Bancarotta fraudolenta documentale e sottrazione o distruzione di documenti contabili: la contestazione del reato fallimentare e del delitto tributario nel simultaneus processus non viola il principio del ne bis in idem

Si segnala ai lettori del blog la sentenza numero 22486.2020, resa dalla V Sezione penale della Corte di Cassazione, depositata il 24 luglio 2020, con la quale il Collegio del diritto, esprimendosi in merito ad un processo nel quale risultavano contestati i reati di bancarotta fraudolenta documentale e di occultamento o distruzione di documenti contabili,  enuncia il principio di diritto secondo il quale la contestazione di entrambi i reati nel simultaneus processus non viola il principio del ne bis in idem.

Diverso è il caso in cui per lo stesso fatto materiale per il quale è intervenuta condanna definitiva  per uno dei due reati sopra indicati, venga esercitata azione penale per l’altro delitto in quanto, in tal caso, la nuova azione penale sarebbe improcedibile, operando la nota preclusione processuale.

I reati contestati e la doppia conforme di merito

Nel caso di specie agli imputati, nella qualità di amministratori di fatto della società dichiarata fallita, erano contestati i reati di bancarotta fraudolenta patrimoniale e documentale, per aver distratto beni sociali e per aver sottratto o occultato le scritture sociali, condotte poste in essere in un contesto associativo volto a frodare il fisco.

La Corte di appello di Brescia confermava la sentenza di primo grado di condanna dei prevenuti per i reati loro ascritti.

Il ricorso per cassazione, il giudizio di legittimità e il principio di diritto

La difesa di uno dei giudicabili proponeva ricorso per cassazione avverso la decisione resa dalla Corte territoriale, articolando plurimi motivi di impugnazione.

In particolare il ricorrente deduceva la violazione del principio del ne bis in idem, per essere stato condannato, nell’ambito del procedimento a sua carico per reati fallimentari, per il delitto di sottrazione o distruzione di scritture contabili.

I Giudici di legittimità, nel dichiarare inammissibile il ricorso, esprimono il principio di diritto secondo cui il divieto di bis in idem non risulta applicabile nel caso di specie, trattandosi di delitti che configurano un’ipotesi di concorso formale di reati che se contestati risultano entrambi  perseguibili nello stesso giudizio penale.

Di seguito si riportano i passaggi più significativi tratti dal compendio motivazionale della pronuncia in commento:

<Discorso diverso è da fare per la bancarotta fraudolenta documentale, che può effettivamente entrare il conflitto, sotto il profilo che qui interessa, con “l’occultamento o la distruzione di documenti contabili”, di cui all’art. 10 del d.lgs. n. 74/2000 (fermo restando che nessuna interferenza sussiste, né è stata segnalata, tra la bancarotta documentale e i reati previsti dagli artt. 2, 5 e 8 del d.lgs. 74/2000).

In tal caso, infatti, la condotta materiale potrebbe coincidere con quella sanzionata dall’art. 216 I. fall., che prevede anch’essa l’occultamento o la distruzione delle scritture contabili. Va allora preliminarmente ribadito, per chiarezza, che – anche laddove l’occultamento o la distruzione riguardino le medesime scritture contabili o i medesimi documenti – nulla osta alla contestazione, nel simultaneus processus, di entrambi i reati, che offendono beni giuridici diversi e sono animati da un diverso fine, trattandosi di reati che, esaminati sotto il profilo della fattispecie astratta (come sempre va fatto, allorché si tratti di risolvere il dilemma: concorso apparente di norme o concorso formale di reati?), non sono in rapporto di semplice specialità, ma di specialità reciproca, in ragione: a) del differente oggetto materiale dell’illecito; b) dei diversi destinatari del precetto penale; c) del differente oggetto del dolo specifico; d) del divergente effetto lesivo delle condotte di reato (Cass., n. 11049 del 13/11/2017, rv 272839-01; sez. 5, n. 35591 del 20/6/2017, rv 270811-01; sez. 3, n. 18927 del 24/2/2017, rv 269910-01).

La bancarotta documentale e il reato di cui all’art. 10 cit. concretano una ipotesi di concorso formale di reati e non pongono – allorché siano trattati congiuntamente – problemi di precedente giudicato, né di preclusione processuale.

La configurazione data – sotto il profilo sostanziale – dalla giurisprudenza costituzionale e sovranazìonale al principio del ne bis idem porta a ritenere, invece, che – allorché un soggetto sia già stato giudicato, con sentenza passata in giudicato, in qualsiasi Tribunale della Repubblica, per uno dei due reati suddetti, concernenti la medesima documentazione – l’azione penale non possa essere esercitata per l’altro reato e che, allorché ciò avvenga, l’azione deve essere dichiarata improcedibile, ovvero, se vi è stata condanna, la seconda pronuncia deve essere annullata in sede esecutiva.

L’estensione data – sotto il profilo processuale – dalla giurisprudenza sopra richiamata, al principio del ne bis in idem porta a ritenere, poi, che nella stessa sede giudiziaria e ad iniziativa dello stesso ufficio del Pubblico Ministero una nuova azione penale non possa essere promossa per uno dei due reati in questione, allorché sia già pendente processo per lo “stesso fatto”, diversamente qualificato>.

 

Le norme incriminatrici:

Art. 216 Legge Fallimentare – Bancarotta fraudolenta

È punito con la reclusione da tre a dieci anni, se è dichiarato fallito, l’imprenditore, che:

1) ha distratto, occultato, dissimulato, distrutto o dissipato in tutto o in parte i suoi beni ovvero, allo scopo di recare pregiudizio ai creditori, ha esposto o riconosciuto passività inesistenti;

2) ha sottratto, distrutto o falsificato, in tutto o in parte, con lo scopo di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto o di recare pregiudizi ai creditori, i libri o le altre scritture contabili o li ha tenuti in guisa da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio o del movimento degli affari.

La stessa pena si applica all’imprenditore, dichiarato fallito, che, durante la procedura fallimentare, commette alcuno dei fatti preveduti dal n. 1 del comma precedente ovvero sottrae, distrugge o falsifica i libri o le altre scritture contabili.

È punito con la reclusione da uno a cinque anni il fallito, che, prima o durante la procedura fallimentare, a scopo di favorire, a danno dei creditori, taluno di essi, esegue pagamenti o simula titoli di prelazione.

Salve le altre pene accessorie, di cui al capo III, titolo II, libro I del codice penale, la condanna per uno dei fatti previsti nel presente articolo importa per la durata di dieci anni l’inabilitazione all’esercizio di una impresa commerciale e l’incapacità per la stessa durata ad esercitare uffici direttivi presso qualsiasi impresa.

 

Art. 10 D.lgs. 74/2000 – Occultamento o distruzione di documenti contabili

Salvo che il fatto costituisca più grave reato, è punito con la reclusione da tre a sette anni chiunque, al fine di evadere le imposte sui redditi o sul valore aggiunto, ovvero di consentire l’evasione a terzi, occulta o distrugge in tutto o in parte le scritture contabili o i documenti di cui è obbligatoria la conservazione, in modo da non consentire la ricostruzione dei redditi o del volume di affari.

 

Quadro giurisprudenziale di riferimento:

Cassazione penale sez. V, 13/11/2017, n.11049

È configurabile il concorso tra il delitto di bancarotta fraudolenta documentale, di cui all’art. 216, comma 2, n. 2, e quello di occultamento e distruzione di documenti contabili, previsto dall’art. 10 d.lg. 10 marzo 2000, n. 74, che sono tra loro in rapporto di specialità reciproca, in ragione: a) del differente oggetto materiale dell’illecito; b) dei diversi destinatari del precetto penale; c) del differente oggetto del dolo specifico; d) del divergente effetto lesivo delle condotte di reato.

 

Cassazione penale sez. V, 20/06/2017, n.35591

È configurabile il concorso tra il delitto di bancarotta fraudolenta documentale, di cui all’art. 216, comma 1, n. 2, e quello di occultamento e distruzione di documenti contabili, previsto dall’art. 10 del d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74, che sono tra loro in rapporto di specialità reciproca, in ragione: a) del differente oggetto materiale dell’illecito; b) dei diversi destinatari del precetto penale; c) del differente oggetto del dolo specifico; d) del divergente effetto lesivo delle condotte di reato.

 

Cassazione penale sez. un., 28/06/2005, n.34655

Ai fini della preclusione connessa al principio ne bis in idem, l’identità del fatto sussiste quando vi sia corrispondenza storico-naturalistica nella configurazione del reato, considerato in tutti i suoi elementi costitutivi (condotta, evento, nesso causale) e con riguardo alle circostanze di tempo, di luogo e di persona. (Nel caso di specie, ove si trattava di merci separatamente rinvenute nella disponibilità di due persone, si è affermata l’identità del fatto di ricettazione perseguito in due distinti giudizi aperti a carico degli interessati, sebbene nel primo fosse configurata una responsabilità concorsuale per la ricezione di tutto quanto sequestrato e nel secondo, invece, fosse contestata a ciascuno la ricettazione della sola merce da lui materialmente detenuta. La Corte ha ritenuto che la sfasatura delle imputazioni dipendesse da una differente qualificazione giuridica del titolo di imputazione della responsabilità, e non dall’individuazione di fattispecie ontologicamente autonome per una diversità delle rispettive componenti strutturali).

By Claudio Ramelli© RIPRODUZIONE RISERVATA