Bancarotta fraudolenta documentale: l’omessa tenuta della contabilità interna della società vale la condanna solo se accompagnata dalla prova del dolo specifico.
E’ il principio di diritto ribadito con la sentenza numero 20234/2025 del 17.04.2025 ( data di deposito 29.05.2025) resa dalla Corte di cassazione – sezione quinta penale, che ha affrontato la questione giuridica della completezza della motivazione che il giudice di merito deve porre a corredo dell’affermazione della penale responsabilità dell’imputato rinviato a giudizio per il delitto fallimentare di bancarotta fraudolenta documentale, cosiddetta specifica.
Il capo di imputazione e l’esito dei giudizi di merito.
Nel caso di specie i giudici del doppio grado di merito, avevano, concordemente, condannato alla pena ritenuta l’imputato tratto a giudizio quale amministratore di fatto della società fallita per il reato di bancarotta fraudolenta documentale.
Secondo l’ipotesi accusatoria validata nei primi due gradi di giudizio la carenza di documentazione contabile era riferita a crediti verso clienti per euro 250.400.
Ciò secondo il PM impediva:
1) di verificare la natura di tali crediti;
2) l’eventuale riscossione degli stessi;
3) l’eventuale impiego delle somme corrispondenti, anche per fatti di distrazione.
Il ricorso per cassazione della difesa.
La difesa del giudicabile con il ricorso per cassazione aveva dedotto, tra i vari motivi di doglianza, il vizio di legge e di carenza di motivazione, non avendo la Corte territoriale illustrato adeguatamente la sussistenza del dolo specifico, in capo al ricorrente, di arrecare danno ai creditori.
In particolare, secondo la difesa, nella motivazione della sentenza impugnata non è specificata la natura dolosa ovvero colposa della condotta di omessa tenuta delle scritture contabili, circostanza dirimente anche per l’eventuale derubricazione del reato ritenuto in sentenza in quello meno grave di bancarotta semplice.
La decisione della Suprema Corte.
La Suprema Corte, dando ulteriore continuità ad un orientamento consolidato nella giurisprudenza di legittimità, ha ritenuto fondata la superiore doglianza per le ragioni indicate nel segmento di motivazione di seguito riprodotto:
[…Per contro, il secondo motivo è fondato e assorbe il terzo.
L’affermazione di responsabilità dell’imputato per l’ascritto reato di bancarotta documentale fraudolenta poggia, invero, su basi argomentative assai fragili.
È, infatti, asseverativo l’argomentare della Corte d’appello nel punto in cui sostiene che l’omessa tenuta della contabilità avesse “chiaramente lo scopo di impedire la ricostruzione della situazione contabile della società, recando tra l’altro danno ai creditori” (p. 5 dell’impugnata sentenza. Corsivo nostro).
Peraltro, il capo d’imputazione si riferisce a un dolo generico, ciò che sembra prefigurare, quindi, una responsabilità per bancarotta documentale cd. generica (sul punto, v., tra le altre pronunce, Sez. 5, n. 26379 del 05/03/2019, Inverardi, Rv. 276650 – 01: «in tema di bancarotta fraudolenta documentale, l’occultamento delle scritture contabili, per la cui sussistenza è necessario il dolo specifico di recare pregiudizio ai creditori, consistendo nella fisica sottrazione delle stesse alla disponibilità degli organi fallimentari, anche sotto forma della loro omessa tenuta, costituisce una fattispecie autonoma ed alternativa – in seno all’art. 216, comma primo, n. 2, legge fall. – rispetto alla fraudolenta tenuta di tali scritture che, invece, integra un’ipotesi di reato a dolo generico e presuppone un accertamento condotto su libri contabili effettivamente rinvenuti ed esaminati dai predetti organi»).
Mette conto osservare, inoltre, che, nella sentenza di primo grado (v. in particolare, p. 6), la mancata tenuta di scritture contabili è indicata non in assoluto, ma a partire da un certo momento in poi (2009).
Ebbene, a fronte di quel capo di imputazione, la Corte distrettuale non esita ad affermare la sussistenza, nel caso in esame, del dolo specifico, in capo al ricorrente, di arrecare danno al ceto creditorio, senza che detta asserzione sia corredata da più specifiche notazioni.
A tal proposito, in parte motiva è riferito soltanto che, dalle risultanze processuali, emergeva l’esistenza di “crediti verso clienti per oltre 250.000 euro, per cui appare chiaro come la mancanza assoluta di contabilità abbia avuto come effetto l’impossibilità di compiuta verificazione di tali crediti (p. 5 della gravata sentenza. Corsivo nostro).”
Sul punto, è opportuno ribadire che l’omessa tenuta della contabilità interna integra gli estremi del reato di bancarotta documentale fraudolenta solo qualora si accerti che scopo dell’omissione sia quello di recare pregiudizio ai creditori; diversamente, risulterebbe impossibile distinguere tale fattispecie da quella analoga sotto il profilo materiale, prevista dall’art. 217 legge fall. e punita sotto il titolo di bancarotta semplice documentale (Sez. 5, n. 18320 del 07/11/2019, dep. 2020, Morace, Rv. 279179 01: «integra il reato di bancarotta documentale fraudolenta, e non di quello di bancarotta semplice, l’omessa tenuta della contabilità interna quando lo scopo dell’omissione è quello di recare pregiudizio ai creditori, impedendo la ricostruzione dei fatti gestionali»: fattispecie relativa all’occultamento ed omessa consegna della documentazione contabile da parte di un soggetto che aveva assunto la gestione di fatto della società dopo aver dismesso la carica formale di amministratore; Sez. 5, n. 25432 del 11 aprile 2012, De Mitri e altri, Rv. 252992).
Ora, nella motivazione dell’impugnata sentenza ciò che appare del tutto omesso è, appunto, la dimostrazione che lo scopo dell’omissione sia stato quello di recare pregiudizio ai creditori.
Sicché l’affermazione di responsabilità del (omissis) per il delitto di bancarotta documentale fraudolenta resta affidata, in buona sostanza, a forme avverbiali (“chiaramente”) e aggettivali (“chiaro”), certamente non idonee a supportarne la condanna..]
Claudio Ramelli© RIPRODUZIONE RISERVATA