La responsabilità disciplinare del professionista sanitario ed il procedimento davanti l’Ordine territoriale.

La condotta attiva o omissiva che può essere contestata al professionista sanitario nei reati colposi di evento (omicidio colposo o lesioni colpose) produttiva di un evento lesivo in danno del paziente, ovvero la presunta violazione dei beni giuridici del buon andamento della pubblica amministrazione, della tutela della fedeltà documentale (materiale e ideologica) o della amministrazione della giustizia, può configurare un altro tipo di responsabilità, quella disciplinare, nascente dalla violazione delle norme deontologiche che governano la professione sanitaria e che si affianca e si aggiunge alle responsabilità da far valere in sede civile dal danneggiato civile ed in sede penale anche di ufficio per tutti i reati non perseguibili a querela di parte.

Presupposto indefettibile per l’attivazione dell’azione disciplinare da parte degli organi interni all’Ordine competenti è data dall’iscrizione del professionista all’Albo.

Il procedimento disciplinare a carico dei professionisti sanitari è disciplinato dal DPR 221/1950 (Approvazione del regolamento per l’esecuzione del d.lgs. 233/1946 sulla ricostituzione degli Ordini delle professioni sanitarie e per la disciplina dell’esercizio delle professioni stesse).

L’art. 38 DPR 221/1950 stabilisce che:

(i) il procedimento disciplinare è promosso a carico dei medici che si rendano responsabili di “abusi o mancanze nell’esercizio della professione o comunque di fatti disdicevoli al decoro professionale”.

L’illecito deontologico non è riconducibile a specifici comportamenti attivi o omissivi descritti in forma generale ed astratta da singole norme presidiate da comminatorie, non valendo il principio di tipicità della condotta caratteristico del fatto di reato rilevante in sede penale, ma bisognerà avere riguardo alle norme del codice deontologico proprio dell’Ordine professionale;

(ii) la competenza per la trattazione del procedimento è attribuita al Consiglio dell’Ordine o al Collegio della provincia nel cui Albo sono iscritti i medici;

(iii) il procedimento disciplinare può essere promosso d’ufficio o su richiesta del Ministro della Salute o del procuratore della Repubblica dopo aver iscritto la Notizia di Reato nel relativo Registro.

Il procedimento può essere promosso anche su iniziativa del privato, il quale ha la facoltà di presentare all’Ordine dei medici competente notizia di un illecito disciplinare depositando un esposto.

Il procedimento disciplinare davanti l’Ordine territoriale

Il procedimento disciplinare che si svolge davanti l’Ordine territoriale è regolato dagli artt. 38-52 DPR 221/1950 ed è articolato in tre fasi di seguito indicate:

Fase preliminare

Il Presidente della Commissione del Consiglio dell’Ordine provinciale al quale è iscritto il sanitario, avuta notizia di una condotta potenzialmente configurante un illecito disciplinare, convoca il professionista per un’audizione preliminare, volta a verificare sommariamente le circostanze di fatto ascritte al professionista dalle quali deriverebbe una sua responsabilità.

In tale fase preliminare il professionista sanitario ha la facoltà di farsi assistere da un difensore di fiducia, ma non è ammessa la mera rappresentanza del legale dinanzi all’Ordine.

All’esito di tale fase preliminare, il Presidente riferisce al Consiglio, al quale spetta deliberare l’avvio di un’ulteriore fase istruttoria, l’archiviazione del procedimento, o l’avvio del giudizio.

Fase istruttoria

Laddove il Consiglio dell’Ordine ravvisi l’esistenza di un fumus di illecito disciplinare, il Presidente notifica al medico:

-la menzione circostanziata degli addebiti;

-l’avvertimento che l’interessato può prendere visione degli atti e produrre le proprie controdeduzioni scritte nel termine di venti giorni, prorogabile su richiesta;

-l’indicazione del giorno, del luogo e dell’ora del giudizio;

-l’avvertimento che in caso di assenza del sanitario sottoposto a procedimento disciplinare, il giudizio prosegue ugualmente.

Il medico può chiedere, nel termine di venti giorni, di essere sentito a sua discolpa dal collegio giudicante.

La trattazione della causa disciplinare si svolge in forma orale, con l’esposizione dei fatti da parte del relatore nominato dal Presidente del Consiglio e con l’audizione del sanitario, che deve comparire personalmente.

Il giudicabile, anche in questa fase, ha la facoltà di farsi assistere da un difensore di fiducia, ma l’eventuale assenza del difensore, se non nominato dal professionista, non comporta la nullità del procedimento, non sussistendo una disciplina analoga a quella operante in sede processuale penale laddove in assenza di una nomina del difensore di fiducia, l’Ufficio giudiziario (PM nelle indagini  preliminari ovvero Giudice monocratico o Collegio nella fase dibattimentale) provvede alla designazione di un difensore di ufficio a pena di nullità assoluta degli atti compiuti e di quelli conseguenti.

Fase decisoria

Esaurita l’istruttoria, il Consiglio giudicante, nella stessa composizione delle precedenti fasi, adotta la decisione finale.

Il provvedimento deve indicare, a pena di nullità, la data, i fatti addebitati, le prove assunte, i motivi, il dispositivo e la sottoscrizione di tutti i membri della commissione e deve essere notificato o semplicemente comunicato all’interessato. Comunicazione del provvedimento deve essere data anche al Ministro della Salute e al procuratore della Repubblica territorialmente competente.

 

La prescrizione dell’azione disciplinare

Ai sensi dell’art. 51 DPR 221/1950, l’azione disciplinare si prescrive in cinque anni.

Tale termine, secondo la giurisprudenza della Commissione centrale esercenti professioni sanitarie (sentenza n. 13 del 10 febbraio 2014), decorre non già dalla data in cui i fatti oggetto di contestazione si siano verificati, bensì dalla data in cui l’Ordine ne sia pervenuto a conoscenza.

Secondo la giurisprudenza della Corte di Cassazione, l’avvio del procedimento penale a carico del professionista sanitario interessato dal procedimento disciplinare comporta l’interruzione della prescrizione per tutta la durata di quest’ultimo, fino al passaggio in giudicato della sentenza.

 

Le sanzioni disciplinari

Le sanzioni disciplinari irrogabili al sanitario responsabile dell’illecito disciplinare, ai sensi dell’art. 40, sono:

(i) Avvertimento: diffida a non ricadere nella mancanza commessa;

(ii) Censura: dichiarazione di biasimo per la mancanza commessa;

(iii) Sospensione dall’esercizio della professione della durata da 1 a 6 mesi;

(iv) Radiazione dall’albo (irrogabile qualora il sanitario responsabile dell’illecito disciplinare abbia gravemente compromesso la sua reputazione e quella della classe sanitaria).

La sospensione dall’esercizio della professione e la radiazione dall’albo possono essere irrogate di diritto nei casi previsti dagli artt. 42 e 43.

 

Rassegna della giurisprudenza di legittimità

Cassazione civile sez. II, 17/09/2019, n. 23131

In applicazione del principio “nemo tenetur contra se edere”, il sanitario convocato in sede istruttoria, ai sensi dell’art. 39 del d.P.R. n. 221 del 1950, per rispondere riguardo ad ipotesi di illecito disciplinare, non è tenuto ad osservare il dovere di verità, né a fornire chiarimenti, sicché la mancata presentazione a tale convocazione non integra l’illecito disciplinare previsto dall’art. 64 del codice di deontologia medica, che sancisce il dovere del sanitario di collaborare con il proprio Ordine nell’espletamento delle funzioni ad esso attribuite.

Cassazione civile sez. lav., 13/11/2018, n.29188

Nel pubblico impiego contrattualizzato, il prolungato ed ingiustificato rifiuto, da parte del dipendente pubblico, di effettuare gli accertamenti medici richiesti, seppure tenuto nel corso anziché nella fase di avvio della procedura di verifica dell’idoneità al servizio, ma idoneo a renderne impossibile lo svolgimento, legittima la P.A. a procedere ai sensi dell’art. 55 bis del d.lgs. n. 165 del 2001 alla contestazione disciplinare, che innesta un procedimento autonomo rispetto a quello di verifica della idoneità al servizio, non più possibile a causa della mancata collaborazione del dipendente pubblico.

Cassazione civile sez. II, 31/10/2018, n.27923

Ai fini della configurabilità dell’obbligo del giudice di astenersi, ai sensi dell’art. 51, n. 3, c.p.c., la “grave inimicizia” del componente di un Consiglio dell’Ordine nei confronti di un incolpato deve essere reciproca e, pertanto, non è sufficiente ad integrarla la mera presentazione di una denuncia o, comunque, di un atto di impulso idoneo a dare inizio ad un procedimento giudiziale, né può, in linea di principio, originare dall’attività consiliare del componente stesso per questioni inerenti all’esercizio della professione, ma deve riferirsi a ragioni private di rancore o di avversione sorte nell’ambito di rapporti estranei ai compiti istituzionali. (Fattispecie relativa a procedimento disciplinare dinanzi al Consiglio dell’Ordine dei medici chirurghi e degli odontoiatri).

Cassazione civile sez. lav., 05/10/2017, n.23269

In tema di procedimento disciplinare nel pubblico impiego privatizzato, al fine di individuare il delitto integrante un comportamento sanzionabile con il licenziamento senza preavviso, ove sia intervenuta una condanna passata in giudicato, il rinvio operato dall’art. 13, comma 6, lett. e), del c.c.n.l. del 12 giugno 2003 comparto Ministeri, all’art. 1 della l.n. 16 del 1992, già abrogato dall’art. 274, lett. v), del d.lgs. n. 267 del 2000, non rende inapplicabile il precetto, poiché la trasfusione del contenuto del predetto art. 1 nell’art. 58 del d.lgs. cit. e il tipo di rinvio (recettizio ovvero fisso) effettuato nella disposizione contrattualcollettiva rendono chiaro che le parti sociali intendevano comunque cristallizzare una specifica ipotesi fattuale legittimante il recesso senza preavviso.

Cassazione civile sez. lav., 05/10/2017, n.23268

In materia di procedimento disciplinare nei confronti dei dipendenti delle P.A., gli artt. 55 d.lgs. n. 165 del 2001, “ratione temporis” applicabile, e 24, c.c.n.l. comparto Regioni ed Autonomie locali 2002-2005, non individuano nella segnalazione del responsabile della struttura un requisito di validità del procedimento, e non vietano all’Ufficio per i procedimenti disciplinari di avviare l’iniziativa disciplinare allorquando la notizia sia stata acquisita in modo diverso dalla segnalazione in questione; infatti, il legislatore ha solo voluto rimarcare un compito istituzionale che fa capo al dirigente il quale, in ragione della posizione organizzativa e funzionale ricoperta, è di norma il soggetto che può acquisire la conoscenza dei fatti di potenziale rilievo disciplinare, fermo restando che il predetto ufficio deve attivare il procedimento anche qualora altri procedano alla segnalazione e può acquisire la notizia autonomamente dal responsabile della struttura.

Cassazione civile sez. II, 31/12/2014, n.27560

Il termine quinquennale di prescrizione dell’azione disciplinare nei confronti dei medici di cui all’art. 51 d.P.R. 221/1950 non decorre nel caso in cui sia iniziato a carico dell’incolpato un procedimento penale e tale effetto interruttivo permane per tutto il tempo in cui il procedimento penale abbia corso, con la conseguenza che il nuovo termine prescrizionale inizia a decorrere dalla data in cui la sentenza penale è diventata definitiva, rimanendo invece irrilevante la data in cui l’organo disciplinare ha notizia della definitività del procedimento penale.

Cassazione civile sez. II, 22/10/2014, n.22458

Nel giudizio disciplinare davanti al consiglio dell’ordine dei medici, l’incolpato ha diritto per una sola volta all’assegnazione del termine a difesa di venti giorni previsto dall’art. 39, secondo comma, lett. b), del d.P.R. 5 aprile 1950, n. 221, sicché,in caso di rinvio della seduta per la decisione, che non sia giustificato da nuovi addebiti mossi all’interessato, non è necessario concedere nuovamente detto termine, ferma l’esigenza di comunicare al medesimo la data della nuova seduta in tempi tali da consentirgli, in concreto, di essere presente e di esercitare, in essa, il proprio diritto di difesa.

Cassazione civile sez. II, 31/03/2014, n.7513

L’illecito disciplinare del responsabile sanitario per omessa vigilanza ha natura presunta, sicché, accertato il fatto (nella specie, presenza di volantini pubblicitari irregolari all’interno del centro medico), è suo onere provare la sussistenza di esimenti.

 

Cassazione civile sez. II, 04/02/2014, n.2430

Il termine quinquennale di prescrizione cui è soggetta l’azione disciplinare nei confronti dell’appartenente all’ordine dei medici è interrotto dall’avvio di un procedimento penale a carico dell’incolpato, con effetto permanente sino al passaggio in giudicato della sentenza che definisce tale procedimento.

Cassazione civile sez. II, 27/03/2014, n.7282

Nel procedimento disciplinare nei confronti di un medico che abbia violato le norme deontologiche in materia pubblicitaria, operano le norme del codice di procedura penale allorché sorga la necessità di applicare istituti che hanno il loro regolamento esclusivamente in detto codice ed è pacifico che, nell’ambito del sistema processual-penalistico, la recidiva, comportando un aggravamento della pena, debba essere contestata.

Cassazione civile sez. III, 06/03/2012, n.3452

Il termine quinquennale di prescrizione, cui è soggetta l’azione disciplinare nei confronti dell’appartenente all’Ordine dei medici, decorre dalla commissione dell’illecito, ma è interrotto dall’eventuale avvio di procedimento penale a carico dell’incolpato. In tale ultima ipotesi, la prescrizione dell’azione disciplinare riprende a decorrere solo dal passaggio in giudicato della sentenza penale.

Cassazione civile sez. VI, 19/08/2011, n.17418

In tema di procedimento disciplinare nei confronti di esercente la professione sanitaria, possono integrare gli estremi dell’illecito disciplinare anche i comportamenti tenuti dall’iscritto all’ordine nello svolgimento di attività diverse dall’esercizio della professione, quante volte tali comportamenti siano suscettibili di pregiudicare il decoro della professione stessa. (Fattispecie relativa a procedimento disciplinare avviato nei confronti di medico al quale era stata applicata, con sentenza di « patteggiamento », una pena per reati contro il patrimonio, la fede pubblica e la pubblica amministrazione).

Cassazione civile sez. III, 07/05/2009, n.10517

In tema di procedimento disciplinare a carico di sanitari la verifica (da parte dello stesso Consiglio) della rituale convocazione del Consiglio dell’ordine per la seduta fissata per la trattazione del procedimento stesso deve risultare dal “verbale della seduta”, autonomo, sia rispetto al provvedimento sanzionatorio adottato, nel corso di tale seduta, sia – ancora – rispetto a “il foglio consegnato al termine della seduta” all’interessato, contenente unicamente un estratto sommario del verbale della seduta. La eventuale violazione – da parte del Consiglio dell’ordine – delle norme sulla convocazione della Commissione di disciplina e sulla sua costituzione deve, pertanto, essere denunciata alla luce delle risultanze di tale “verbale” (eventualmente impugnate con querela di falso ove attestanti circostanze non vere) e non (come avvenuto nella specie) in termini assolutamente generici e apodittici sulla base di “documenti” (il provvedimento sanzionatorio e l’estratto del verbale) dai quali nulla emerge – in concreto – circa le modalità con cui è stata disposta la convocazione dei membri del Consiglio e si è svolta la seduta stessa.

Cassazione civile sez. III, 07/05/2009, n.10517

Il termine quinquennale di prescrizione dell’azione disciplinare nei confronti dei sanitari non decorre nel caso in cui sia iniziato, a carico dell’incolpato, un procedimento penale, e tale effetto interruttivo permane per tutto il tempo in cui il procedimento penale abbia corso. Diversamente opinando, difatti, da un canto, considerati i tempi del procedimento penale, l’azione disciplinare sarebbe il più delle volte già prescritta prima ancora della sua materiale proposizione, e, dall’altro, la norma di cui al d.P.R. n. 221 del 1950, art. 44, risulterebbe del tutto inapplicabile, poiché essa impone, in concreto, all’organo amministrativo di attendere l’esito e le valutazioni del giudice penale, così subordinando l’azione disciplinare alla conclusione del procedimento penale. L’obbligo dell’organo disciplinare di attendere l’esito e le valutazioni del giudice penale, nonché la subordinazione dell’esercizio dell’azione disciplinare alla conclusione del procedimento penale – ovviamente – si riferiscono naturalmente all’ipotesi che sia stata promossa l’azione penale, prima che sia già decorso dall’evento il termine quinquennale di prescrizione, in quanto, costituendo il procedimento penale atto interruttivo della prescrizione, ove essa sia già maturata al momento in cui sorge tale atto, nessuna interruzione della prescrizione può più realizzarsi.

Cassazione civile sez. III, 02/03/2005, n.4465

La tutela del contraddittorio nei confronti del professionista (nella specie un medico) sottoposto a procedimento disciplinare richiede una contestazione dell’addebito e la comunicazione di un’incolpazione che gli consenta di approntare una difesa senza rischiare di essere giudicato per fatti diversi da quelli ascrittigli o diversamente qualificabili sotto il profilo della condotta professionale a fini disciplinari, con la precisazione che, tuttavia, la contestazione degli addebiti non esige una minuta, completa e particolareggiata esposizione dei fatti che integrano l’illecito, essendo invece sufficiente che l’incolpato, con la lettura dell’incolpazione, sia posto in grado di approntare la propria difesa in modo efficace. (Nella specie, emergendo in atti che l’incolpato già dal verbale di audizione personale risultava informato che trattavasi di questione attinente a ricetta non conforme alla normativa e che nella precedente lettera di invito a comparire alla seduta del procedimento disciplinare si comunicava che il procedimento stesso era relativo ad inadempienze per un facsimile di ricetta, la Corte di cassazione ha confermato la sentenza di merito che aveva ritenuto sussistente una valida contestazione dell’addebito disciplinare, risultando rispettato il diritto di difesa dell’incolpato).

By Claudio Ramelli© RIPRODUZIONE RISERVATA