Art. 5 – Omessa dichiarazione.

  1. E’ punito con la reclusione da due a cinque anni chiunque al fine di evadere le imposte sui redditi o sul valore aggiunto, non presenta, essendovi obbligato, una delle dichiarazioni relative a dette imposte, quando l’imposta evasa è superiore, con riferimento a taluna delle singole imposte ad euro cinquantamila. 

1-bis. E’ punito con la reclusione da due a cinque anni chiunque non presenta, essendovi obbligato, la dichiarazione di sostituto d’imposta, quando l’ammontare delle ritenute non versate è superiore ad euro cinquantamila.

  1. Ai fini della disposizione prevista dai commi 1 e 1-bis non si considera omessa la dichiarazione presentata entro novanta giorni dalla scadenza del termine o non sottoscritta o non redatta su uno stampato conforme al modello prescritto.

 

La fattispecie in sintesi (aggiornata con la legge n. 157/2019)

La condotta: La norma penale punisce il contribuente ed il sostituto d’imposta che non presenti, essendovi obbligato, una delle dichiarazioni relative alle imposte sui redditi o sul valore aggiunto, in caso di superamento della soglia di punibilità.

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Elemento soggettivo: il delitto è punito a titolo di dolo specifico, consistente nel fine di evadere le imposte sui redditi o sul valore aggiunto, che si aggiunge alla coscienza e volontà di realizzare il fatto tipico (omessa presentazione della dichiarazione).

 

Non punibilità: se i debiti tributari, comprensivi di sanzioni ed interessi, sono stati estinti mediante pagamento integrale degli importi dovuti, a seguito di ravvedimento operoso o della presentazione della dichiarazione, sempreché questi siano avvenuti prima che l’autore del reato abbia avuto formale conoscenza dei accessi, ispezioni, verifiche o dell’inizio di qualunque attività di accertamento amministrativo o di procedimenti penali.

Momento di consumazione del reato: scadenza del termine dilatorio di 90 giorni concesso al contribuente per presentare la dichiarazione successivamente alla scadenza del termine ordinario.

 

Sanzione: reclusione da 2 a 5 anni.

 

Non si applica la normativa 231/2001

Focus sulle modifiche introdotte dal D.lgs. 124/2019 (convertito in legge 157/2019).

 

(i) aumento della pena: reclusione da 2 anni a 5 anni (in luogo di quella da 1 anno e 6 mesi a 4 anni).

 

La prescrizione modulata secondo la data del commesso reato

 

Disciplina vigente per i reati commessi fino al 17.09.2011: 6 anni (7 anni e mezzo con interruzione).

Disciplina introdotta con la Legge 148/2011: 8 anni (10 anni con interruzione).

Dopo la riforma del D.lgs 26 ottobre 2019, n. 124 (convertito con Legge 19 dicembre 2019): durata della prescrizione rimane invariata (8 anni; 10 anni con eventuali interruzioni).

La riforma Orlando (L. 103/2017) ha modificato la disciplina della sospensione del corso della prescrizione, con effetti sul termine di prescrizione dei reati tributari.

Il corso della prescrizione è sospeso fino al deposito della sentenza di appello e comunque per un tempo non superiore ad 1 anno e 6 mesi.

Dopo la sentenza di condanna in appello il termine rimane sospeso fino alla pronuncia della sentenza definitiva e comunque per un tempo non superiore ad 1 anno e 6 mesi.

La riforma della Legge 9 gennaio 2019 n. 3, le cui disposizioni relative alla prescrizione entrano in vigore dal 1° gennaio 2020, ha apportato modifiche alla disciplina della prescrizione, produttive di conseguenze in tema di reati tributari.

Il termine della prescrizione decorre, per il reato continuato, dal giorno in cui è cessata la continuazione.

Il corso della prescrizione rimane sospeso dalla pronuncia della sentenza di primo grado o del decreto di condanna fino alla data di esecutività della sentenza che definisce il giudizio o dell’irrevocabilità del decreto di condanna.

Gli aspetti procedurali

Competenza: Tribunale in composizione monocratica; citazione diretta.

Misure cautelari personali: arresti domiciliari; divieto di espatrio/ obbligo di presentazione alla PG.

Intercettazioni: non consentite

Arresto: facoltativo in flagranza.

Sequestro/confisca per proporzione: non applicabile

 

La rassegna delle più rilevati pronunce di legittimità

 

Cassazione penale sez. III, 14/01/2020, n.9417

La legge tributaria considera personale per il contribuente il dovere di presentare la dichiarazione fiscale e il fatto di aver affidato ad un commercialista l’incarico di compilare la dichiarazione medesima, non può esonerare il contribuente stesso dalla penale responsabilità per il delitto di omessa dichiarazione.

Cassazione penale sez. III, 22/10/2019, n.48029

In tema di reati tributari, in relazione al delitto di omessa dichiarazione e di indebita compensazione, rispettivamente previsti dagli artt. 5 e 10-quater d.lg. 10 marzo 2000, n. 74, l’estinzione dei debiti tributari, comprese le sanzioni amministrative e gli interessi, mediante integrale pagamento degli importi dovuti prima dell’apertura del dibattimento, non costituisce presupposto di legittimità dell’applicazione della pena ai sensi dell’art. 13-bis del medesimo d.lg., in quanto l’art. 13 della stessa normativa configura tale comportamento come causa di non punibilità dei delitti previsti dagli artt. 2, 3, 4, 5, 10-bis, 10-ter e 10-quater, comma 1, del medesimo decreto e il patteggiamento non potrebbe certamente riguardare reati non punibili. (In motivazione, la Corte ha precisato che l’art. 13-bis d.lg. n. 74 del 2000, disciplinando la predetta condizione per accedere al rito speciale, fa espressamente salve le ipotesi di non punibilità previste dal citato art. 13 del medesimo d.lg.).

Cassazione penale sez. III, 22/10/2019, n.48029

In tema di patteggiamento, non è illegale la pena su accordo delle parti, comminata dal giudice anche senza l’integrale pagamento del debito. Difatti, per i reati di infedele e omessa presentazione della dichiarazione, al pari dei delitti di omesso versamento, si può accedere al patteggiamento anche senza l’estinzione del debito tributario. A sostenerlo è la Cassazione, che cambia opinione rispetto a quanto stabilito in precedenza in casi analoghi. Per i giudici di legittimità, infatti, non vi è distinzione tra le citate fattispecie e quindi per esse non può valere, ai fini del patteggiamento, la regola dell’integrale pagamento, in quanto se l’imputato corrispondesse il dovuto, entro l’apertura del dibattimento, non sarebbe più punibile e non avrebbe senso il patteggiamento.

Cassazione penale sez. VI, 18/09/2019, n.44895

Integra reato la condotta dell’imputato che, invitato dall’ufficiale giudiziario ad indicare le cose o i crediti utilmente pignorabili, omette di rispondere all’invito a presentarsi presso l’ufficio UNEP nel termine di quindici giorni previsto dall’art. 492 c.p.c., comma 4. La dichiarazione resa dal debitore, pur non legata a particolari vincoli formali, deve fornire un’adeguata informativa all’ufficiale giudiziario procedente e deve considerarsi omessa non solo quando manchi del tutto allo scadere del termine espressamente stabilito dalla legge, ma anche nell’ipotesi in cui non contenga elementi utili a consentire l’esatta identificazione degli ulteriori beni pignorabili, risultando così inidonea a determinare l’effetto dell’immediata apposizione del vincolo con le forme previste dall’art. 492 cit., ossia quando non vengano indicati con certezza i beni pignorabili, la loro ubicazione, ovvero il terzo debitore con modalità idonee a consentire al creditore di procedere ai successivi adempimenti di cui all’art. 543 c.p.c..

 

Cassazione penale sez. III, 12/06/2019, n.36387

In materia di reati tributari, il momento consumativo del delitto di omessa dichiarazione da parte del sostituto d’imposta cui all’art. 5, comma 1-bis, d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74, va fissato alla scadenza del termine dilatorio di novanta giorni concesso al contribuente, ai sensi dell’art. 5, comma 2, del medesimo decreto, per presentare la dichiarazione dei redditi successivamente alla scadenza del termine ordinario.

 

Cassazione penale sez. III, 07/06/2019, n.36474

In materia di reati tributari – e, segnatamente, con riferimento al reato di omessa dichiarazione fiscale – per quanto concerne l’elemento soggettivo del reato, valgono i principi generali posti dagli artt. 42 e 43 c.p., per cui – attesa la natura di reato a dolo specifico-  ai fini della punibilità dell’autore del reato, nella specie l’amministratore di diritto/prestanome, non è sufficiente il dolo generico, ma si richiede invece il dolo specifico di evasione che necessita di rigorosa prova, che non può essere affidata alla semplice, quanto irrilevante, affermazione fondata sul precetto della inescusabilità dell’ignoranza della legge penale contenuto nell’ art. 5 c.p.. La circostanza di essere il legale rappresentante della società, se di regola normalmente esclude che l’imprenditore possa difendersi evocando il disposto dell’art. 5, c.p., non è ex se sufficiente, in mancanza di ulteriori elementi, a far ritenere provato il dolo specifico normativamente richiesto ai fini della perseguibilità penale del fatto di cui all’art. 5, d.lgs. n. 74/2000.  Proprio perché il più delle volte il prestanome non ha alcun potere d’ingerenza nella gestione della società, il fatto gli può essere addebitato, a titolo di concorso con l’amministratore di fatto, a norma dell’art. 2392 c.c. e art. 40 cpv. c.p., a condizione che ricorra l’elemento soggettivo proprio del singolo reato. Occorre, dunque, che il giudice di merito individui, al di là della mera assunzione della carica di amministratore di diritto, ulteriori elementi che corroborino, sotto il profilo soggettivo, la sussistenza del dolo specifico normativamente richiesto ai fini della perseguibilità penale della sua condotta.

 

Cassazione penale sez. III, 13/07/2018, n.50151

In tema di reato di omessa presentazione della dichiarazione annuale dei redditi di cui all’art. 5 del d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74, si configura la “stabile organizzazione”, da cui deriva l’obbligo fiscale di un soggetto non formalmente residente, nel caso in cui una società estera, con una sede fissa di affari nel territorio italiano, effettua in Italia la sua attività mediante un’organizzazione di persone e di mezzi (cd. estero-vestizione della residenza fiscale); si ha, invece, una “società-schermo”, nell’ipotesi in cui l’ente, anche se allocato formalmente all’estero, è privo di concreta autonomia e costituisce solo una copertura attraverso la quale agisce la persona fisica, che è la titolare effettiva dell’attività economica e che, di conseguenza, è tenuta agli adempimenti fiscali.

 

Cassazione penale , sez. III , 21/06/2018 , n. 43627

In tema di reati tributari, l’utilizzo in compensazione di un credito Iva derivante da una dichiarazione omessa integra il reato di indebita compensazione di crediti inesistenti. Ad affermarlo è la Cassazione che si è pronunciata sul caso di un legale rappresentante di una cooperativa, condannato per omessa presentazione della dichiarazione e indebita compensazione di crediti Iva inesistenti, ex articoli 5 e 10 quater del Dlgs 74/2000 , per aver omesso il versamento delle imposte utilizzando un credito Iva scaturente dalla dichiarazione dell’anno precedente non presentata. In particolare, con una interpretazione molto rigida della disciplina, la Corte ha affermato che possono essere utilizzati in compensazione solo i crediti Iva risultanti dalle dichiarazioni e dalle denunce periodiche.

 

Cassazione penale , sez. III , 06/06/2018 , n. 32500

In tema di reati finanziari e tributari, il delitto di omessa dichiarazione a fini i.v.a. è configurabile anche nel caso in cui siano state emesse fatture per operazioni inesistenti, in quanto, secondo la normativa tributaria, l’imposta sul valore aggiunto è dovuta anche per tali fatture, indipendentemente dal loro effettivo incasso, con conseguente obbligo di presentare la relativa dichiarazione.

 

Cassazione penale sez. III  18/12/ 2017 n. 21639  

In tema di reati tributari, ai fini della configurabilità del delitto di omessa presentazione di dichiarazione Iva (art. 5 d.lgs.30 ottobre 2000 n. 74 del 2000), qualora vengano accertati ulteriori ricavi rispetto a quelli dichiarati dal contribuente, nelle determinazione del debito imponibile il giudice penale deve accertare l’ammontare della imposta evasa tenendo conto di tutti gli elementi – costi, ricavi, proventi e oneri – che concorrono alla sua formazione.

 

Cassazione penale sez. III  23/11/2017 n. 7000  

Nel delitto di omessa dichiarazione, previsto dall’ art. 5 D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74 , il superamento della soglia rappresentata dall’ammontare dell’imposta evasa ha natura di elemento costitutivo del reato e, come tale, deve formare oggetto di rappresentazione e volizione, anche a titolo di dolo eventuale, da parte dell’agente.

 

Cassazione penale sez. III  07/11/2017 n. 20856  

In tema di reati tributari, il reato di cui all’ art. 5 d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74 , come modificato dal d.lgs.24 settembre 2015, n. 158 , è configurabile con la sola omissione della presentazione della dichiarazione, non essendo necessaria la dimostrazione della produzione di un effettivo danno economico per l’amministrazione finanziaria.

                 

Cassazione penale sez. III  22/09/2017 n. 53137  

Integra il delitto previsto dall’art. 5 d.lg. 10 marzo 2000, n. 74, l’omessa presentazione della dichiarazione di redditi provenienti da attività illecita da parte del titolare di una ditta individuale determinata dall’esigenza di non fornire all’amministrazione prove a sé sfavorevoli, giacché, salvo specifiche previsioni di legge di segno contrario, il principio processuale del “nemo tenetur se detegere” non può dispiegare efficacia al di fuori del processo penale e pertanto non giustifica la violazione di regole di comportamento poste a tutela di interessi non legati alla pretesa punitiva.

 

Cassazione penale sez. III  29/03/2017 n. 37849  

Deve considerarsi soggetto passivo il cittadino italiano che, pur risiedendo all’estero, stabilisca in Italia, per la maggior parte del periodo d’imposta, il suo domicilio, inteso come la sede principale degli affari ed interessi economici nonché delle relazioni personali (fattispecie relativa alla contestazione nei confronti di un medico del reato di cui all’art. 5, d.lg. n. 74 del 2000, perché quale soggetto residente in Italia ai sensi dell’art. 2, d.P.R. n. 917/86, al fine di evadere le imposte sui redditi delle persone fisiche, non presentava, essendovi obbligato, le dichiarazioni annuali relative a dette imposte dovute).

 

Cassazione penale sez. III  24/02/2017 n. 19196  

In tema di reati tributari, il termine dilatorio di novanta giorni, concesso al contribuente – ai sensi dell’art. 5, comma secondo, D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74 – per presentare la dichiarazione dei redditi successivamente alla scadenza del termine ordinario, non si configura quale elemento di una causa di non punibilità, ma costituisce un termine ulteriore per adempiere all’obbligo dichiarativo, e per individuare il momento consumativo del reato di omessa dichiarazione previsto al comma primo del citato art. 5; detto termine è quindi privo di valenza scriminante nei confronti di chi, alla scadenza del termine ordinario, era tenuto a presentare la dichiarazione, eventualmente anche in concorso con il nuovo obbligato nei novanta giorni di proroga. (Fattispecie nella quale la S.C. ha ritenuto corretta la condanna del rappresentante di una società, dimessosi appena dopo la scadenza del termine ordinario).

By Claudio Ramelli© RIPRODUZIONE RISERVATA