Causa di non punibilità per fatto tenue e reati tributari: la Cassazione dà ulteriore impulso e valore al pagamento del debito fiscale anche se non integrale.

La Corte di cassazione – sezione terza penale, con la sentenza numero 22076/2025 – del 13.03.2025, depositata il 12.06.2025, segnalata per l’importanza all’Ufficio del Massimario, ha statuito che per l’applicazione della  causa di esclusione della punibilità del fatto di particolare tenuità, come introdotta dal comma 3-ter dell’art. 13 d.lgs. n.74 del 2000, dal d.lgs. n. 87 del 2024, il Giudice di merito deve attribuire prevalente rilevanza all’estinzione (o quasi, come nel caso di specie) del debito fiscale rispetto al disvalore astrattamente ricollegabile all’entità dell’imposta non versata per effetto dell’illecito tributario.

La sentenza annotata è di interesse per l’elaborazione di strategie difensive per i reati tributari anche per le seguenti ragioni:

  • Nell’ambito dei reati previsti e puniti dal d.lgs. n.74/2000 per l’applicabilità della causa di esclusione della punibilità per particolare del fatto tenue deve farsi riferimento al disposto dell’art. 13, comma 3-ter d.lgs. n.74 del 2000 come introdotto dal d.lgs. n. 87 del 2024, in luogo della disciplina generale dettata  dall’art.131 bis cod. pen..
  • Il pagamento del debito tributario assume rilevanza per la causa di non punibilità in parola anche se non integralmente eseguito, sempre che il Giudice valuti affidabile l’imputato/contribuente.
  • Il disposto dell’art. 13, comma 3-ter d.lgs. n.74 del 2000 è applicabile anche a fatti di reati consumati antecedentemente il d.lgs. n. 87 del 2024 trattandosi di norma penale sostanziale più favorevole.
  • La decisione sembra dare continuità all’orientamento che ritiene applicabile la causa di non punibilità al reato previsto e punito dall’art. 2 d.lgs. n.74/2000, nonostante il recente contrasto giurisprudenziale registrato nella recente giurisprudenza di legittimità: https://studiolegaleramelli.it/2025/06/11/lo-stato-dellarte-del-contrasto-giurisprudenziale-sullapplicabilita-della-causa-di-non-punibilita-del-fatto-tenue-alla-frode-fiscale/
  1. L’imputazione e l’esito conforme dei giudizi di merito.

Nel caso in disamina i giudici del doppio grado di merito avevano, concordemente, affermato la penale responsabilità dell’imputata in quanto ritenuta colpevole del reato di cui all’art. 2 d.lgs. n.74 del 2000 perché, quale legale rappresentante di una società, al fine di evadere l’imposta sul valore aggiunto, si avvaleva di fatture per operazioni inesistenti emesse da una stessa ditta individuale, portando in dichiarazione elementi passivi fittizi.

  1. Il ricorso per cassazione.

La difesa dell’imputata interponeva ricorso per cassazione articolando plurimi motivi di impugnazione.

Per quanto di interesse per la presente nota si segnala che con una doglianza veniva censurata la decisione della Corte di appello sotto il profilo del vizio di legge e di motivazione, per la mancata considerazione del fatto che l’imputata, come risultante dalla stessa sentenza di primo grado, aveva già versato la somma di euro 95.584,45, su un debito di euro 97.937,33, tanto che lo stesso Tribunale aveva disposto la perdita di efficacia del sequestro preventivo, in considerazione della modesta entità del debito residuo e dell’affidabilità fino a ora manifestata dalla società nell’adempimento delle rate del piano concordato con l’A.D.E .

Successivamente al deposito del ricorso per cassazione la difesa, con separata memoria, aveva  invocato l’applicazione dell’art. 13 del d.lgs. n. 74 del 2000 e, in particolare, del suo comma 3-ter, nella formulazione recentemente introdotta dal d.lgs. 14 giugno 2024, n. 87 evidenziando il valore preminente riconosciuto all’estinzione del debito tributario.

 

  1. La decisione della Suprema Corte ed il principio di diritto.

Il Collegio del diritto ha ritenuto fondato il superiore motivo di ricorso e, per l’effetto, ha  annullato con rinvio la sentenza impugnata per le ragioni indicate nel segmento di motivazione di seguito riportato.

3.1. Le ragioni censurate della decisione adottata dalla Corte di appello che ha escluso la causa di non punibilità valutando il fatto alla stregua dell’art. 131 bis c.p.p.

[…La Corte di appello ha negato l’applicabilità dell’art. 131-bis cod. pen. sulla base della <notevolissima, entità dell’imposta indebitamente richiesta in accredito», la quale <impedisce di ritenere il fatto di particolare tenuità, ad onta della successiva condotta riparativa (dovuta esclusivamente alla scoperta dell’illecito) e della incensuratezza dell’imputata».

La sentenza, pertanto, ha considerato il comportamento successivo al reato che, a seguito del d.lgs. n. 150 del 2022, deve esser valutato nell’ambito del giudizio sulla sussistenza delle condizioni per la concreta applicabilità dell’esimente, essendo rilevante ai fini dell’apprezzamento dell’entità del danno, ovvero come possibile spia dell’intensità dell’elemento soggettivo (anche con riguardo ai fatti commessi prima del 30 dicembre 2022, data di entrata in vigore della novella, come affermato – tra l’altro – da Sez. 1, n. 30515 del 02/05/2023,Rv. 284975).

Il principio, peraltro, è stato già affermato proprio con riguardo ai reati tributari, sul presupposto che, tra le condotte susseguenti al reato, che per effetto della novella dell’art. 131-bis cod. pen. ad opera del d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, non possono, di per sé sole, rendere di particolare tenuità un’offesa che tale non era al momento del fatto, ma che tuttavia possono essere valorizzate nell’ambito del giudizio complessivo sull’entità dell’offesa recata, da effettuarsi alla stregua dei parametri di cui all’art. 133, primo comma, cod. pen., vi è anche l’integrale o anche parziale adempimento del debito tributario con l’Erario, anche attraverso un piano rateale concordato o l’adesione alla c.d. “rottamazione delle cartelle esattoriali” (Sez. 3, n. 4145 del 04/12/2024, dep. 2025, non mass.; Sez. 4, n. 14073 del 05/03/2024, Rv. 286175).

Il giudizio fornito dalla Corte d’appello, appare aderente al canone interpretativo derivante dalla richiamata modifica dell’art. 131-bis cod. pen. ad opera del d.lgs. n. 150 del 2022, che richiede un’esplicita <«considerazione della condotta susseguente al reato».

I giudici d’appello hanno, infatti, considerato, da un lato, l’entità del profitto del reato e, dall’altro, il pagamento effettuato, operando un bilanciamento nel senso della prevalenza del primo elemento sul secondo e, conseguentemente, escludendo la particolare tenuità del fatto.].

 

3.2. La nuova formulazione dell’art. 13 d.lgs. n. 74/2000 per effetto del d.lgs. 14 giugno 2024, n. 87 non valorizzata dalla CDA.

[…Il quadro normativo è però attualmente arricchito – con specifico riferimento ai reati tributari – dalla nuova formulazione dell’art. 13 del d.lgs. n. 74del 2000, per come novellato dal d.lgs. 14 giugno 2024, n. 87.

Nella disposizione, infatti, è stato inserito il comma 3-ter, in forza del quale, «ai fini della non punibilità per particolare tenuità del fatto, di cui all’articolo 131-bis del codice penale, il  giudice valuta, in modo prevalente, uno o più dei seguenti indici: a) l’entità dello scostamento dell’imposta evasa rispetto al valore soglia stabilito ai fini della punibilità; b) salvo quanto previsto al comma 1, l’avvenuto adempimento integrale dell’obbligo di pagamento secondo il piano di rateizzazione concordato con l’amministrazione finanziaria; c) l’entità del debito tributario residuo, quando sia in fase di estinzione mediante rateizzazione; d) la situazione di crisi ai sensi dell’articolo 2, comma 1, lettera a), del codice della crisi d’impresa е dell’insolvenza, di cui al decreto legislativo 12 gennaio 2019, n. 14».

Anche tale disciplina, per la sua natura sostanziale e non esclusivamente processuale, deve essere ritenuta applicabile ai fatti commessi precedentemente alla sua entrata in vigore.

Essa si differenzia da quella generale per il riferimento al carattere prevalente degli indici richiamati nel bilanciamento con elementi di segno contrario, ai fini della valutazione sull’applicabilità dell’art.131-bis cod. pen.

Per quanto qui interessa, dunque, nel settore dei reati tributari, è dato specifico rilievo ad una condotta susseguente al reato, rispetto alla quale non è sufficiente una semplice considerazione da parte del giudice, perché la disposizione prevede espressamente che ad essa debba essere attribuita prevalenza sugli eventuali elementi ostativi – di cui tiene conto il primo comma dell’art. 131-biscod. pen. – rappresentati dalle modalità della condotta e dalla non esiguità del danno o del pericolo, valutate ai sensi dell’art. 133, primo comma, cod. pen.

Dunque, in presenza di una progressiva estinzione del debito tributario mediante rateizzazione, ai sensi della richiamata lettera c) del comma 3-ter dell’art. 13 del d.lgs. n. 74 del 2000, il giudice deve valutare in termini di prevalenza l’«entità del debito tributario residuo», quale differenza fra l’entità del debito tributario iniziale e quella dei pagamenti effettuati.

Ne consegue che,  qualora i pagamenti effettuati coprano una percentuale assai elevata del debito tributario, il comportamento dell’imputato successivo alla commissione del reato deve essere ritenuto – per espressa previsione legislativa – quale indice particolarmente pregnante della speciale tenuità del fatto.

Diversamente opinando, del resto, la modifica legislativa dell’art. 13 del d.lgs. n. 74 del 2000 verrebbe svuotata della sua portata innovativa, evidentemente, ispirata a dare prevalenza alla finalità recuperatoria della regolamentazione, anche penale, del settore tributario, a scapito della finalità punitiva.

Tale scelta legislativa si pone, infatti, in linea con i principi che già ispirano il d.lgs. n. 74 del 2000, nel senso di favorire il più possibile comportamenti collaborativi degli autori di illeciti diretti ad effettuare pagamenti, anche parziali, dei debiti tributari oggetto di imputazione penale.

È il caso dell’art.12-bis, comma 2, che esclude, a certe condizioni, il sequestro dei beni finalizzato alla confisca, se il debito tributario è in corso di estinzione mediante rateizzazione, anche a seguito di procedure conciliative o di accertamento con adesione, sempre che, in detti casi, il contribuente risulti in regola con i relativi pagamenti.

E sono ispirati ad analoga ratio sia i commi 1, 2, 3 dell’art, 13, che disciplinano le cause di non punibilità, collegate a pagamenti, adesioni a procedure conciliative, ravvedimenti operosi, rateizzazioni, sia gli artt. 13-ter e 14, che configurano circostanze attenuanti anch’esse collegate a pagamenti e rateizzazioni..].

 

3.3. L’applicazione della disciplina di nuovo conio alla fattispecie scrutinata e l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata.

[..I principi di cui sopra non sono stati tenuti in adeguata considerazione dalla Corte d’appello nel caso in esame, perché la sentenza impugnata ha operato un bilanciamento nel senso della prevalenza del dato negativo, rappresentato dalla <notevolissima entità dell’imposta indebitamente richiesta in accredito», rispetto all’elemento positivo del pagamento rateale che ha coperto la quasi totalità della somma dovuta, nonostante la lettera c) del comma 3-ter dell’art. 13 del d.lgs. n. 74 del 2000 imponga di valutare in modo prevalente l’entità del debito residuo].

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