Truffa aggravata e non falsità nella dichiarazione INPS per l’imprenditore che con artifici manipola l’organigramma della forza lavoro aziendale.

E’ il principio di diritto fissato dalla seconda sezione penale della Cassazione con la sentenza numero 13975/2024 – depositata il 05/04/2024, che ha affrontato il tema giuridico della qualificazione giuridica della condotta dell’imprenditore che per elidere o ridurre il carico contributivo della società comunica all’Ente previdenziale una realtà lavorativa aziendale diversa da quella reale. 

Nel caso in disamina era disposto dal Gip del locale Tribunale il sequestro preventivo di una rilevante liquidità in danno dell’impresa collettiva, perché ritenuta provento del delitto di truffa aggravata ai danni dell’INPS, consumata rappresentando falsamente la consistenza e la qualità della forza lavoro impiegata nell’impresa collettiva.

La Suprema Corte  ha ritenuto manifestamente infondato il denunciato vizio di legittimità dell’ordinanza cautelare reale con il quale la difesa aveva chiesto la riqualificazione della truffa aggravata nel meno grave reato di omissione o falsità in registrazione o denuncia obbligatoria. 

Di seguito si riportano i passaggi della motivazione di interesse per la presente nota che tracciano i tratti distintivi tra il delitto previsto e punito dall’art. 640, secondo comma n.1 cod. pen e quello di cui all’art. 37 L.689/1981. 

“……Premesso che, vertendosi in tema di misure cautelari reali, non può censurarsi la ricostruzione in fatto che non esondi in carenza o mera apparenza della motivazione, la vicenda come descritta dai giudici della cautela, che correttamente sottolineano la fluidità dell’attuale piattaforma investigativa, non ha per oggetto, in primo luogo, violazioni tributarie, bensì previdenziali (di modo che appare del tutto ultroneo il richiamo ai delitti previsti dal d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74, peraltro mediante citazioni di precedenti attinenti esclusivamente alle frodi mediante false fatturazioni)  e presenta, in aggiunta alle falsità documentali nelle denunce obbligatorie all’Inps e pur finalizzata al medesimo scopo di evasione contributiva, un’ulteriore attività di elaborata manipolazione dell’organigramma e del mansionario formali rispetto alle reali dinamiche aziendali, concretamente decettiva e inequivocabilmente riconducibile alla nozione di “artificio” ai sensi dell’art. 640 cod. pen.

Risulta pertanto corretta, allo stato, e coerente con le risultanze procedimentali come ampiamente illustrate, la qualificazione giuridica ritenuta nell’ordinanza impugnata, in luogo del meno grave reato di omissione o falsità in registrazione o denuncia obbligatoria di cui all’art. 37, I. 24 novembre 1981, n. 689. 

Invero, il Collegio condivide appieno la giurisprudenza di questa Corte, secondo cui il meno grave reato di cui all’art. 37 citato si differenzia dalla truffa – oltre che per la finalizzazione del dolo specifico, diretto ad omettere il versamento in tutto o in parte di contributi e premi previsti dalle leggi sulla previdenza e assistenza obbligatoria – anche per l’assenza di artifici e raggiri (Sez. 2, n. 42937 del 03/10/ 2012, Riandato, Rv. 253646).

By Claudio Ramelli© RIPRODUZIONE RISERVATA