Omesso versamento dell’IVA e concordato preventivo: la presentazione della domanda di ammissione alla procedura concorsuale non esclude il dolo di evasione.

Si segnala ai lettori del blog la sentenza n. 39310/2019 – depositata il 25.09.2019 con la quale la Corte di Cassazione è tornata a pronunciarsi in materia di omesso versamento I.V.A. per stabilire il principio di diritto secondo il quale la presentazione di domanda di ammissione al concordato preventivo dall’azienda in crisi prima della scadenza del pagamento di pagamento dell’imposta indiretta non costituisce causa di esclusione  della colpevolezza dell’imputato.

L’imputazione e il doppio grado di giudizio

La Corte di appello di Bologna confermava la sentenza di condanna del Tribunale di Ravenna nei confronti dell’imputato ritenuto responsabile del reato  p. e p. all’art 10-ter d.lgs. 74/2000, tratto a giudizio nella qualità di legale rappresentante della società in liquidazione per aver omesso di versare l’imposta sul valore aggiunto, dovuta in base alla dichiarazione annuale del 2011, per un ammontare di euro 302.898,00.

Il giudizio di legittimità ed il principio di diritto.

Avverso la sentenza emessa dalla Corte distrettuale di Bologna interponeva ricorso per cassazione la difesa dell’imputato lamentando vizio motivazionale e violazione di legge in ordine alla ritenuta sussistenza degli elementi costitutivi del reato in contestazione, segnatamente di quello soggettivo.

Secondo il ricorrente l’assenza di colpevolezza era stata ingiustamente esclusa dal Collegio di appello malgrado il grave stato di crisi economica in cui versava l’impresa collettiva tanto da presentare una domanda di ammissione alla procedura concorsuale del concordato preventivo.

Il Supremo Collegio, dando continuità all’orientamento rigoroso sedimentato intorno alla componente psicologica del reato, ha dichiarato inammissibile il ricorso.

Di seguito si riportano i passaggi estratti del compendio motivazionale della sentenza in commento, di particolare interesse per gli operatori di diritto in materia tributaria.

(i) La sussistenza dell’elemento soggettivo del reato in contestazione:

“Deve ribadirsi, sotto il primo profilo, che la Corte d’appello ha correttamente escluso cause di forza maggiore o situazioni che potessero far ritenere insussistente il dolo del reato.

Come ben evidenziato dai giudici di merito, la difesa non ha dedotto elementi tali da dimostrare l’assoluta impossibilità, e non la semplice difficoltà, di porre in essere il comportamento doveroso omesso.

Non sono sufficienti allo scopo i documenti che dimostrano la crisi economica dell’impresa, in mancanza di azioni efficaci dirette al risanamento dell’impresa stessa, perché tale non può essere considerata la redazione del piano allegato alla domanda di concordato, non essendo il concordato in questione andato a buon fine. Ne deriva che l’inadempimento nei termini del debito erariale deve essere considerato il frutto di una scelta strategica imprenditoriale pienamente ascrivibile all’imputato.”

“Così argomentando, la Corte d’appello ha correttamente applicato e interpretato i principi di diritto più volte ribaditi dalla giurisprudenza di legittimità, relativamente alla configurazione dell’esimente della forza maggiore rispetto al reato di cui all’art. 10 ter d.lgs. 74/2000, in forza dei quali risulta indispensabile che il contribuente dimostri che gli sia stato impossibile reperire le risorse economiche e finanziarie necessarie all’adempimento delle obbligazioni tributarie, pur avendo esperito tutte le possibili azioni, comprese quelle svantaggiose per il proprio patrimonio personale, tese a recuperare le somme necessarie a estinguere il debito erariale, senza esservi riuscito per ragioni a lui non imputabili e, comunque, indipendenti dalla sua volontà (ex plurimis, Sez. 3, 9 settembre 2015, n. 43599; Sez. 3, 9 ottobre 2013, n. 5905; Sez. 3, 8 gennaio 2014, n. 15416; Sez. 3, 5 dicembre 2013, n. 5467).

E va ribadito, in generale, che la forza maggiore presume il verificarsi di un evento imprevisto e imprevedibile, impossibile da collegare a un’azione o – come nel caso in oggetto – a un’omissione volontaria dell’agente; sicché, per la sua configurazione, è necessario che si dimostri l’assoluta impossibilità e non la semplice difficoltà di porre in essere il comportamento omesso (ex multis, Sez. 3, 9 settembre 2015, n. 43599).”

(ii) Sul mancato effetto preclusivo al pagamento collegato alla sola domanda di ammissione al concordato preventivo:

“Quanto al preteso effetto preclusivo della domanda di concordato, precedente alla scadenza del termine per il pagamento del debito Iva per il 2011, deve ricordarsi che non assume rilevanza, né sul piano dell’elemento soggettivo, né su quello della esigibilità della condotta, la mera presentazione della domanda di ammissione al concordato preventivo, la quale non impedisce il pagamento dei debiti tributari che vengano a scadere successivamente alla sua presentazione (ex plurimis, Sez. 3, n. 25315 del 12/02/2019; Sez. 3, n. 49795 del 23/05/2018, Rv. 274199 – 01; Sez. 3, n. 12912 del 04/02/2016, Rv. 266708 – 01; Sez. 3, n. 44283 del 14/05/2013, Rv. 257484 – 01).

Del resto la domanda di concordato preventivo è conseguenza della crisi di impresa che – come visto – l’imputato non ha adeguatamente fronteggiato.

E non può attribuirsi efficacia sostanzialmente scriminante ad una domanda presentata allo stesso imputato che aveva provocato dissesto.

Diversamente opinando, si dovrebbe concludere che il soggetto responsabile, con la mera presentazione della domanda di concordato prima della scadenza del termine per il versamento Iva rilevante a fini penali, possa evitare di incorrere in responsabilità penale. E in presenza di un provvedimento ammissivo del 28 dicembre 2011, ovvero successivo alla scadenza del termine del 27 dicembre 2011, per di più ad un concordato non andato a buon fine, deve farsi richiamo alla giurisprudenza di questa Corte, secondo cui, in tema di reato di omesso versamento di ritenute certificate di cui all’art. 10-bis del d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74, è configurabile la causa di giustificazione prevista dall’art. 51 cod. pen. solo se i provvedimenti che impongono il dovere di non adempiere all’obbligo tributario, come l’ammissione al concordato preventivo ovvero, in alternativa, il provvedimento del tribunale che abbia vietato il pagamento di crediti anteriori, siano intervenuti prima della scadenza di tale obbligo e, dunque, non siano successivi alla consumazione del reato (ex multis, Sez. 3, n. 2860 del 30/10/2018, dep. 22/01/2019, Rv. 274822 – 01; Sez. 3, n. 39696 del 08/06/2018, Rv. 273838 – 01; Sez. 4, n. 52542 del 17/10/2017, Rv. 271554 – 01).”

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Riferimento normativo.

Art. 10 ter  d.lgs. 74/2000, Omesso versamento di IVA:

  1. E’ punito con la reclusione da sei mesi a due anni chiunque non versa, entro il termine per il versamento dell’acconto relativo al periodo d’imposta successivo, l’imposta sul valore aggiunto dovuta in base alla dichiarazione annuale, per un ammontare superiore a euro duecentocinquantamila per ciascun periodo d’imposta.

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Quadro giurisprudenziale in ordine al delitto di omesso versamento dell’Iva p. e p. dall’ art 10-ter d.lgs.74/2000.

Cassazione penale sez. III, 30/10/2018, n.2860:

In tema di reato di omesso versamento di ritenute certificate di cui all’art. 10-bis d.lg. 10 marzo 2000, n. 74, è configurabile la causa di giustificazione prevista dall’art. 51 c.p. solo se i provvedimenti che impongono il dovere di non adempiere all’obbligo tributario, come l’ammissione al concordato preventivo ovvero, in alternativa, il provvedimento del tribunale che abbia vietato il pagamento di crediti anteriori, siano intervenuti prima della scadenza di tale obbligo e, dunque, non siano successivi alla consumazione del reato. (Fattispecie in tema di sequestro preventivo finalizzato alla confisca).

Cassazione penale sez. III, 09/09/2015, n.43599:

Ai fini della configurabilità del reato di omesso versamento di IVA (art. 10-ter D.Lgs. n. 74 del 2000), non rileva quale causa di forza maggiore per il legale rappresentante di un’impresa lo stato di dissesto imputabile alla precedente gestione, quando risulta che l’agente al momento del suo subentro nella carica aveva la consapevolezza della crisi di liquidità e non era nell’impossibilità a lui non ascrivibile di intraprendere alcuna iniziativa per fronteggiare tale situazione.

Cassazione penale sez. III, 08/01/2014, n.15416:

In tema di reati tributari, e segnatamente di omesso versamento di ritenute certificate, previsto e punito dall’art. 10-bis, d.lg. n. 74/2000, può essere invocata, per escludere la colpevolezza, la crisi di liquidità del soggetto attivo, ove questi sia in grado di fornire la prova che per lui non sia stato altrimenti possibile reperire le risorse necessarie a consentirgli il corretto e puntuale adempimento delle obbligazioni tributarie, pur avendo posto in essere tutte le possibili azioni, anche sfavorevoli al suo patrimonio personale, dirette a consentirgli di recuperare le somme indispensabili per assolvere il debito erariale, senza esservi riuscito per cause indipendenti dalla sua volontà e ad egli non imputabili.

Cassazione penale sez. III, 24/06/2014, n.8352:

Il reato di omesso versamento dell’imposta sul valore aggiunto ha natura istantanea ed unisussistente, con la conseguenza che gli omessi versamenti periodici non costituiscono frazioni anticipate della fattispecie incriminata e il dolo, che è integrato dalla volontà dell’omesso versamento, deve sussistere alla scadenza del termine cd. lungo e non in momenti ad esso antecedenti.

Cassazione penale sez. III, 24/04/2013, n.39101:

In tema di reati tributari, la presentazione di una proposta di concordato preventivo e la sua approvazione di omologazione da parte del tribunale non fa venir meno la responsabilità dell’amministratore della società che non ha versato quanto dovuto all’erario ai fini degli obblighi i.v.a. (In motivazione, la Corte ha evidenziato che il reato di cui all’art. 10 ter d.lgs. n. 74 del 2000 ha natura e carattere istantaneo e grave sull’amministratore e non sull’ente da lui amministrato).

Cassazione penale sez. III, 27/11/2013, n.3124:

In caso di omesso versamento di ritenute certificate, l’insolvenza successiva non scrimina, dovendo il sostituto di imposta ripartire le proprie risorse in modo da poter sempre adempiere l’obbligo tributario. Inoltre, non può ritenersi sussistente una involontaria illiquidità – in astratto scriminante – allorchè l’imputato, quando ha assunto l’incarico di amministratore, fosse consapevole della situazione di irreversibile indebitamento e mancanza di liquidità della società.

Cassazione penale sez. III, 05/12/2013, n.5467:

Il sostituto d’imposta ha l’obbligo di accantonare le somme dovute all’Erario, organizzando le risorse disponibili in modo da poter adempiere all’obbligazione tributaria. In astratto sono possibili casi nei quali può invocarsi l’assenza di dolo o l’assoluta impossibilità di adempiere l’obbligazione tributaria. È tuttavia necessario che siano assolti gli oneri di allegazione che, per quanto attiene alla crisi di liquidità, dovranno investire non solo l’aspetto circa la non imputabilità al sostituto di imposta della crisi economica che improvvisamente avrebbe investito l’azienda, ma anche che detta crisi non possa essere stata adeguatamente fronteggiata tramite il ricorso, da parte dell’imprenditore, ad idonee misure da valutarsi in concreto, anche sfavorevoli per il suo patrimonio personale.

by Claudio Ramelli @Riproduzione Riservata