Il concedente l’uso del macchinario difettoso condannato con il datore di lavoro per le lesioni riportate dall’operaio.

E’ il principio di diritto fissato dalla quarta sezione penale della Cassazione con la sentenza numero 10665/2024 – depositata il 15/03/2024, che ha affrontato il tema giuridico della posizione di garanzia del concedente/venditore di un macchinario difettoso quando dal suo utilizzo ne deriva un incidente sul lavoro.

La sentenza annotata si inserisce nell’alveo della stabile giurisprudenza di legittimità che nei reati colposi di evento (lesioni ed omicidio colposo) ritiene sussistere la concorrenza di responsabilità derivante delle posizioni di gestori del rischio del fabbricante/venditore/noleggiatore/concedente e quella dell’utilizzatore/datore di lavoro. 

Nel caso di specie, secondo la concorde valutazione dei giudici del doppio grado di merito, le prove assunte nel corso del processo  avevano consentito di accertare compiutamente la penale responsabilità degli imputati rinviati a giudizio per il reato di lesioni colpose, rispettivamente, nella loro qualità di legale rappresentante dell’impresa concedente l’uso del macchinario e di datore di lavoro dell’infortunato.

L’incidente sul lavoro era avvenuto presso un cantiere temporaneo quando l’operaio era stato colpito e fatto cadere a terra da un pannello coibentato staccatosi dalla presa della ventosa (concessa in uso) utilizzata per il sollevamento, riportando danni alla persona.

La difesa del giudicabile legale rappresentante dell’impresa proprietaria del macchinario,  interponeva ricorso per cassazione deducendo l’assenza di responsabilità del proprio assistito il quale, a differenza dell’utilizzatore, non era tenuto a  svolgere controlli ogni qualvolta lo strumento veniva concesso in uso a terzi, ricadendo, in via esclusiva sull’utilizzatore, l’obbligo di verifica dello stato di manutenzione.

La Corte  ha ritenuto manifestamente infondata la superiore interpretazione giuridica affermando il principio di diritto che segue: 

“La difesa, reiterando una tesi già dibattuta nel giudizio d’appello, ha riproposto il tema dell’esistenza dell’obbligo del concedente in uso del macchinario di verificarne le condizioni prima della consegna, ritenendo che esso incomba sull’utilizzatore prima di ogni utilizzo. 

Tale tesi è smentita, intanto, dal chiaro tenore dell’imputazione, con la quale si è espressamente rimproverato al A.A. di aver concesso in uso alla ditta del C.C. un macchinario non rispondente alle disposizioni legislative e regolamentari in materia di salute e sicurezza sul lavoro, dal cui utilizzo è derivato l’evento (art. 2.3, D.Lgs. n. 81/2008, norma che riproduce esattamente l’abrogato art. 6, comma 2, D.Lgs. n. 626/1994) e dai principi più volte formulati dalla giurisprudenza di legittimità in ordine alla concorrenza delle due posizioni di gestori del rischio (quella, cioè, del fabbricante/venditore/noleggiatore/concedente del macchinario e quella dell’utilizzatore/datore di lavoro). 

Nella specie le lesioni sono state cagionate dall’impiego di un macchinario ad uso lavorativo cosicché, qualora un infortunio sia dipeso dalla utilizzazione di macchine o impianti non conformi alle norme antinfortunistiche, la responsabilità dell’imprenditore che li ha messi in funzione senza ovviare alla non rispondenza alla normativa suddetta non fa venir meno la responsabilità di chi ha costruito, installato, venduto o ceduto gli impianti o i macchinari stessi (sez. 4, n. 2494 del 3712/2009, dep. 2010, Castelletti, Rv. 246162-01, in cui si è fatta applicazione dei principi già espressi dal diritto vivente, v. Sez. U, n. 1003 del 23/11/1990, dep. 1991, Tescaro, Rv. 186372-01; ma anche sez. 4, n. 41147 del 27/10/2021, Fava retto, Rv. 282065-01; n. 1184 del 3/10/2018, dep. 2019, Motta, Rv. 275114-02). Tali principi, peraltro, sono stati successivamente ripresi, riconoscendosi la responsabilità del venditore allorquando, pur essendo conoscibile la non conformità del macchinario alle prescrizioni in tema di sicurezza, egli non si sia attivato per eliminare la difformità prima della vendita (sez. 4, n. 35295 del 23/4/2013, Bendotti, Rv. 256399-01, in fattispecie in cui è stata riconosciuta la responsabilità per omicidio colposo del venditore di una mini pala in abbinamento con una benna miscelatrice, capovoltasi addosso ad un operaio per l’eccessivo carico, in assenza di adeguate indicazioni, con tacche o segni nella benna, dei livelli massimi di possibile riempimento).

Trattasi, peraltro, di divieto non limitato al fornitore professionale della macchina, il relativo obbligo incombendo anche su chi l’abbia ceduta solo occasionalmente (sez. 3, n. 10342 del 28/6/2000, Piola, Rv. 217456-01, in cui il principio è stato affermato, in materia di vendita, con riferimento all’allora vigente art. 6, comma 2, del D.Lgs. 19 settembre 1994 n. 626, come sostituito dall’art. 4 del D.Lgs. 19 marzo 1996 n. 242). Va, poi ricordato che neppure una formale certificazione attestante la rispondenza alle misure esonera il venditore (ma, si ritiene, anche il cedente) per le lesioni derivanti da un infortunio sul lavoro per effetto dell’impiego del macchinario difettoso (sez. 4, n. 18139 del 17/4/2012, Perrone, Rv. 253771-01; n. 35295 del 23/4/2013).

Nel caso all’esame, entrambi i giudici del merito hanno ritenuto che il vizio del macchinario non consistesse nella dotazione di guarnizioni non originali (ciò che era stato contraddetto dagli esiti dell’istruttoria, essendo emerso che le guarnizioni erano compatibili con quelle in dotazione all’epoca di costruzione della ventosa); ma hanno, al contempo, precisato – sulla scorta della disamina delle evidenze raccolte, sulle quali questa Corte non può essere chiamata, per i principi sopra esposti, a compiere una rivalutazione nei termini ritenuti più convincenti dalla difesa – che le guarnizioni installate sul mezzo ceduto in uso erano danneggiate o, comunque, inadatte a garantire un funzionamento in sicurezza del dispositivo e che proprio da tale condizione era dipeso il distacco del pannello”.

By Claudio Ramelli© RIPRODUZIONE RISERVATA