Bancarotta fraudolenta patrimoniale e documentale: la Suprema Corte torna sul tema degli obblighi degli amministratori della fallita di tenere regolarmente le scritture contabili e di dimostrare la concreta destinazione impressa ai beni sociali non rinvenuti all’atto della redazione dell’inventario

Si segnala ai lettori del blog la sentenza numero 27566.2020, depositata il 5 ottobre 2020, resa dalla V Sezione penale della Corte di Cassazione che si è pronunciata su una fattispecie di contestata bancarotta fraudolenta documentale e patrimoniale.

Nella sentenza in commento, la Suprema Corte, facendo applicazione dei  noti principi elaborati dalla giurisprudenza di legittimità, stigmatizza la condotta degli amministratori della fallita sui quali, in sede processuale, grava l’onere di provare la concreta destinazione impressa ai beni sociali, nonché il rispetto dell’obbligo di regolare tenuta delle scritture contabili; conseguentemente, in mancanza  della predetta prova a discarico, il giudice del merito, facendo applicazione dei criteri ermeneutici sulla prova dettati dal codice di rito, può legittimamente presumere che i beni siano stati oggetto di una condotta distrattiva, affermando la penale responsabilità dell’imputato per il reato fallimentare.

 

Il reato contestato e il doppio giudizio di merito.

Nel caso di specie all’imputato, nella qualità di amministratore unico della società, erano contestati i delitti di bancarotta fraudolenta documentale e patrimoniale, reati unificati in un unico reato di bancarotta fraudolenta aggravata ai sensi dell’art. 219 co. 1 legge fall., per aver omesso di tenere le scritture contabili al fine di ostacolare la ricostruzione del patrimonio sociale ed alienando a terzi beni sociali ad un prezzo inferiore rispetto al loro valore.

La Corte di appello di Napoli, in riforma parziale della sentenza resa dal Tribunale di Torre Annunziata (limitata alla durata delle pene accessorie) confermava la condanna del prevenuto per il reato ascrittogli.

 

Il ricorso per cassazione, il giudizio di legittimità e il principio di diritto.

La difesa del giudicabile proponeva ricorso per cassazione contro la sentenza della Corte territoriale,  plurimi motivi di impugnazione.

Per quanto qui di interesse riveste maggiore interesse la deduzione del vizio di motivazione in ordine alla consumazione del reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale.

I Giudici di legittimità, nel dichiarare inammissibile il ricorso, ripropongono i consolidati principi sedimentati sul tema degli obblighi che gravano sugli amministratori nell’ipotesi di alienazione di beni sociali ed omessa tenuta delle scritture contabili.

Di seguito si riportano i passaggi più significativi tratti dalla parte motiva della pronuncia in commento:

<Ne consegue che l’alienazione dei veicoli integra sicuramente il delitto contestato, avendo l’imputato omesso di mettere tali beni nella disponibilità del curatore allo scopo di cederli a terzi, e la motivazione sul punto è esente dai vizi lamentati dal ricorrente.

Quanto all’assenza delle scritture contabili, non rileva che essa fosse totale o parziale, ma solo che le scritture non consentissero di ricostruire il patrimonio sociale e, ai fini che qui rilevano, di individuare gli autoveicoli come ancora appartenenti alla società fallita o come venduti nell’imminenza del fallimento.

Peraltro, quando risulta in modo specifico che, in epoca anteriore o prossima al fallimento, la società abbia avuto il possesso di determinati beni – non rinvenuti all’atto della redazione dell’inventario – spetta ai suoi amministratori di provare quale concreta destinazione abbiano avuto i medesimi beni o il loro ricavato.

A tale esigenza si riallaccia l’obbligo, sanzionato, dalla regolare tenuta dei libri e delle scritture contabili durante la gestione della società. In difetto della suddetta prova è da presumere, specie in assenza di una qualsiasi registrazione contabile, che i beni stessi siano stati oggetto di dolosa distrazione, con la conseguenza che è ravvisabile a carico degli amministratori della società l’ipotesi di bancarotta fraudolenta patrimoniale di cui all’art. 223 primo comma in relazione all’art. 216 primo comma n. 1 Legge Fall., essendo l’interesse tutelato da detta norma quello dei creditori alla conservazione della garanzia dei loro crediti (Sez. 5, n. 178 del 26/02/1991, Mattia, Rv, 186949)>.

 

Quadro giurisprudenziale di riferimento:

Cassazione penale sez. V, 03/02/2020, n.25108

In tema di bancarotta fraudolenta, la prova della distrazione o dell’occultamento dei beni della società dichiarata fallita può essere desunta dalla mancata dimostrazione, da parte dell’amministratore, della destinazione dei beni suddetti.

 

Cassazione penale sez. V, 17/01/2020, n.17228

In materia di bancarotta fraudolenta patrimoniale, la prova della distrazione o dell’occultamento dei beni della società dichiarata fallita è desumibile dalla mancata dimostrazione, da parte dell’amministratore, della loro destinazione, tuttavia il giudice non può ignorare l’affermazione dell’imputato di aver impiegato tali beni per finalità aziendali o di averli restituiti all’avente diritto, in assenza di una chiara smentita emergente dagli elementi probatori acquisiti, quando le informazioni fornite alla curatela, al fine di consentire il rinvenimento dei beni potenzialmente distratti, siano specifiche e consentano il recupero degli stessi ovvero l’individuazione della effettiva destinazione. (In applicazione del principio la Corte ha ritenuto che non possa valere a superare l’inversione dell’onere della prova della distrazione di beni mobili a carico del fallito l’indicazione generica della loro ubicazione che non ne consenta l’esatta individuazione).

 

Cassazione penale sez. V, 07/03/2014, n.19896

In materia di bancarotta fraudolenta la prova della distrazione o dell’occultamento dei beni della società dichiarata fallita può essere desunta dalla mancata dimostrazione ad opera dell’amministratore della destinazione dei beni suddetti, ma l’affermazione dell’imputato di aver impiegato i beni per finalità aziendali o di averli restituiti all’avente diritto, in assenza di una chiara smentita emergente dagli elementi probatori acquisiti, non può essere ignorata dal giudice che, in tal caso, non può limitarsi a rilevare l’assenza dei beni nel possesso del fallito. (Fattispecie relativa a beni concessi in “leasing” in relazione ai quali la società concedente non si era insinuata nel passivo fallimentare).

By Claudio Ramelli© RIPRODUZIONE RISERVATA