Dichiarazione di fallimento e sequestro preventivo del profitto del reato tributario: la procedura concorsuale intervenuta prima della disposizione della misura cautelare non ne preclude l’esecuzione

Si segnala ai lettori del blog la sentenza numero 15776.2020, depositata il 25 maggio 2020, resa dalla III Sezione penale della Corte di Cassazione, con la quale il Collegio del diritto, esprimendosi in merito ad un caso di sequestro preventivo del profitto del reato tributario di indebita compensazione disposto nei confronti della società dichiarata fallita, enuncia il principio di diritto secondo cui l’unico limite all’operatività della confisca è dato dall’appartenenza del bene a persona estranea al reato, con la conseguenza che la procedura concorsuale intervenuta prima dell’emissione del provvedimento ablativo non impedisce l’esecuzione della misura cautelare reale sui beni del fallimento.

Il reato provvisoriamente contestato e la fase cautelare di merito

Nel caso di specie, all’indagato, nella qualità di legale rappresentante della società fallita, era contestato il delitto ex art. 10 quater D.lgs. 74/2000, per aver effettuato indebite compensazioni con crediti inesistenti.

Il Tribunale del Riesame di Caltanissetta confermava l’ordinanza con la quale il GIP presso il Tribunale di Gela che aveva rigettato l’istanza di revoca del sequestro preventivo presentata dal curatore fallimentare.

Il ricorso per cassazione, il giudizio di legittimità e il principio di diritto

Il curatore fallimentare proponeva ricorso in cassazione avverso l’ordinanza resa dal Tribunale del Riesame, articolando plurimi motivi di impugnazione.

I Giudici di legittimità, nell’annullare l’ordinanza impugnata con rinvio al Tribunale della Libertà per la relativa carente motivazione, riportano i differenti orientamenti formatisi in giurisprudenza in tema di rapporti tra procedura concorsuale e misura cautelare reale ed enunciano il principio di diritto relativo ai limiti di operatività del sequestro preventivo finalizzato alla confisca.

Di seguito si riportano i passaggi più significativi tratti dal compendio motivazionale della decisione della Suprema Corte:

Mentre infatti la prima è finalizzata a consentire la soddisfazione dei creditori dell’impresa che versi in stato di insolvenza, la seconda è volta a sottrarre alla disponibilità dell’indagato i proventi di un determinato reato, per cui il problema, in caso di sovrapposizione di due vincoli, non è tanto quello di stabilire quale sia stato apposto per primo, ma piuttosto quello di valutare a quale delle diverse esigenze di tutela occorre assicurare preminenza e in che termini.

[…]

La legittimazione del curatore a impugnare scaturisce dalla possibilità di riconoscere in capo allo stesso, rispetto alla totalità dei beni facenti parte dell’attivo fallimentare, senza limitazioni temporali, la veste di persona “avente diritto alla restituzione dei beni”, nella sua funzione di conservazione e reintegrazione della massa attiva del fallimento ai fini del soddisfacimento delle ragioni dei creditori, a cui la procedura fallimentare è istituzionalmente destinata. Ora, il riconoscimento in capo al curatore della legittimazione all’impugnazione dei provvedimenti impositivi di cautele reali non vale tuttavia ad alterare l’assetto dei rapporti tra procedura fallimentare e sequestro penale, dovendosi cioè ribadire che la misura ablatoria reale, in virtù del suo carattere obbligatorio, da riconoscere sia alla confisca diretta che a quella per equivalente, è destinata a prevalere su eventuali diritti di credito gravanti sul medesimo bene, a prescindere dal momento in cui intervenga la dichiarazione di fallimento, non potendosi attribuire alla procedura concorsuale che intervenga prima del sequestro effetti preclusivi rispetto alla operatività della cautela reale disposta nel rispetto dei requisiti di legge, e ciò a maggior ragione nell’ottica della finalità evidentemente sanzionatoria perseguita dalla confisca espressamente prevista in tema di reati tributari, quale strumento volto a ristabilire l’equilibrio economico alterato dal reato.

Unico limite all’operatività della confisca diretta o per equivalente, per come desumibile dal tenore letterale dell’art. 12 bis del d.lgs. n. 74 del 2000, è dunque soltanto l’eventuale appartenenza del bene a persona estranea al reato>.  

 

Quadro giurisprudenziale di riferimento:

Cassazione penale sez. V, 30/10/2019, n.52060

In tema di rapporti tra sequestro preventivo e fallimento, è legittimo il sequestro preventivo dei beni ricompresi nell’attivo fallimentare, in quanto la deprivazione che il fallito subisce dell’amministrazione e della disponibilità dei suoi beni, vincolati dalla procedura concorsuale a garanzia dell’equa soddisfazione di tutti i creditori mediante l’esecuzione forzata, non esclude che egli conservi, sino al momento della vendita fallimentare, la titolarità dei beni stessi. (In motivazione la Corte ha evidenziato che se in pendenza dell’esecuzione collettiva il fallito compie atti di disposizione dei suoi beni ovvero assume obbligazioni, tali atti, inopponibili al fallimento ed inefficaci per i creditori che partecipano alla procedura, restano validi nei confronti del contraente e dei terzi estranei al fallimento).

Cassazione penale sez. un., 26/09/2019, n.45936

Il curatore fallimentare è legittimato a chiedere la revoca del sequestro preventivo a fini di confisca e ad impugnare i provvedimenti in materia cautelare reale. (Nella motivazione della decisione, relativa a sequestro preventivo, disposto prima del fallimento, ai fini della confisca prevista dall’art. 12-bis d.lg. 10 marzo 2000, n. 74, la Corte ha precisato che la legittimazione del curatore, discendente dalla titolarità del diritto alla restituzione dei beni sequestrati, dev’essere riconosciuta anche in relazione ai beni caduti in sequestro prima della dichiarazione di fallimento, poiché anch’essi fanno parte della massa attiva che entra nella disponibilità della curatela, con contestuale spossessamento del fallito, ai sensi dell’art. 42 l. fall.).

Cassazione penale sez. III, 24/05/2019, n.28583

In tema di reati tributari, il sequestro preventivo finalizzato alla confisca di cui all’art. 12-bis d.lg. 10 marzo 2000 n. 74, non può essere adottato sui beni già assoggettati alla procedura fallimentare, in quanto la dichiarazione di fallimento importa il venir meno del potere di disporre del proprio patrimonio in capo al fallito, attribuendo al curatore il compito di gestire tale patrimonio al fine di evitarne il depauperamento.

Cassazione penale sez. II, 17/05/2019, n.38573

Sussiste la legittimazione del curatore fallimentare a impugnare il decreto di sequestro di prevenzione, laddove il fallimento sia dichiarato prima dell’emissione di tale decreto.

Cassazione penale sez. III, 17/12/2018, n.17749

In tema di sequestro preventivo, il curatore fallimentare è legittimato a impugnare il provvedimento riguardante i beni della società, emesso per un reato tributario commesso dal legale rappresentante dell’ente in epoca anteriore al fallimento, in quanto è incaricato dell’amministrazione della massa attiva nell’interesse dei creditori ammessi alla procedura concorsuale, che risultano titolari di diritti alla sua conservazione, nella prospettiva della migliore soddisfazione dei propri crediti. (Fattispecie in cui la Corte ha annullato senza rinvio la decisione con la quale era stata dichiarata inammissibile la richiesta di riesame presentata da un curatore, in quanto il predetto non sarebbe stato portatore di alcuna posizione soggettiva relativa ai beni del fallimento).

Cassazione penale sez. III, 29/05/2018, n.45574

In tema di reati tributari, il sequestro preventivo finalizzato alla confisca di cui all’art. 12-bis, d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74, non può essere adottato sui beni già assoggettati alla procedura fallimentare, in quanto la dichiarazione di fallimento importa il venir meno del potere di disporre del proprio patrimonio in capo al fallito, attribuendo al curatore il compito di gestire tale patrimonio al fine di evitarne il depauperamento.

Cassazione penale sez. III, 09/02/2017, n.28077

Il sequestro preventivo funzionale alla confisca, diretta o per equivalente, del profitto dei reati tributari, prevista dall’art. 12 bis, comma 1, d.lg. n. 74 del 2000, prevale sui diritti di credito vantati sul medesimo bene per effetto della ammissione al concordato preventivo, attesa l’obbligatorietà della misura ablatoria alla cui salvaguardia è finalizzato il sequestro. (In motivazione, la Corte ha osservato che il rapporto tra il vincolo imposto dall’apertura della procedura concorsuale e quello discendente dal sequestro, avente ad oggetto un bene di cui sia obbligatoria la confisca, deve essere risolto a favore della seconda misura, prevalendo sull’interesse dei creditori l’esigenza di inibire l’utilizzazione di un bene intrinsecamente e oggettivamente “pericoloso”, in vista della sua definitiva acquisizione da parte dello Stato).

Cassazione penale sez. III, 01/03/2016, n.23907

Il sequestro preventivo funzionale alla confisca per equivalente, prevista dall’art. 322-ter c.p.p., prevale sui diritti di credito vantati sul medesimo bene per effetto della dichiarazione di fallimento, attesa la obbligatorietà della misura ablatoria alla cui salvaguardia è finalizzato il sequestro.

Cassazione penale sez. un., 24/05/2004, n.29951

È consentito il sequestro preventivo, funzionale alla confisca facoltativa, di beni provento di attività illecita dell’indagato e di pertinenza di un’impresa dichiarata fallita, a condizione che il giudice, nell’esercizio del suo potere discrezionale, dia motivatamente conto della prevalenza delle ragioni sottese alla confisca rispetto a quelle attinenti alla tutela dei legittimi interessi dei creditori nella procedura fallimentare.

By Claudio Ramelli© RIPRODUZIONE RISERVATA