Se l’impugnazione è proposta dalla sola parte civile il nesso causale tra l’azione imperita e le lesioni colpose deve essere accertato secondo i criteri civilistici della responsabilità aquiliana.

Con sentenza 20939/2025 del 28.03.2025 (depositata in data 05.06.2025), la quarta sezione penale della Corte di cassazione, ha affrontato l’interessante questione giuridica del criterio ermeneutico che il Giudice penale deve utilizzare per decidere sull’impugnazione proposta dalla sola parte civile  circa la sussistenza o meno del nesso di causalità tra la condotta illecita contestata e l’evento avverso, quando l’imputato rinviato a giudizio per un reato colposo di evento (lesioni od omicidio colposo) è stato assolto all’esito del giudizio di primo grado.

La sentenza in commento, dando ulteriore continuità al dominante orientamento giurisprudenziale, ha ribadito che in assenza di impugnazione da parte del PM – con conseguente formazione del giudicato assolutorio -, il nesso di causalità deve essere accertato secondo il criterio civilistico “del più probabile che non” in luogo di quello tipico del processo penale che, sostanzialmente, richiede la certezza (o quasi certezza) dell’eziologia tra fatto addebitato ed esito infausto dell’azione del sanitario.

Il vizio denunciato dalla parte civile afferente la motivazione incongrua rispetto al superiore principio, correttamente enunciato ma non effettivamente applicato dalla Corte di appello, ha condotto all’annullamento (ai soli effetti civili) della sentenza impugnata.

 

  1. Il fatto contestato e l’esito dei giudizi di merito.

I giudici del doppio grado di merito avevano giudicato scevro da responsabilità penale l’imputato rinviato a giudizio per il delitto previsto e punito dall’art. 590 cod. pen. in riferimento ad un intervento di sostituzione di protesi mammarie, liposuzione e revisione cicatrice addome.

Secondo il PM la colpa professionale era da ascrivere ad imperizia e negligenza del chirurgo plastico, consistite nella mancata osservanza delle linee guida, nel congedare la paziente senza opportuni controlli, nell’avere eseguito l’intervento presso una struttura non adeguata a supportare la situazione emorragica grave verificatasi la sera dell’intervento e nell’omettere i doverosi controlli e interventi.

Tutto ciò, sempre secondo l’ipotesi accusatoria, aveva cagionato alla paziente lesioni personali quali ematoma, tessuti muscolari lesionati, asportazione della protesi mammaria destra, cicatrici incongrue,  disomogeneità del sottocutaneo addominale.

 

  1. Il ricorso per cassazione.

La parte civile, limitatamente agli aspetti afferenti la responsabilità aquiliana del giudicabile, interponeva ricorso per cassazione contro la sentenza emessa dalla corte territoriale di conferma dell’assoluzione dell’imputato per il reato a lui contestato.

In particolare, per quanto di interesse per la presente nota, si segnala che con un motivo di ricorso la PC ricorrente, si doleva della circostanza che la Corte di appello non aveva operato buon governo della regola di accertamento del nesso causale che, nel caso in scrutinio, doveva essere accertato secondo i criteri civilistici e non quelli che presidiano la prova penale sul nesso causale.

 

  1. La decisione della Suprema Corte.

La Suprema Corte ha ritenuto fondata la superiore censura ed annullato con rinvio al giudice civile l’impugnata sentenza per le ragioni riportate nei passaggi della motivazione che seguono.

 

3.1. Il principio di diritto correttamente enunciato ma non applicato

[…Ciò posto, le restanti doglianze, che possono esaminarsi congiuntamente per intima connessione logica, sono invece fondate.

La Corte territoriale ( cfr pag. 19 e seg) premette,  con  diffusa  motivazione,  che,  essendo  divenuta  irrevocabile  l’assoluzione dell’imputato in sede penale, e vertendosi nella ipotesi di impugnazione proposta dalla parte civile avverso i soli capi che concernono gli effetti civili, il giudice non è più chiamato a formulare, sia pur incidenter tantum, un giudizio di colpevolezza di tipo penalistico, ma deve accertare se sia integrata la fattispecie civilistica dell’illecito aquiliano (arg. x. Corte Costituzionale,       sentenzn.182/2021;    in         tal senso Sez. 3 – n. 20559 del 24/03/2022 Comune di Molfetta/ Balestri, Rv. 283234 – 03).

Chiarisce ancora, con condivisibili argomentazioni, che il giudizio di responsabilità  va condotto secondo la nota regola, di tipo civilistico, del ” più probabile che non”.

Orbene, secondo i consolidati approdi della giurisprudenza di questa Corte di legittimità, richiamati anche dalla sentenza impugnata, nel giudizio civilistico in tema di responsabilità sanitaria l’accertamento del nesso causale è, appunto, improntato al criterio giuridico del “più probabile che non”, il quale impone al giudice di dare prevalenza alla spiegazione causale che si presenta come più probabile, tenuto conto della comparazione tra le diverse spiegazioni alternative, attenendosi nella valutazione ad un concetto di probabilità non necessariamente statistico, ma altresì logico, tale per cui, nella comparazione tra due o più possibili spiegazioni di un evento, una di esse prevale sulle altre in ragione dei suoi riscontri probatori o della sua coerenza intrinseca o di altro criterio di giudizio valido a sorreggere la decisione (Sez. 3 – , n. 25805 del 26/09/2024, Rv. 672460 – 01).

Più precisamente, qualora l’evento dannoso sia ipoteticamente riconducibile a una pluralità di cause, si devono applicare i criteri della “probabilità prevalente” e del “più probabile che non”; pertanto, il giudice di merito è tenuto, dapprima, a eliminare, dal novero delle ipotesi valutabili, quelle meno probabili, poi ad analizzare le rimanenti ipotesi ritenute più probabili e, infine, a scegliere  tra esse quella che abbia ricevuto, secondo un ragionamento di tipo inferenziale, il maggior grado di conferma dagli elementi di fatto aventi la consistenza di indizi, assumendo  così  la  veste  di probabilità prevalente (Sez. 3 –   n. 25884 del 02/09/2022, Rv. 665948 – 01).

Tale essendo la regola di giudizio applicabile, il ragionamento sviluppato dalla Corte territoriale non risulta coerente con il presupposto enunciato.

I giudici di merito hanno infatti condotto un procedimento logico – giuridico improntato all’accertamento del nesso causale con un grado di probabilità sostanzialmente prossimo alla certezza, secondo il criterio tipico del giudizio di tipo penalistico, non procedendo ad analizzare gli elementi di fatto acquisiti al giudizio secondo il distinto criterio della ” probabilità prevalente”…]

 

3.2. L’applicazione del principio della probabilità prevalente al caso di specie ed il conseguente annullamento da parte della Suprema Corte.

[…Al (omissis) era stato infatti contestato, quale profilo colposo in ordine all’infausto esito dell’intervento, di aver praticato una scorretta emostasi durante l’operazione e non aver proceduto, come prudenzialmente avrebbe dovuto fare, al drenaggio postoperatorio che, seppure non obbligatorio (secondo quando pacificamente accertato) sarebbe stato comunque imposto dalle particolari condizioni della paziente, che stava subendo un secondo intervento di mastoplastica.

Orbene, i giudici di merito hanno escluso, senza adeguata spiegazione, la possibile valenza probabilistica di una pluralità di elementi di fatto aventi la consistenza di indizi emersi nel corso del procedimento ed analiticamente indicati nei motivi di ricorso.

In particolare, secondo quanto emerge dalle sentenze di merito, il medico operatore -aveva rappresentato un ventaglio di ipotesi cui l’emorragia post – operatoria poteva ricollegarsi causalmente, tra cui un trauma, uno sbalzo di pressione o una scorretta emostasi.

Non risultando evidenze specifiche riguardo a un trauma o uno sbalzo di pressione, ma essendosi manifestata l’emorragia la stessa sera dell’intervento, la sentenza impugnata non chiarisce adeguatamente le ragioni per cui è pervenuta alla certa esclusione di una scorretta emostasi durante l’intervento chirurgico subito  dalla  ricorrente  e  alla  dichiarata  correttezza  della  scelta  di  non  applicare  il drenaggio.

Come evidenziato nei motivi di ricorso sussistono invero elementi di indubbia valenza indiziaria quali: 1) le indicazioni del medico di Pronto soccorso dott.ssa – omissis –  2)  il riferito  gonfiore  post operatorio  da  parte  della omissis riscontrato anche dal marito della predetta; 3) l’incidenza della precedente operazione di mastoplastica cui era stata sottoposta la ricorrente; 4) la accertata inadeguatezza della  struttura in cui era avvenuto l’intervento.

A tal proposito nei motivi di ricorso ( pag. 37 -38) si evidenzia come, dalla espletata istruttoria, fosse emerso ( cfr. dichiarazioni  del dott.   e del CT di parte dott. -omissis- che i tessuti già trattati presentavano esiti cicatriziali e fibrotici e che ciò esponeva certamente la paziente a rischi di complicanza maggiore.

Riguardo a tale punto, la Corte territoriale (cfr. pag. 32) afferma l’assenza di rischio emorragico della paziente in base agli esiti delle analisi cliniche pre – intervento eseguite, dalle quali non erano emerse problematiche in ordine alla coagulazione del sangue, ma non affronta specificamente la valutazione dell’incidenza di un maggiore rischio dovuto alla particolarità del caso, riguardante un nuovo intervento su tessuti già operati in precedenza.

Infine, non è sufficientemente argomentata l’esclusione di ogni incidenza causale sul negativo  decorso post operatorio della  -omissis – della acclarata inadeguatezza della struttura in cui l’intervento chirurgico era stato eseguito.

E’ invero certo che si trattava di struttura ambulatoriale autorizzata solo per interventi da eseguirsi in anestesia locale, mentre la sostituzione e riapplicazione di protesi si deve eseguire in sedazione e in regime di day surgery o con ricovero di almeno 24 ore.

La struttura era certamente priva dei requisiti necessari analiticamente previsti dal DPR 14/1/1997, quali la dotazione di un tavolo operatorio, della adeguata illuminazione e dei presidi igienici ed organizzativi appropriati, tali da garantire una corretta assistenza…]

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