La nomina del RSPP non esclude automaticamente la responsabilità del datore di lavoro in caso di infortunio dovuto all’inadeguatezza dei dispositivi di protezione individuale.
E’ il principio di diritto affermato dalla quarta sezione penale della cassazione con la sentenza numero 15406/2024− depositata il 15/04/2023, che si è tornata a pronunciarsi sul perimetro della sfera di rischio governata dal datore di lavoro in rapporto a quella delle altre figure di garanti la sicurezza in cantiere ed alle responsabilità, anche di natura penale, che derivano a seguito di un evento avverso.
Nel caso di specie i giudici del doppio grado di merito avevano, concordemente, affermato la penale responsabilità dell’imputato, rinviato a giudizio nella qualità di datore di lavoro del lavoratore, rimasto vittima dell’infortunio per il reato di lesioni colpose aggravate dalla violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni.
Secondo quanto ricostruito nel corso del processo il sinistro era avvenuto mentre l’operaio era intento a raccogliere le impurità dell’alluminio in fusione (c.d. “scorificazione”) all’interno di un forno che era aperto adoperando un mestolo metallico.
La immersione del mestolo nell’alluminio fuso a 700 gradi produceva una violenta reazione chimica con conseguente proiezione di schizzi di metallo fuso sul viso e sul corpo dell’uomo in assenza di DPI che potessero garantirne la protezione, con causazione di ustioni da cui ne era derivata una malattia superiore ai 40 giorni.
Contro la sentenza resa dalla Corte territoriale di Venezia proponeva ricorso per cassazione l’imputato con plurimi motivi di doglianza.
Per quanto di interesse per la presente nota si evidenzia che la difesa con una specifica doglianza denegava la colpa del giudicabile avendo egli demandato ad una professionista tecnico esterno all’azienda l’elaborazione del documento di valutazione del rischio con selezione dei dispostivi di protezione individuale da utilizzare solo pochi giorni prima dell’incidente.
La Suprema Corte ha rigettato il ricorso dando continuità a principi di diritto già affermati dalla dominante giurisprudenza di legittimità in ordine ai doveri di verifica e controllo della sicurezza in cantiere ascritti al datore di lavoro:
“……….Si tratta di puntualizzazione importante, che merita di essere ribadita, in quanto valorizza il principio di colpevolezza in un’ipotesi in cui, come nel caso in esame, e indiscutibile la colpevolezza in senso oggettivo ma e contestata dalla Difesa la colpevolezza in senso soggettivo, essendosi l’imputato avvalso di un esperto per la individuazione dei rischio e degli strumenti idonei a prevenire l’occasione appare utile per sottolineare che, affinché possa escludersi la colpa soggettiva del datore di lavoro che si sia avvalso di “saperi esperti” per la individuazione del rischio e delle modalità per prevenirlo, è necessario che l’informazione fornita dal tecnico non sia verificabile dal datore di lavoro tramite le proprie competenze e la ordinaria diligenza.
…..Si tratta, peraltro, di ragionamento non dissimile, naturalmente mutatis mutandis, da quello che consente di individuare i limiti al principio di affidamento nell’ambito della colpa professionale sanitaria: la posizione di garanzia del sanitario, anche agente in equipe, comporta la necessità che lo stesso faccia presente ai colleghi, anche più se più anziani ed anche al capo-equipe, eventuali errori che possano essere colti con le proprie cognizioni doveri di controllo e verific i tecniche e con la necessaria diligenza (cfr., tra le altre, Sez. 4, n. 39727 del 12/06/2019, Perugino, Rv. 277508; Sez. 4, n. 7667 del 13/12/2017, dep. 2018, Capodiferro, Rv. 272264: Sez. 4, n, 35953 del 15/05/2014, Spagnuolo, Rv. 260165; Sez. 4, n. 556 dei 17/11/1999, dep. 2000, Zanda, Rv. 215443).
Allo stesso modo – può affermarsi – il datore di lavoro ha il dovere di rilevare eventuali rischi non evidenziati dal responsabile dei servizio di prevenzione e protezione ovvero l’adeguatezza della modalità di prevenzione dei rischi pur in effetti correttamente individuati, ove ciò emerga con la ordinaria diligenza sulla base di competenze tecniche di diffusa conoscenza ovvero di regole di comune esperienza nel caso di specie: il rischio, correttamente individuato, di ustione da metallo fuso non è contenibile mediante materiali quali pelle o cotone ma tramite indumento alluminizzato che coprano tutte le parti del corpo esposte ai rischio.
Opinando altrimenti, si rischierebbe di giungere ad ammettere una possibilità concreta di traslazione di responsabilità datoriale, che è invece estranea al sistema della sicurezza nei luoghi di lavoro (art. 17 del d. Igs. n. 81 del 2008), mentre una saggia e prudente applicazione del discrimine indicato (tramite la valorizzazione di conoscenze, anche tecniche, diffuse, ove eventualmente esistenti, e della ordinaria diligenza) può contribuire al raggiungimento di risultati in cui, esclusi automatismi decisori, l’affermazione del diritto si coniughi con la soluzione secondo giustizia del caso concreto”.
By Claudio Ramelli © RIPRODUZIONE RISERVATA.