L’uso di carte clonate presso il distributore di carburante non integra l’ipotesi aggravata di frode informatica.

E’ il principio di diritto fissato dalla seconda sezione penale della Cassazione con la sentenza numero 9013/2024 – depositata il 01/03/2024, chiamata a decidere sul ricorso per cassazione interposto dal Procuratore della Repubblica contro la decisione del Gip del medesimo Tribunale che non aveva convalidato l’arresto in flagranza di reato operato dai Carabinieri in danno di due soggetti intenti a rifornirsi di carburante mediante l’utilizzo di carte clonate. 

Secondo il rappresentante della pubblica accusa la mancata convalida dell’arresto era da addebitarsi ad una erronea qualificazione giuridica del fatto in contestazione da ricondurre all’ipotesi aggravata di cui al comma secondo all’art. 640-ter cod. pen., che prevede la procedibilità d’ufficio e l’arresto in flagranza.

La Corte di legittimità ha rigettato il ricorso statuendo il principio che segue aderente alla lettera della norma incriminatrice: 

“Il secondo comma dell’art. 640-ter cod. pen. contempla, infatti, una ipotesi aggravata che è procedibile di ufficio e consente l’arresto (facoltativo) in flagranza, che ricorre “… se il fatto produce un trasferimento di denaro, di valore monetario o di valuta virtuale …”.

Nonostante i rilievi operati nel ricorso sulle modalità di “funzionamento” delle carte prepagate, non è praticabile la ricostruzione suggerita dal PM ricorrente ” secondo cui l’acquisto di carburante effettuato attraverso l’utilizzo di carte “clonate” sarebbe riconducibile alla ipotesi aggravata.

Va detto, a tal proposito, che sia l’art. 493-ter cod. pen. che l’art. 640-ter cod. pen. sono stati oggetto del medesimo intervento normativo operato dal legislatore con il D. Lg.vo 184 del 2021 (“attuazione degli obblighi europei in materia di lotta contro le frodi e le falsificazioni di mezzi di pagamento diversi dai contanti”) che ha recepito la Direttiva 2019/713/UE del Parlamento europeo e del Consiglio.

L’art. 2 del D. Lg.vo ha modificato l’art. 493-ter anche nel “titolo” oltre che nel contenuto che, ora, recita nel senso di punire la condotta di “… chiunque .. indebitamente utilizza, non essendone titolare, carte di credito o di pagamento, ovvero qualsiasi altro documento analogo che abiliti al prelievo di denaro contante o all’acquisto di beni o alla prestazione di servizi o comunque ogni altro strumento di pagamento diverso dai contanti …”.

Nel contempo, lo stesso art. 2, comma primo, alla lett. c), ha inciso sul capoverso dell’art. 640-ter cod. pen. introducendo l’ulteriore ipotesi aggravata che ricorre “… se il fatto produce un trasferimento di denaro, di valore monetario o di valuta virtuale …”.

Ed è proprio la contestualità dei due interventi, effettuati con il medesimo decreto, che induce a ritenere che il legislatore abbia inteso ben distinguere tra la condotta di utilizzo di carte di credito o di pagamento (o altri strumenti) per l’acquisto di beni e servizi, ipotesi che rimane contemplata nell’art. 493-ter cod. pen. e, come nel caso di specie, “assorbita” dal comma primo dell’art. 640-ter cod. pen.; rispetto, invece, a quella che mira a colpire in maniera più severa il trasferimento virtuale (o digitale) di denaro (o altro, ma indicato specificamente in “valore monetario” o “valuta virtuale”) indipendentemente dal prelievo di contante o dal pagamento di beni e servizi che è l’ipotesi di cui si discute e che è la condotta ascritta agli arrestati”.

By Claudio Ramelli© RIPRODUZIONE RISERVATA