E’ sempre responsabile di bancarotta fraudolenta documentale la testa di legno che sottrae o omette la tenuta delle scritture contabili

Si segnala ai lettori del blog la sentenza numero 15407.2020, resa dalla V Sezione penale della Corte di Cassazione, con la quale il Collegio del diritto, chiamato allo scrutinio di legittimità su una fattispecie di bancarotta fraudolenta documentale, enuncia il principio di diritto secondo il quale l’amministratore di diritto della società, dalla difesa indicato come mero prestanome, risponde comunque del reato fallimentare a lui ascritto qualora non abbia ottemperato all’obbligo di tenere e conservare le scritture contabili richieste dal Curatore fallimentare e dalla Guardia di Finanza.

Il reato contestato e la doppia conforme di merito

Nel caso di specie agli imputati, tratti a giudizio rispettivamente nella qualità di amministratore di diritto e di fatto della società fallita, veniva contestato il delitto di bancarotta fraudolenta documentale.

La Corte di appello di Genova confermava la sentenza con la quale il Tribunale di La Spezia aveva affermato la penale responsabilità dei prevenuti.

 

Il ricorso per cassazione, il giudizio di legittimità e il principio di diritto

I difensori dei giudicabili proponevano ricorso per cassazione contro la decisione resa dalla Corte territoriale, articolando plurimi motivi di impugnazione.

In particolare, ai fini del presente commento, riveste maggiore interesse la doglianza dedotta dal difensore dell’imputato  – amministratore di diritto della società, rispetto al quale secondo la tesi difensiva non poteva ravvisarsi la necessaria componente psicologica trattandosi di mera “testa di legno”.

I Giudici di legittimità, nell’annullare con rinvio la sentenza impugnata limitatamente alle pene accessorie e nel dichiarare inammissibili nel resto i ricorsi, chiariscono il perimetro della responsabilità connessa alla posizione di garanzia verso il ceto creditorio rivestita dall’amministratore formale che ha l’obbligo giuridico di  regolare tenuta e conservazione dei documenti contabili, diverso, quanto meno ai fini della responsabilità penale, dal caso in cui vengono contestate condotte distrattive se emerge la prova che siano state poste in essere dall’amministratore di fatto.

Di seguito si riportano i passaggi più significativi tratti dal compendio motivazionale della pronuncia in commento:

<La responsabilità del ricorrente per il reato di bancarotta fraudolenta documentale è stata desunta dai giudici d’appello nel prisma degli orientamenti di legittimità in tema di coinvolgimento dell’amministratore mera “testa di legno” nel reato in esame.

Ed infatti, costituisce principio consolidato quello secondo cui, in tema di bancarotta fraudolenta, con riguardo a quella documentale per sottrazione o per omessa tenuta in frode ai creditori delle scritture contabili, ben può ritenersi la responsabilità del soggetto investito solo formalmente dell’amministrazione dell’impresa fallita (cosiddetto ‘testa di legnò), atteso il diretto e personale obbligo dell’amministratore di diritto di tenere e conservare le suddette scritture (mentre non altrettanto può dirsi con riguardo all’ipotesi della distrazione, relativamente alla quale non può, nei confronti dell’amministratore apparente, trovare automatica applicazione il principio secondo il quale, una volta accertata la presenza di determinati beni nella disponibilità dell’imprenditore fallito, il loro mancato reperimento, in assenza di adeguata giustificazione della destinazione ad essi data, legittima la presunzione della dolosa sottrazione: in tal senso, tra le tante, cfr. le più recenti massimate Sez. 5, n. 19049 del 19/2/2010, Succi, Rv. 247251; Sez. 5, n. 54490 del 26/9/2018, C., Rv. 274166).

Il Collegio sottolinea che tale condivisibile orientamento fa eco a quello che sottolinea come debba, altresì, essere fornita la dimostrazione dell’effettiva e concreta consapevolezza del loro stato, tale da impedire la ricostruzione del movimento degli affari (Sez. 5, n. 642 del 30/10/2013, dep. 2014, Demajo, Rv. 257950; Sez. 5, n. 43977 del 14/7/2017, Pastechi, Rv. 271754; Sez. 5, n. 44293 del 17/11/2005, Liberati, Rv. 232816).

Ebbene, nel caso di specie la Corte d’Appello ha evidenziato gli indicatori di tale effettiva e concreta consapevolezza della fraudolenta ed omissiva tenuta delle scritture contabili da parte del ricorrente, costituiti dagli accertamenti svolti dalla curatela e dalla Guardia di finanza: si è dato atto che nessuna scrittura contabile è stata consegnata, indice macroscopico che l’amministratore di diritto non potesse chiamarsi fuori da una totale inadempienza ai suoi obblighi, nonché il fatto che avesse dichiarato al curatore l’assenza di beni da inventariare, nascondendo l’esistenza di un’autovettura di proprietà della fallita e di un contratto d’affitto d’azienda in favore della [omissis], sottoscritto personalmente da lui. I rapporti economici con tale ultima società non sono stati chiariti dall’indagine proprio per la mancata collaborazione e la mancanza di documentazione contabile al riguardo>.

Quadro giurisprudenziale di riferimento:

Cassazione penale sez. V, 02/04/2019, n.37848

In materia fallimentare, in ogni caso di bancarotta fraudolenta si è in presenza di una responsabilità dell’amministratore di diritto, anche in presenza di una modificazione illegittima delle scritture contabili. La Cassazione ha respinto il ricorso di una imputata condannata nei gradi di merito, la quale riteneva che mancasse uno dei presupposti per la configurazione del reato, ovvero la condotta prevista dalla normativa per la configurazione del reato di bancarotta fraudolenta, non potendosi a ogni modo inferire in via automatica una responsabilità penale dalla semplice posizione di amministratore di diritto dell’impresa fallita. Per i giudici di legittimità, tuttavia, dalla semplice posizione di amministratore di diritto di un’impresa derivano conseguenza giuridiche ben precise in ordine a eventuali responsabilità penali.

 

Cassazione penale sez. V, 01/03/2019, n.34112

In tema di bancarotta fraudolenta documentale, per poter fondare la responsabilità del soggetto investito solo formalmente dell’amministrazione dell’impresa fallita (cosiddetta “testa di legno”), alla violazione dei doveri di vigilanza e di controllo che derivano dalla accettazione della carica deve essere aggiunta la dimostrazione non solo astratta e presunta, bensì effettiva e concreta, della consapevolezza dello stato delle scritture, tale da impedire la ricostruzione del movimento degli affari o, per le ipotesi con dolo specifico, di farne emergere la strumentalità verso fini di pregiudizio in danno dei creditori: ciò che è imposto dal rispetto del principio costituzionale di colpevolezza. Infatti, se non è revocabile in dubbio che la carica di amministratore di diritto di una società conferisca alla persona che la ricopre doveri di vigilanza e controllo (sintetizzabili nella posizione di garanzia ex articolo 2392 del codice civile), la cui violazione comporta responsabilità penale a titolo di dolo generico, è pur vero che l’addebito di consapevole mancanza di condotta impeditiva del fatto illecito può muoversi soltanto quando la condotta omissiva sia stata accompagnata dalla rappresentazione della situazione anti-doverosa, onde legittimare la prefigurazione dei consequenziali eventi tipici del reato, o, nella prospettazione del dolo eventuale, l’accettazione del rischio del loro accadimento. Riconoscendo, invece, tout court la responsabilità dell’amministratore di diritto, per i fatti di dolosa manipolazione delle scritture o di volontaria, scorretta tenuta del compendio contabile commessi dall’amministratore di fatto si correrebbe il rischio di attentare al principio di personalità della responsabilità penale, ovvero traslare il dolo della bancarotta fraudolenta in un addebito a sfondo meramente colposo.

 

Cassazione penale sez. V, 26/09/2018, n.54490

In tema di bancarotta fraudolenta, mentre con riguardo a quella documentale per sottrazione o per omessa tenuta in frode ai creditori delle scritture contabili, ben può ritenersi la responsabilità del soggetto investito solo formalmente dell’amministrazione dell’impresa fallita (cosiddetto “testa di legno”), atteso il diretto e personale obbligo dell’amministratore di diritto di tenere e conservare le suddette scritture, non altrettanto può dirsi con riguardo all’ipotesi della distrazione, relativamente alla quale non può, nei confronti dell’amministratore apparente, trovare automatica applicazione il principio secondo il quale, una volta accertata la presenza di determinati beni nella disponibilità dell’imprenditore fallito, il loro mancato reperimento, in assenza di adeguata giustificazione della destinazione ad essi data, legittima la presunzione della dolosa sottrazione, dal momento che la pur consapevole accettazione del ruolo di amministratore apparente non necessariamente implica la consapevolezza di disegni criminosi nutriti dall’amministratore di fatto.

 

Cassazione penale sez. V, 14/07/2017, n.43977

In tema di reati fallimentari, l’amministratore di diritto risponde del reato di bancarotta fraudolenta documentale per sottrazione o per omessa tenuta, in frode ai creditori, delle scritture contabili anche se sia investito solo formalmente dell’amministrazione della società fallita (cosiddetta testa di legno), in quanto sussiste il diretto e personale obbligo dell’amministratore di diritto di tenere e conservare le predette scritture, purché sia fornita la dimostrazione della effettiva e concreta consapevolezza del loro stato, tale da impedire la ricostruzione del movimento degli affari.

By Claudio Ramelli© RIPRODUZIONE RISERVATA