Frode fiscale: la Cassazione decreta l’inapplicabilità assoluta della causa di non punibilità del fatto tenue al reato punito dall’art.2 d.lgs. n.74/2000.
Questo è il principio di diritto fissato dalla Corte di cassazione sezione terza penale con la sentenza numero 20068/2025 – pronunciata il 15.04.2025 e depositata il 29.05.2025, che ha affrontato l’interessante questione giuridica della possibilità o meno di applicare (da parte del giudice di merito) la causa di non punibilità prevista dall’art. 131 bis cod. pen. al delitto di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti.
La Suprema Corte mettendo a raffronto la disciplina intertemporale dell’art.131 bis cod. pen. (prima e post Cartabia) con le variazioni della cornice edittale del delitto di frode fiscale ha recisamente escluso la teorica possibilità di fare applicazione della causa di non punibilità in parola al delitto previsto e punito dall’art.2 d.lgs. n.74/2000.
- L’imputazione e l’esito dei giudizi di merito.
Nel caso in disamina i giudici del doppio grado di merito avevano, concordemente, affermato la penale responsabilità dell’imputato in quanto ritenuto colpevole dei reati di cui all’art. 2 d.lgs. n.74 del 2000 perché, in qualità di legale amministratore e legale rappresentante della omissis s.r.l., al fine di evadere le imposte dirette e sul valore aggiunto, avvalendosi delle fatture per operazioni inesistenti indicate nei rispettivi capi di imputazione, riportava nelle dichiarazioni annuali relative a dette imposte, per i periodi di imposta 2012, 2013, 2014, 2015, 2016, elementi passivi fittizi per importi significativi riferiti a ciascuna annualità
- Il ricorso per cassazione dell’imputato.
La difesa dell’imputato interponeva ricorso per cassazione articolando plurimi motivi di impugnazione.
Per quanto di interesse per la presente nota si segnala che con una doglianza veniva censurata la decisione della Corte di appello che aveva denegato l’applicabilità dell’art. 13, comma 3-ter, d.lgs. n. 74 del 2000, introdotto dal d.lgs. n. 87 del 2024.
In sintesi, ha lamentato la difesa che, avendo il ricorrente completamente adempiuto al proprio obbligo di pagamento del debito tributario, in data 31/05/2022, secondo il piano di rateizzazione concordato con l’amministrazione finanziaria, prima della chiusura del dibattimento di primo grado, dichiarata all’udienza del 18/07/2022, e consentendo il trattamento sanzionatorio l’applicazione dell’art. 131-bis cod. pen. (all’epoca della commissione dei fatti il minimo edittale era di un anno e sei mesi di reclusione), doveva essere valutata la causa di esclusione della punibilità alla luce del comma 3-ter dell’art. 13 d.lgs. n. 74 del 2000, introdotto dal d.lgs. n. 87 del 2024, che, ai fini dell’applicabilità della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto in materia di reati tributari, prevede che il giudice debba valutare determinati indici, tra i quali quello dell’avvenuto adempimento integrale dell’obbligo di pagamento secondo il piano di rateizzazione concordato con l’amministrazione finanziaria o l’entità del debito residuo.
- La decisione della Suprema Corte ed il principio di diritto.
Il Collegio del diritto ha ritenuto infondato il superiore motivo di ricorso per le ragioni indicate nel segmento di motivazione di seguito riportato:
[… “E’ manifestamente infondato anche il primo motivo di ricorso.
La difesa ha sostenuto l’applicabilità dell’art. 131-bis cod. pen. alla luce del sopravvenuto art. 13, comma 3-ter, d.lgs. n. 74 del 2000, aggiunto dall’art. 1, comma 1, lett. f), n. 3, d.lgs. 14 giugno 2024, n. 87, a decorrere dal 29/06/2024, secondo cui, in materia di reati tributari, ai fini della non punibilità per particolare tenuità del fatto di cui all’art. 131-bis cod. pen., quanto al criterio-indice dell’entità dell’offesa, il giudice deve valutare, in modo prevalente, uno o più dei seguenti indici: a) l’entità dello scostamento dell’imposta evasa rispetto al valore soglia stabilito ai fini della punibilità; b) salvo quanto previsto dal comma 1, l’avvenuto adempimento integrale dell’obbligo di pagamento secondo il piano di rateizzazione concordato con l’amministrazione finanziaria; c) l’entità del debito tributario residuo, quando sia in fase di estinzione mediante rateizzazione; d) la situazione di crisi ai sensi dell’art. 2, comma 1, lettera a), del codice della crisi di impresa e dell’insolvenza, di cui al d.Igs. n. 14 del 2019.
La difesa deduce in proposito il totale pagamento del debito tributario, avvenuto il 31/05/2022, in data anteriore alla chiusura del dibattimento di primo grado, avvenuta all’udienza del 18/07/2022, tale da far ritenere il ricorrente meritevole dell’applicazione della causa di non punibilità di cui all’art. 131-bis, alla luce degli indici di valutazione dell’entità dell’offesa introdotti dal comma 3- ter dell’art. 13 d.lgs. n. 74 del 2000, ed in particolare dell’indice di cui alla lettera b) (adempimento integrale dell’obbligo di pagamento secondo il piano di rateizzazione concordato con l’amministrazione finanziaria).
Va osservato che l’art. 131-bis, comma 1, cod. pen., come modificato dal d.lgs. n. 150 del 2022, a decorrere dal 30 dicembre 2022, prevede che l’istituto della non punibilità per particolare tenuità del fatto possa essere applicato ai reati per i quali è prevista la pena detentiva non superiore nel minimo a due anni, mentre, in epoca anteriore alle modifiche apportate dal d.lgs. n. 150 del 2022, il predetto istituto era applicabile in ordine ai reati per i quali era prevista la pena detentiva non superiore nel massimo a cinque anni.
Ebbene, diversamente da quanto sostenuto nel motivo di ricorso, l’istituto di cui all’art. 131-bis cod. pen., prima delle modifiche apportate dal d.lgs. n. 150 del 2022, non era applicabile al reato di cui all’art. 2 d.lgs. n. 74 del 2000, contestato al ricorrente, poiché, all’epoca di commissione dei fatti, detto reato era punito con la reclusione da un anno e sei mesi a sei anni, dunque con pena superiore nel massimo a cinque anni di reclusione.
Né è possibile giovarsi della modifica dell’art. 131-bis cod. pen. operata dal d.lgs. n. 150 del 2022 a partire dal 30/12/2022, dal momento che l’art. 39, comma 1, lett. a), del d.l. n. 124 del 2019 ha modificato l’ambito edittale del reato di cui all’art. 2 d.lgs. n. 74 del 2000, a decorrere dal 25/12/2019, elevandolo da quattro a otto anni di reclusione, dunque prevedendo un minimo edittale superiore ai due anni di reclusione.
Né ancora è possibile sostenere, come fa il ricorrente, che dovrebbe operarsi un combinato disposto delle normative per lui più favorevoli, vale a dire la normativa relativa al trattamento sanzionatorio di cui all’art. 2 d.lgs. n. 74 del 2002 dell’epoca di commissione dei fatti e la normativa vigente relativamente agli artt. 131-bis cod. pen. e 13, comma 3-ter, d.lgs. n. 74 del 2000.
Osta, infatti, a tale interpretazione l’orientamento di legittimità ampiamente consolidato secondo cui, in materia di successione nel tempo di leggi penali, giudice, una volta individuata la disposizione complessivamente più favorevole, deve applicarla nella sua integralità, senza poter combinare un frammento normativo di una legge e un frammento normativo dell’altra legge secondo il criterio del “favor rei“, atteso che in tal modo verrebbe ad applicare una terza fattispecie di carattere intertemporale non prevista dal legislatore con violazione del principio di legalità (Sez. U, n. 10626 del 06/10/1979, Maggi, Rv. 089651, la quale ha precisato che, a tal fine, deve aversi riguardo all’intera disciplina di un determinato reato o istituto; nello stesso senso, Sez. 4, n. 13207 del 27/01/2022, Premoli, Rv. 282936; Sez. 4, n. 7961 del 17/01/2013, Capece, Rv. 255103; Sez. 4, n. 36757 del 04/06/2004, Perino, Rv. 229687)”
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