione, dati in dotazione ai dipendenti.
Si osserva, al riguardo, che costante appare l’orientamento giurisprudenziale, secondo cui, in tema di bancarotta fraudolenta patrimoniale, in caso di bene pervenuto all’impresa a seguito di contratto di “leasing”, qualsiasi manomissione del medesimo che ne impedisca l’acquisizione alla massa o che comporti per quest’ultima un onere economico derivante dall’inadempimento dell’obbligo di restituzione integra il reato poiché determina la distrazione dei diritti esercitabili dal fallimento con contestuale pregiudizio per i creditori a causa dell’inadempimento delle obbligazioni assunte verso il concedente (cfr. Sez. 5, n. 21933 del 17/04/2018, Rv. 272992; Sez. 5, n. 15403 del 13/02/2020, Rv. 279212).
Ai fini della sussistenza del reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale per distrazione, infatti, il distacco del bene dal patrimonio dell’imprenditore poi fallito (con conseguente depauperamento in danno dei creditori), in cui si concreta l’elemento oggettivo del reato di cui si discute, può realizzarsi in qualsiasi forma e con qualsiasi modalità, non avendo incidenza su di esso la natura dell’atto negoziale con cui tale distacco si compie, né la possibilità di recupero del bene attraverso l’esperimento delle azioni apprestate a favore della curatela (cfr., ex plurimis, Sez. 5, n. 44891 del 09/10/2008, Rv. 241830; Sez. 5, n. 48872 del 14/07/2022, Rv. 283893).
Integrano, pertanto, il reato di bancarotta fraudolenta per distrazione tutte le operazioni economiche che, esulando dagli scopi dell’impresa, determinano, senza alcun utile per il patrimonio sociale, un effettivo depauperamento di questo in danno dei creditori (cfr. Sez. 5, n. 15679 del 05/11/2013, Rv. 262655).
Proprio la natura di reato di pericolo del delitto di cui si discute rende del tutto irrilevante ai fini della sua configurabilità, sotto il profilo dell’elemento oggettivo e soggettivo del reato, l’assenza di un danno per i creditori (cfr. Sez. 5, n. 13382 del 03/11/2020, Rv. 281031).
In questa prospettiva, si è ulteriormente chiarito che, da un lato, integra il reato di bancarotta patrimoniale la distrazione di beni entrati nella effettiva disponibilità della società fallita in virtù di un contratto di ‘leasing’, risolto prima della dichiarazione di fallimento per inadempimento.
Quel che rileva, a tal fine, è, infatti, la disponibilità di fatto, in capo all’utilizzatore, dei beni successivamente distratti, considerato che, comunque, la sottrazione del bene comporta un pregiudizio per la massa fallimentare che viene gravata dell’onere economico derivante dall’inadempimento dell’obbligo di restituzione, ai sensi dell’art. 79 1. fall. (cfr. Sez. 5, n. 44350 del 17/06/2016, Rv. 268469); dall’altro, che del pari integra il delitto di bancarotta fraudolenta patrimoniale la sottrazione o dissipazione di un bene pervenuto alla società fallita a seguito di contratto di “leasing”, anche se risolto dopo la dichiarazione di fallimento, in quanto la perdita del valore del bene, suscettibile di riscatto, e l’onere economico derivante dall’inadempimento dell’obbligo di restituzione verso il concedente determina un pregiudizio per la massa fallimentare (cfr. Sez. 5, n. 15403 del 13/02/2020, Rv. 279212).
Quel che il ricorrente trascura, in altri termini è che nel cd. leasing operativo, su cui egli sofferma la sua attenzione nel secondo motivo di ricorso, il bene oggetto della negoziazione entra nella disponibilità di fatto dell’utilizzatore.
Tale profilo viene ben evidenziato nella motivazione della richiamata sentenza di questa Sezione n. 15403 del 13/02/2020 (p. 3), in cui, anche con pertinenti richiami giurisprudenziali, si afferma che “ove il fallimento, come nel caso di specie, riguardi l’utilizzatore, può venire in rilievo la sola disponibilità di fatto, essendo pacifico che il soggetto non ha la disponibilità giuridica, almeno sino alla fine rapporto e, cioè, sino a quando, previo esercizio del diritto di opzione, il medesimo non abbia corrisposto il prezzo di riscatto, acquisendo così la proprietà del bene.
La disponibilità di fatto – la sola configurabile in capo all’utilizzatore – postula, pur sempre, l’avvenuta consegna del bene oggetto di contratto di leasing; verificatosi tale indefettibile presupposto, la relativa appropriazione da parte sua integra distrazione, in quanto la sottrazione (o la dissipazione) del bene comporta un pregiudizio per la massa fallimentare che viene privata del valore dello stesso – che avrebbe potuto essere conseguito mediante riscatto al termine del rapporto negoziale – e, al tempo stesso, gravata di ulteriore onere economico scaturente dall’inadempimento dell’obbligo di restituzione (Sez. 5, n. 9427 del 03/11/2011, del 2012, Cannarozzo, Sez. 5, n. 44159 del 20/11/2008, Bausone, Rv 241692; Sez. 5, n. 33380 del 18/07/2008, Bottamedi)”.
Di tali principi la corte territoriale ha fatto specifica applicazione, uniformandosi all’orientamento costante della giurisprudenza di legittimità (cfr. pp. 15-17).
Quanto alla manifesta infondatezza del rilievo sulla mancata dimostrazione di un effettivo pregiudizio per i creditori e di un nesso causale tra le condotte distrattive e il danno subito da questi ultimi, si è già detto, in disparte la natura meramente tautologica dell’affermazione difensiva in ordine alla obsolescenza, da cui dedurre il modesto valore economico, dei beni distratti”.
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Sui rapporti tra obbligazioni nascenti dal contratto di leasing e bancarotta fraudolenta patrimoniale per distrazione si segnalano i tre arresti giurisprudenziali annotati che seguono:
Claudio Ramelli© RIPRODUZIONE RISERVATA