Omesso versamento IVA: il reato tributario è integrato dall’omesso versamento dell’imposta risultante dalla dichiarazione annuale del contribuente, a nulla rilevando la discrasia tra il debito erariale dichiarato e quello effettivo

Si segnala ai lettori del blog la sentenza 12378.2020, depositata il 17 aprile 2020, resa dalla III Sezione penale della Corte di Cassazione, con la quale il Collegio del diritto, scrutinando un caso di omesso versamento dell’IVA, enuncia il principio di diritto secondo cui il debito erariale rilevante ai fini dell’integrazione del reato tributario è solo quello oggetto della dichiarazione annuale del contribuente – la presentazione della quale rappresenta il momento di consumazione del delitto – e non anche quello effettivo risultate dalle annotazioni contabili.

 

Il reato contestato e la doppia conforme di merito

Nel caso di specie, all’imputato, nella qualità di legale rappresentante di una società di capitali, era contestato il reato previsto e punito dall’art. 10 ter D.lgs. 74/2000, in relazione all’annualità 2013.

La Corte di appello di Brescia confermava la sentenza con la quale il locale Tribunale aveva condannato l’imputato per il reato ascrittogli.

 

Il ricorso per cassazione, il giudizio di legittimità ed il principio di diritto

La difesa del prevenuto proponeva ricorso per cassazione avverso la decisione della Corte territoriale, articolando due motivi di impugnazione.

Ai fini del presente commento, riveste maggiore interesse la deduzione del vizio di motivazione in ordine al riconoscimento della responsabilità penale in capo al giudicabile.

In particolare, la difesa dell’imputato fa leva su un errore del commercialista (non escusso malgrado la richiesta di esame formulata ex art. 507 c.p.p.) in sede di formazione della dichiarazione annuale e di discrasia tra il debito erariale dichiarato e quello effettivo, inferiore alla soglia di punibilità.

I Giudici di legittimità, nel dichiarare l’inammissibilità del ricorso, esprimono un principio di diritto secondo il quale il reato di omesso versamento dell’IVA risulta integrato dal mancato versamento della somma risultante dalla dichiarazione annuale e non da quello della somma effettiva, desumibile dalle scritture contabili.

Di seguito si riportano i passaggi più significativi tratti dal compendio motivazionale della pronuncia della Suprema Corte:

“La tesi difensiva è manifestamente infondata, poiché il ricorrente è il legale rappresentante della [omissis] s.r.l che ha sottoscritto la dichiarazione e non ha poi versato gli importi.

È proprio dalla presentazione della dichiarazione annuale, effettuata dal ricorrente, che emerge quanto è dovuto a titolo di imposta.

Come affermato da Sez. 3, n. 14595 del 17/11/2017, dep. 2018, Strada, Rv. 272552 – 01, ai fini della integrazione del reato di omesso versamento dell’IVA di cui all’art. 10-ter del d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74, l’entità della somma da versare, costituente il debito IVA, è quella risultante dalla dichiarazione del contribuente e non quella effettiva, desumibile dalle annotazioni contabili. Non rileva neanche, per ragioni di tipicità, se l’importo relativo all’Iva sia stato effettivamente incassato.

La sentenza Strada ha affermato che il debito erariale non deve risultare dai registri delle fatture emesse o dalle fatture o dalla contabilità di impresa o, ancora, dal bilancio: il debito erariale rilevante ai fini del reato di omesso versamento dell’imposta sul valore aggiunto è solo quello oggetto della dichiarazione annuale.

La presentazione della dichiarazione, infatti, costituisce un presupposto necessario ai fini della consumazione del reato (in questo senso, espressamente, Sez. U, n. 37424 del 28/03/2013; Romano, in motivazione; nonché Sez. 3, n. 6293 del 14/01/2010, n.m.), tant’è che l’autore del reato deve necessariamente rappresentarsi che l’oggetto della condotta omissiva è esattamente (ed esclusivamente) il debito dichiarato, non quello risultante aliunde (Sez. U, n. 37424 del 28/03/2013, Romano, secondo cui la prova del dolo è insita in genere nella presentazione della dichiarazione annuale, dalla quale emerge quanto è dovuto a titolo di imposta, e che deve, quindi, essere saldato o almeno contenuto non oltre la soglia, entro il termine previsto).

Il tema della non corrispondenza del debito dichiarato (superiore alla cd. soglia) con quello che risulta dalla contabilità dell’impresa (in ipotesi ad essa inferiore) non ha perciò alcuna rilevanza posto che, come già rilevato, la fattispecie, per chiara scelta legislativa, non è strutturata intorno al debito effettivo, ma solo a quello dichiarato. Le discrasie tra il debito erariale  dichiarato e quello effettivo hanno il proprio terreno elettivo nei reati in materia di dichiarazione di cui agli artt. 2, 3 e 4, d.lgs. n. 74 del 2000 i quali ben possono concorrere con quello di cui all’art. 10-ter.

 

La norma incriminatrice:

Art. 10 ter D.lgs. 74/2000 – Omesso versamento di IVA

E’ punito con la reclusione da sei mesi a due anni chiunque non versa, entro il termine per il versamento dell’acconto relativo al periodo d’imposta successivo, l’imposta sul valore aggiunto dovuta in base alla dichiarazione annuale, per un ammontare superiore a euro duecentocinquantamila per ciascun periodo d’imposta.

 

Giurisprudenza di riferimento:

Cassazione penale sez. III, 18/05/2018, n.2563

In tema di reato di omesso versamento dell’i.v.a. previsto dall’art. 10-ter d.lg. 10 marzo 2000, n. 74, l’imposta dovuta è quella che risulta in base alla dichiarazione annuale e, dunque, quella indicata nel rigo VL38 di tale dichiarazione, potendo, tuttavia, il giudice prescindere da tale importo, se esso non è giustificato dall’esame formale della dichiarazione stessa. (In motivazione, la Corte ha precisato che la quantificazione dell’imposta deve essere effettuata in base alla dichiarazione e non in forza di accertamenti sostanziali sulla corrispondenza al vero delle voci attive e passive in essa indicate, potendosi configurare, in caso di falsità, i più gravi reati di cui agli artt. 2, 3, e 4 d.lg. n. 74 del 2000).

Cassazione penale sez. III, 17/11/2017, n.14595

Ai fini della integrazione del reato di omesso versamento dell’IVA di cui all’art. 10-ter del d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74, l’entità della somma da versare, costituente il debito IVA, è quella risultante dalla dichiarazione del contribuente e non quella effettiva, desumibile dalle annotazioni contabili.

Cassazione penale sez. III, 21/04/2016, n.38487

Il reato previsto dall’art. 10 -ter del D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74, presuppone che il debito IVA risulti dalla dichiarazione del contribuente e, pertanto, la fattispecie non è integrata qualora nella stessa dichiarazione sia esposto un credito tributario.

By Claudio Ramelli© RIPRODUZIONE RISERVATA