Rapporti tra procedimento disciplinare e processo penale

La pietra angolare che regolamenta i rapporti tra il procedimento disciplinare e quello penale è dettata dall’art. 653 c.p.p. che statuisce quanto segue:

“la sentenza penale irrevocabile di assoluzione ha efficacia di giudicato nel giudizio per responsabilità disciplinare davanti alle pubbliche autorità quanto all’accertamento che il fatto non sussiste o non costituisce illecito penale ovvero che l’imputato non lo ha commesso. La sentenza penale irrevocabile di condanna ha efficacia di giudicato nel giudizio per responsabilità disciplinare davanti alle pubbliche autorità quanto all’accertamento della sussistenza del fatto, della sua illiceità penale e all’affermazione che l’imputato lo ha commesso”.

Secondo la giurisprudenza della Corte di Cassazione, l’art. 653 c.p.p., pur facendo riferimento ai giudizi disciplinari per responsabilità davanti alle pubbliche autorità (con riguardo specifico, dunque, ai dipendenti delle pubbliche amministrazioni), si applica ai procedimenti disciplinari a carico di tutti i professionisti sanitari (cfr. Cass. III Sez. civ., n. 10393 del 30/07/01).

Tale norma costituisce il prodotto dell’intervento normativo della legge 97/2001, la quale ha modificato la precedente disciplina degli effetti extrapenali del giudicato, estendendo l’efficacia della sentenza penale al giudizio disciplinare anche con riferimento alle sentenze di assoluzione emesse in esito al giudizio abbreviato; alle sentenze di assoluzione che presentino la formula “perché il fatto non costituisce illecito penale”; alle sentenze di condanna ed a quelle che applicano la pena concordata tra le parti (cosiddetto patteggiamento), normalmente prive di efficacia extra penale.

Esemplificando, ciò significa che nell’ipotesi in cui il sanitario venga interessato dal processo penale, per lo stesso fatto di incolpazione, in base al diverso epilogo del processo, si produrranno nella sede disciplinare i seguenti effetti:

(i) in caso di assoluzione del medico con formula piena (poiché il fatto non sussiste, o perché l’imputato non lo ha commesso), il giudicato penale esplica i suoi effetti anche nel procedimento disciplinare, impedendo ai relativi organi giudicanti di sottoporre il medico a procedimento per i medesimi fatti tradottasi nella imputazione penale;

(ii) in caso di assoluzione del medico per estinzione del reato dovuta a prescrizione, o ad amnistia o indulto, o per remissione della querela, gli organi disciplinari conservano il potere disciplinare e il medico può essere sottoposto a procedimento disciplinare per i medesimi fatti;

(iii) in caso di condanna del medico in sede penale, gli organi disciplinari hanno l’obbligo di esercitare il loro potere giudicante; in tale ipotesi l’Ordine non può mettere in dubbio i fatti accertati dal giudice penale, ma conserva libertà di giudizio in merito alla rilevanza o meno del fatto dal punto di vista della deontologia e dell’etica professionale in quanto, soprattutto nei reati colposi di evento (omicidio colposo e lesioni colpose) al verificarsi dell’evento avverso (morte e lesioni del paziente) non necessariamente corrisponde un illecito deontologico.

 

La sospensione del procedimento disciplinare

Il codice di rito penale, improntato sul principio dell’autonomia dei giudizi, non prevede la sospensione obbligatoria del procedimento disciplinare in caso di pendenza del processo penale. Ciò significa che per il competente organo amministrativo dell’Ordine territoriale competente è possibile instaurare l’azione disciplinare senza la necessità di attendere la conclusione del processo penale pendente.

Le Sezioni unite della Corte di Cassazione, tuttavia, sono intervenute sul punto, statuendo che, qualora l’addebito disciplinare abbia ad oggetto i medesimi fatti contestati in sede penale, si impone, ai sensi dell’art. 295 c.p.c. (codice di rito civile) la sospensione del giudizio disciplinare in pendenza di quello penale, atteso che dalla definizione di quest’ultimo può dipendere la decisione del procedimento disciplinare (cfr. Cass. Sez. un., n. 4893 del 08/03/04).

Ad ogni modo, in caso di pendenza del processo penale a carico del medico interessato dal procedimento disciplinare, appare opportuno da parte del legale che segue la difesa tecnica del sanitario, formulare istanza di sospensione del procedimento dinanzi al Commissione giudicante in sede disciplinare, in attesa di conoscere la decisione del giudice penale circa la sussistenza del fatto, la sua riconducibilità alla condotta dell’imputato, l’esistenza del nesso causale tra comportamento del medico ed evento lesivo e l’ascrivibilità al sanitario di colpa professionale, declinata nelle forme della imprudenza, negligenza od imperizia.

L’opportunità della sospensione del procedimento disciplinare non persegue, quindi, finalità dilatorie, ma tende a far valere l’assoluzione ottenuta in sede penale nell’ambito del procedimento disciplinare, per propiziare l’operatività della disciplina di cui all’art. 653 c.p.p. con archiviazione del giudizio pendente innanzi l’Ordine territoriale.

La giurisprudenza di legittimità

Cassazione civile sez. lav., 12/03/2020, n.7085

La sospensione del procedimento disciplinare in pendenza del procedimento penale, di cui al D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 55 ter, comma 1, costituisce facoltà discrezionale attribuita alla PA, la quale, fermo il principio della tendenziale autonomia del procedimento disciplinare rispetto a quello penale, può esercitarla qualora, per la complessità degli accertamenti o per altre cause, non disponga di elementi necessari per la definizione del procedimento, essendo legittimata a riprendere il procedimento disciplinare senza attendere che quello penale venga definito con sentenza irrevocabile allorquando ritenga che gli elementi successivamente acquisiti consentano la decisione. In tal senso il D.Lgs. 25 maggio 2017, n. 75, qui non applicabile ratione temporis, nell’aggiungere un ultimo periodo al suddetto comma 1, nel senso che “…il procedimento disciplinare sospeso può essere riattivato qualora l’amministrazione giunga in possesso di elementi nuovi, sufficienti per concludere il procedimento, ivi incluso un provvedimento giurisdizionale non definitivo” formalizza una regola già ricavabile dal sistema.

Cassazione civile sez. lav., 14/11/2018, n.29376

Nel pubblico impiego privatizzato, l’art. 55 ter, commi 1, 2, e 4 del d.lgs. n. 165 del 2001, nel regolare i possibili conflitti tra esito del procedimento penale concluso con sentenza irrevocabile di assoluzione e quello del procedimento disciplinare concluso con l’irrogazione di una sanzione, prevede un procedimento unitario, articolato in due fasi, in cui il previsto rinnovo della contestazione dell’addebito deve essere effettuato pur sempre in ragione dei medesimi fatti storici già oggetto della prima contestazione disciplinare, in relazione ai quali, in tutto o in parte, è intervenuta sentenza irrevocabile di assoluzione. La determinazione di conferma o modifica della sanzione già irrogata ha effetto “ex tunc” e l’accertamento in sede giurisdizionale dell’illegittimità non può che operare “ex tunc”.

Cassazione civile sez. un., 12/06/2017, n.14551

Il decreto di archiviazione emesso dal giudice penale non ha autorità di cosa giudicata nel giudizio disciplinare, non essendo equiparabile ad una sentenza definitiva di assoluzione per insussistenza del fatto o per non averlo l’imputato commesso.

Cassazione civile sez. III, 14/05/2003, n.7365

In tema di procedimenti disciplinari a carico di professionisti (nella specie, di un medico), l’accertamento dei fatti addebitati all’incolpato avviene in modo del tutto autonomo rispetto alla sentenza di applicazione della pena su richiesta delle parti (cosiddetto patteggiamento) emessa nei confronti dello stesso in relazione ai medesimi fatti; ne consegue che l’ordine professionale chiamato a valutare la condotta del professionista che abbia patteggiato la pena in sede penale, ben può avvalersi degli elementi che risultano dal contenuto della predetta sentenza, ma non può trarre da essa l’esclusiva prova della sussistenza dei fatti costituenti illecito disciplinare.

Cassazione civile sez. III, 27/07/2001, n.10284

La sospensione del processo è necessaria solo quando la previa definizione di altra controversia, penale o amministrativa, pendente davanti allo stesso o ad altro giudice, sia imposta da un’espressa disposizione di legge, ovvero quando, per il suo carattere pregiudiziale, costituisca l’indispensabile antecedente logico giuridico dal quale dipende la decisione della causa pregiudicata ed il cui accertamento sia richiesto con efficacia di giudicato. Al di fuori di questi presupposti, la sospensione cessa di essere necessaria e, quindi, obbligatoria per il giudice, ed è meramente facoltativa, sicché disporla o non rientra nel potere discrezionale del giudice di merito. Ne consegue che, allorquando pendano nei confronti della medesima persona, contemporaneamente, un procedimento penale ed un procedimento disciplinare, quest’ultimo non deve essere necessariamente sospeso, salvo che la sospensione non risulti essere imposta da una specifica disposizione di legge, perché la definizione del procedimento penale non costituisce l’indispensabile antecedente logico giuridico del giudizio disciplinare, non solo perché questo si fonda sul diverso presupposto della violazione di regole deontologiche e non di norme penali, ma anche perché dal combinato disposto degli art. 653 vigente c.p.p. e 211 disp. att. stesso codice si evince il venir meno, con l’entrata in vigore del nuovo codice di rito penale, del principio della cosiddetto pregiudiziale penale sancita, in via generale, dall’art. 3 dell’abrogato codice di procedura penale.

Cassazione civile sez. III, 30/07/2001, n.10393

L’estensione dell’efficacia di giudicato della sentenza penale di patteggiamento nel giudizio disciplinare anche ai patteggiamenti perfezionatisi anteriormente all’entrata in vigore della l. 27 marzo 2001 n. 97, di modifica degli art. 445 e 653 c.p.p. presenta dubbi di legittimità costituzionale perché introduce conseguenze punitive che erano escluse dall’ordinamento quando l’imputato ha concordato l’applicazione della pena, limitandone le difese in sede di giudizio disciplinare, ancorché nel caso di specie non sussistano elementi per disporre il rinvio degli atti alla Corte cost. dal momento che la decisione impugnata ha accertato la colpevolezza del ricorrente non “come conseguenza diretta del patteggiamento “, ma sulla base di una valutazione dei comportamenti risultanti dagli atti.

By Claudio Ramelli© RIPRODUZIONE RISERVATA