La mera elusione fiscale esclude reato di dichiarazione infedele

Con la sentenza n. 9378/2018, depositata il 01.03.2018, la Corte di Cassazione si è pronunciata, nuovamente, in materia di elusione fiscale, precisando i confini della norma dell’art. 10-bis dello Statuto dei diritti del contribuente in rapporto al delitto di dichiarazione infedele (art. 4 d.lgs. n. 74/2000).

 

Il caso e lo svolgimento del processo.

Il Tribunale di Trento, quale Giudice dell’Esecuzione, ha rigettato con ordinanza l’istanza avanzata ai sensi dell’art. 673 c.p.p. dalla contribuente condannata per dichiarazione infedele tesa ad ottenere la revoca della sentenza definitiva di applicazione della pena su richiesta (c.d. patteggiamento ex art. 444c.p.p.),

Alla contribuente era stato contestato, in qualità di socia di due società, di aver omesso di indicare nella propria dichiarazione dei redditi gli utili percepiti e i corrispettivi della cessione delle proprie quote, pari a complessivi 1.075.983,50 Euro, con una omissione di imposta di 458.621,00 Euro.

L’incidente di esecuzione si fondava sulla ritenuta natura meramente abusiva della condotta per la quale era stato richiesto il rinvio a giudizio e la conseguente non punibilità ai sensi delle leggi tributarie a seguito dell’introduzione dell’art. 10-bis nella l.n. 212/2000 (ad opera dell’art. 1 d.lgs. 128/2015), considerando che nel caso di specie le operazioni contestate erano state effettivamente poste in essere ed avevano lo scopo esclusivo di conseguire un indebito vantaggio fiscale.

Il Tribunale di Trento rigettava con ordinanza la richiesta di revoca della sentenza di condanna respingendo la tesi volta a ritenere la condotta dell’imputata già tratta a giudizio quale mero abuso di diritto, evidenziando che alcune operazioni poste in essere dalla ricorrente in realtà erano ontologicamente inesistenti e come tali qualificabili come illecite.

Avverso tale ordinanza è stato interposto ricorso per Cassazione per essere la decisione assunta dal Tribunale di Trento in funzione di Giudice dell’Esecuzione contraria ai principi interpretativi fissati dalla giurisprudenza in tema di abuso del diritto ed elusione fiscale.

 

La decisione della Cassazione e il punto di diritto.

La Corte di Cassazione accoglie le doglianze della ricorrente ed annulla l’ordinanza impugnata con rinvio al Tribunale di Trento per nuovo esame:

Argomentano i Giudici di legittimità che “a seguito dell’introduzione dell’art. 10 bis nella l. 212 del 2000 (c.d. Statuto del contribuente), ad opera del d.lgs. n. 128 del 2015, che al comma 13 stabilisce che “Le operazioni abusive non danno luogo a fatti punibili ai sensi delle leggi penali tributarie. Resta ferma l’applicazione delle sanzioni amministrative tributarie”, non è più configurabile il reato di dichiarazione infedele in presenza di condotte puramente elusive ai fini fiscali, in quanto detta disposizione esclude che operazioni esistenti e volute, anche se prive di sostanza economica e tali da realizzare vantaggi fiscali indebiti, possano integrare condotte penalmente rilevanti”.

Rispetto alla motivazione addotta dal Tribunale a sostegno del rigetto, ossia l’aver ritenuto inesistenti le operazioni elusive a causa della realizzazione di schermi societari, la Corte ha osservato che i rilievi del Giudice dell’Esecuzione “presuppongono l’utilizzo dei mezzi fraudolenti contemplati dall’art. 3 d.lgs. 74/2000, e dunque una diversa qualificazione giuridica della condotta, non consentita in sede esecutiva se la riconducibilità della condotta a detta fattispecie non ha, nel caso in esame, mai formato oggetto di accertamento e di formale contestazione nel giudizio di cognizione (cfr. Sez. 1, n. 4461 del 19/01/2015, Singh, Rv. 262535)”.

Le operazioni che hanno comportato l’infedeltà della dichiarazioni, come affermato dalla Suprema Corte, sono state effettivamente realizzate, tanto che lo stesso G.D.E. riconosce che queste avrebbero avuto finalità extrafiscali. Pertanto le stesse non possono essere qualificate quali operazioni inesistenti, bensì operazioni realizzate (anche) a scopo elusivo, le quali impedirebbero pertanto di ritenere configurabile il reato di cui all’art. 4 d.lgs. 74/2000 ascritto alla ricorrente.

******

Quadro giurisprudenziale di riferimento in tema di elusione fiscale:

Cassazione penale sez. III  19 aprile 2017 n. 38026

La penale irrilevanza delle condotte di abuso del diritto e di elusione fiscale presuppone che l’operazione, pur principalmente finalizzata al conseguimento di un vantaggio tributario, sia tuttavia caratterizzata da una effettiva e reale funzione economico sociale meritevole di tutela per l’ordinamento, tale non potendosi ritenere un’operazione che sia, viceversa, meramente simulata e costituente un mero simulacro privo di qualsivoglia effettivo contenuto. In quest’ultimo caso, infatti, ci si troverebbe di fronte non tanto ad una ipotesi di abuso di un pur sussistente e valido negozio giuridico quanto ad una vera e propria macchinazione priva di sostanza economica il cui unico scopo, anche attraverso il sapiente utilizzo di strumenti negoziali fra loro collegati, sarebbe quello di raggiungere un indebito e penalmente rilevante vantaggio fiscale.

Cassazione civile sez. VI  13 aprile 2017 n. 9610

La costituzione di una società solo per acquistare un immobile da utilizzare per scopi privati rappresenta una evidente forma di elusione fiscale: in tale ipotesi l’Amministrazione finanziaria è legittimata ad emettere un avviso di accertamento per abuso del diritto.

Cassazione penale sez. III  05 aprile 2016 n. 35575

In tema di reati fiscali, ivi compresi quelli in materia di diritti doganali, devono ritenersi prive di rilievo penale, con effetto retroattivo, le condotte riconducibili alla nozione di “abuso del diritto” (equivalente a quella di “elusione fiscale”), quale delineata nell’art. 10 bis l. n. 212 del 2000, introdotto dall’art. 1 del D.L.vo n. 128 del 2015, fermo restando che restano invece penalmente rilevanti le condotte che costituiscano violazione di specifiche disposizioni antielusive, come, ad esempio, quelle che prevedano la esclusione di deduzioni o benefici fiscali, la cui indebita autoattribuzione, quindi, da parte del contribuente, potrebbe rendere configurabile i delitti di dichiarazione infedele o fraudolenta.

Cassazione penale sez. III  01 ottobre 2015 n. 40272

In tema di reati tributari, la disposizione transitoria di cui all’art. 1, comma 5, d.lg. 5 agosto 2015, n. 128, che prevede l’applicazione dell’art. 10-bis l. 27 luglio 2000, n. 212 anche alle condotte commesse anteriormente alla propria entrata in vigore solo se non sia ancora stato notificato un atto impositivo, non impedisce di ritenere non più penalmente rilevanti le condotte fiscalmente elusive integranti mero abuso del diritto, per effetto del comma 13 del medesimo art. 10-bis, in quanto tale comma, realizzando una sostanziale “abolitio criminis”, deve operare retroattivamente senza condizioni.

Cassazione civile sez. trib.  15 luglio 2015 n. 14761

L’abuso del diritto si configura solo per l’aggiramento “patologico” di norme tributarie. Tale istituto opera solo se l’operazione posta in essere si spiega soltanto con l’intento di ottenere il risparmio fiscale.